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Battuto nettamente dall’inglese, il promettentissimo brasiliano oltre ai numeri tennistici mette in mostra anche la sua maturità e la lucidità nel leggere i match
di Vincenzo Martucci | 01 giugno 2025
Oggi, contro Jack Draper, possono perdere in tanti e anche male. Giovani e meno giovani, come dimostra la prestazione mostruosa, fantastica e commovente ma infruttuosa dell’eroe locale di Francia, Gael Monfils. Ma pochi lo fanno con l’aplomb e la capacità di analisi del più imberbe del gruppo, Joao Fonseca, nato il 21 agosto 2006, e destinato a grandi imprese secondo il parere dei più. Perché, prima ancora del successo agli US Open juniores e dell’ascesa al numero 1 del mondo di categoria del 2023, il ragazzo di Ipanema (Rio de Janeiro), col papà ricco e quindi con tutti gli aiuti giusti nel muovere i primi passi tennistici, ha messo in mostra quel certo non so che, quel talento, quell’aura e insieme quella innata, naturale, capacità di giocare tutti i colpi e di sviluppare qualsiasi tipologia di gioco, un classico dei campioni.
Al di là dei successi immediati con la racchetta che ha imbracciato sin dai 4 anni, Joao, che non arriva all’1.90 di altezza, ha convinto subito tutti i colleghi professionisti dell’ATP Tour, a cominciare da Jannik Sinner, che gli suggerì di evitare l’esperienza nell’università americana e di passare subito professionista. Non a caso gli è stato affibbiato il nomignolo di “piccolo Sinner” e lui stesso ha confessato di ispirarsi all’altoatesino, come giocatore tecnico e completo, bravo su tutte le superfici.
IDEE CHIARE
La realtà fra Fonseca e il mondo che lo circonda è diversa. Mentre gli altri enumerano i suoi risultati, col primo successo su un top 10 come Rublev agli Australian Open, al primo titolo a Buenos Aires da primo sudamericano campione ATP dal 1990, alle due affermazioni di questo Roland Garros su Hurkacz ed Herbert senza perdere set.
Con Draper che chiede: “Quanti anni ha Fonseca: 18. E’ abbastanza impressionante. Io ne ho 23, cinque di più, e sono migliorato tanto in un anno. Penso che lui abbia solo bisogno di tempo. E’ già 50 del mondo e ha già fatto cose incredibili. Più partite giocherà e più si allenerà contro i giocatori di alto livello, più esperienza farà. Non potrà che crescere. E sarà spaventoso ciò che riuscirà a realizzare. Per ora, le ultime due volte che ho giocato contro Joao, lui è uscito davvero aggressivo e io sono riuscito sul piano fisico a seguirlo palla dietro palla. E così lui ha cercato di strafare, ed è andato fuori giri”.
Invece lui, “Joao meravigliao” è sconcertante nella sua maturità precoce proprio come Sinner e come lui ha le idee chiarissime sulla strada da seguire per arrivare molto in alto. Senza paura di dichiarare le sue massime aspirazioni, ma capace anche di pensare giorno per giorno: “Voglio giocare i grandi tornei. Voglio giocare il tabellone principale dei 500, tutti, magari tra i primi 40, qualcosa del genere. Forse un ragionevole obiettivo è entrare tra i primi 40 a fine anno per diventare testa di serie in Australia”.
ESPERIENZA
Perciò, sente, sa, percepisce, comprende che ha bisogno soprattutto di acquisire nuove esperienze e che, per farlo, deve transitare per queste sconfitte, anche dure nella forma. Così, al Roland Garros, sulla superficie dove era atteso subito a un gran risultato, dopo aver subito una dura lezione da Draper, per 6-2 6-4 6-2, incassa con classe e sicurezza ed analizza con lucidità che non si riflettono negli appena 18 anni. “Se voglio ottenere buoni risultati in questo sport, devo giocare con questo tipo di giocatori. E’ stata un’esperienza, giocare 5 set contro un giocatore tra i primi 5, uno dei migliori con cui ho giocato quest’anno. E’ stata un’esperienza, non ho giocato al meglio, ma Jack ha giocato davvero bene. Forse avrei dovuto giocare meglio ad inizio set per farlo pensare un po’ di più alla partita. Perché poi, subito avanti di un break, ha iniziato a giocare in modo incredibile, cercando i colpi. Continuo ad imparare e vado avanti. A volte potrei essere più paziente e provare a fare qualcosa di diverso, ma contro Jack è stato difficile per me trovare la strada giusta”.
Anche perché c’è la variabile 5 set: “Sto ancora imparando a giocarli. Le cose possono cambiare molto velocemente. Dopo il primo set il mio allenatore mi diceva: 'Continua così, continua a trovare il ritmo e continua a giocare, perché forse gli fai il break'. E le cose hanno iniziato a cambiare. Poi però non ho giocato bene all’inizio del terzo set. E lui ha iniziato a mettermi molta pressione”. E poi c’è la terra rossa, con le sue difficoltà uniche: “In difesa, lui tirava alto e si avvicinava alla linea di fondo. Quindi mi faceva tornare sempre indietro quando attaccavo. E i punti ripartivano da zero. E’ diverso dal duro, quando attacchi, attacchi e poi il punto finisce. Sulla terra battuta attacchi la palla e poi magari devi tornare indietro e poi cercare di pensare di nuovo al punto, dopo un po’ in difesa. Per i più forti come Draper è diverso, sanno come fare e tirano quando è necessario”. Ma è già domani: “Dobbiamo andare avanti, pensare alle prossime settimane, alla stagione sull’erba. E’ solo l’inizio, quindi continuiamo a imparare e ad allenarci”.
Che lezione, giovane-saggio Fonseca!
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