

Nadal, fermo dagli Australian Open, dovrebbe rientrare proprio a gennaio a Melbourne per l’ultima stagione. Intanto il suo allenatore storico ricorda alcuni segreti del fantastico re di 14 Roland Garros
di Vincenzo Martucci | 02 agosto 2023
Il fantasma del tennis aleggia nel mistero. Rafa è in crociera in Grecia sul suo yacht, Beethoven, con moglie, figlio, amici e parenti: Corfu, Itaca e Meganisi non hanno attinenza con le racchette ma con la vacanza anche se i cacciatori di selfie sono sempre tanti come nelle città dove si disputano i tornei. “Sono in totale disconnessione, insieme alla mia famiglia. Dovevo assolutamente fermarmi e non allenarmi. Era il momento. Se non l’avessi fatto non credo che sarei in grado anche solo di pensare di giocare il prossim’anno. Vediamo se il mio corpo si rigenera”. Fermo dal 18 gennaio per l’ennesimo infortunio, all’anca, agli Australian Open, il sensazionale mancino di Maiorca potrebbe tornare alle gare proprio a Melbourne, col nuovo anno, per poi magari chiudere la sensazione carriera all’Olimpiade di Parigi, col torneo che si terrà al Roland Garros dove vanta 14 titoli - il record più incredibile del tennis -, nella stagione che ha già designato come l’ultima da pro, a 37 anni suonati.
Intanto, però, a farne le veci c’è zio Toni, che l’ha allenato fino al 2017, quando ha lasciato il timone tecnico all’ex numero 1 del mondo, Carlos Moya. E’ chiaramente lui che ha plasmato quel sensazionale guerriero, prima da straordinario terraiolo, quindi da anti-Federer e infine da giocatore completo in tutti i colpi e su tutte le superfici, ed è lui che fra tornei e convegni regala qua e là qualche perla sull’atleta spagnolo più famoso. Anche se puntualizza: “Vedo sempre molto spesso Rafael ma il rapporto è cambiato. Sono un parente, non sono coinvolto nelle sue faccende quotidiane, abbiamo una normale relazione tra zio e nipote. Parlo di lui ma è come se Mourinho venisse a fare un commento sul Real Madrid”.
PROMESSA
“Mio nipote sta bene, è in vacanza, vuole rientrare nel 2024. Speriamo che allora Alcaraz ci faccia vincere qualcosa. Rafael è entusiasta di tornare e poi ritirarsi sul campo”, ha raccontato Toni dall’Open Castilla y León-Villa de El Espinar, il Challenger che il maiorchino aveva vinto nel 2003. “Chissà perché il trofeo è scomparso, nessuno sa come, ma Rafa ha sempre sognato di poterlo recuperare per esporlo nel suo eccezionale museo di cimeli a Manacor”, ha spiegato lo zio paterno nel ritirare una riproduzione della coppa di quella specifica edizione.
“Vincere il Challenger che si diceva fosse il migliore al mondo è stato importante per noi. Ci è servito come buona preparazione per gli US Open. Siamo molto grati allo sforzo di tutti coloro che organizzano tornei di questo livello”. Con lo stesso Rafa che ha inviato un videomessaggio in cui ha sottolineato di essere entusiasta di recuperare il trofeo di “un torneo che ha dato una spinta importante alla mia carriera”.
PRINCIPI
Zio Toni ha allevato alla durezza il suo allievo più famoso, proprio per prepararlo alle asperità del circuito pro. “Rafael cercava pochissime scuse. Mai una scusa ci ha fatto vincere una partita”, sottolinea del resto nel suo ultimo libro ”Tutto si può allenare”. Già in partenza Rafa, che ha un altro zio paterno, Miguel Angel, ex stopper del Barcellona e della nazionale spagnola, ”mostrava un grande talento”. Ma, ha spiegato lo zio-coach: “Il fattore più importante in un atleta è la preparazione”. Perciò ha reso sempre le cose più difficili al giovanissimo Rafael: “Questo lo ha aiutato a superare le difficoltà che ha incontrato nella vita. Non mi è mai piaciuta la lamentela. Per la gran parte le persone che si lamentano di più sono quelle che fanno di meno per cambiare la loro situazione“. E ha raccontato un aneddoto: “Giocavamo a ping pong a 20 punti, lo facevo arrivare a 19 e poi lo battevo. Era il gioco che facevamo con lui. Nella vita bisogna saper vincere e perdere. Se ti abitui a sopportare te stesso, tendi ad avere più successo”.
PERCORSO
I momenti della lunga storia insieme al nipote sono stati tanti, belli, emozionanti e difficili, ma “nessun momento è stato così speciale come gli anni passati con l’eccitazione di migliorare sotto tutti gli aspetti”. Toni ha ricordato che, soprattutto nei primi anni, è stato un allenatore “molto esigente”, spiegando che “per qualsiasi atleta, la domanda deve prevalere, cercando la maniera per migliorare. E oggi uno dei problemi del miglioramento è la troppa tecnologia. Tutto ciò che facilita in eccesso, indebolisce perché non ti obbliga abbastanza”.
LIMITI MODERNI
Sul tema della mentalità nello sport, Toni ha sottolineato che oggi come oggi esiste una “minore capacità mentale nei giocatori rispetto a prima”. Senza paura di scivolare su un piano estremamente sdrucciolevole, come del resto è nel suo stile di persona chiara ed intransigente, ha aggiunto: “Per quanto riguarda i problemi di salute mentale, è vero che ci sono persone con difficoltà, ma ci sono anche esagerazioni”. Il suo metodo di lavoro non è più praticabile: “Per via della società stessa. Fare sport ad alto livello non è mai stato salutare ma noi viviamo nel mondo delle cure, che si preoccupa che il bambino non si demoralizzi, mentre la sconfitta fa parte del gioco. Con le armi che gli diamo oggi i giovani sono meno resilienti, sono meno preparati ad affrontare le difficoltà che sicuramente avranno in futuro ed è questo che dà valore alla vita”. Toni si raccomanda di “non gettare la spugna così in fretta e continuare a lottare se le cose non vanno così bene. Perché lo sport è proprio il superamento delle difficoltà che comporta giorno per giorno“.
IL SEGRETO
Secondo lo zio allenatore più famoso dello sport: ”I ragazzi ora fanno meno attenzione di prima e quando non si fa attenzione è difficile migliorare in qualsiasi cosa. Il talento nella vita è la capacità di imparare, e per imparare bisogna essere concentrati. La capacità d’imparare è il principale e più importante talento”. Toni è sempre stato intransigente sulla totale concentrazione di Rafa e contro le esagerazioni digitali, e quindi i famigerati social media. “Secondo me il risultato finale dipende da: talento iniziale + lavoro. E meno talento iniziale hai, più lavoro ci devi mettere”. Raramente il successo è dovuto solo al talento iniziale. Anzi, la maggior parte delle persone trionfa grazie alla dedizione, alla concentrazione e al miglioramento continuo. Ecco perché la figura dell’allenatore diventa così fondamentale: ”La capacità principale di un allenatore, di un leader, di un educatore, è non solo sapere quello che dici, ma come lo dici e quando lo dici. Per essere un buon giocatore di tennis, si ha bisogno di un grande allenatore”. Perché la differenza la fanno impegno e dedizione.
TIFOSO DI ALCARAZ
Toni è entusiasta dell’erede di Rafa, Carlos Alcaraz: “Ci sono altri giocatori competitivi ad alto livello che possono far male più di altri, come anche Aliassime (che allena all’Academy di Maiorca) e Sinner che alza sempre il livello e Rune. Ma dopo aver visto giocatori eccezionali come Federer e Nadal che hanno fatto crescere il livello del gioco più ancora di Djokovic, dopo aver visto centinaia di partite non ricordo di aver visto un giocatore completo come Alcaraz. Ha tutto. Onestamente, oggi non vedo avversari sul circuito, ad eccezione di Djokovic, in grado di fermare l’irresistibile ascesa di Alcaraz”.
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