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Bentornato al grizzly Khachanov, che si ribella all’etichetta di eterno… “terzo”

Sette anni dopo l’impresa di Bercy contro Djokovic, il russo di ceppo armeno che ha tolto la bandiera di Mosca dal profilo Instagram dopo l’invasione dell’Ucraina, torna a giocare una finale 1000 contro il favorito Shelton

di | 07 agosto 2025

Il saluto a fine match tra Zverev e Khachanov (foto Getty Images)

Il saluto a fine match tra Zverev e Khachanov (foto Getty Images)

L’eterno terzo, nemmeno secondo, si prende un’altra soddisfazione. Effimera, magari anche controproducente con il nuovo 1000 sul cemento nordamericano già in campo a Cincinnati, ma significativa e sicuramente gratificante. L’eterno terzo, Karen Khachanov da Mosca, anni 29, un Grizzly che sfiora i 2 metri d’altezza per quasi 90 chili, ha infilato a sorpresa non solo i coetanei russi Doc, i ben più quotati Medvedev e Rublev, ma anche quello di genitori russi emigrati in Germania, Zverev, beffandolo al tie-break del terzo set, rimontando da 1-3, dopo avergli annullato un match point, e riscattando le tre sconfitte precedenti nelle sfide dirette.

A dispetto del povero pedigree che aveva contar i top 3: con 2 successi in 24 confronti.

Il movimento di chiusura del diritto di Karen Khachanov (foto Getty Images)

Il movimento di chiusura del diritto di Karen Khachanov (foto Getty Images)

VITTIMA SACRIFICALE
Il gigante russo, fiero dei natali armeni, ha anche sfatato il tabù-semifinali nel Masters 1000 canadese dopo due ko, garantendosi comunque il ritorno al numero 12 ATP (da 16 pre-torneo, da 40 di un mese fa) e il sogno - in caso di successo a Toronto - del ritorno al numero 8-record di sei anni fa. Poi s’è presentato ancora da sfavorito alla seconda finale 1000 della carriera, contro il nuovo beniamino yankee, Bum Bum Shelton. Ma per lui è un’abitudine, che conosce da sempre e ormai l’esalta e lo nutre, spingendolo a ripartenze sempre nuove, sette anni dopo il titolo di Bercy conquistato a sorpresa contro Novak Djokovic. Quando,  22 anni, interruppe la striscia di 22 vittorie consecutive di Nole, prosciugato di energie psico-fisiche dopo la semifinale di tre ore contro Federer. 

Sulla scia, peraltro, di altre imprese: agli ottavi aveva annullato due match point a John Isner ed aveva infilato altri tre top 10 in tre giorni, sempre contro-pronostico ma sempre fra gli applausi convinti di chi apprezza i sui sforzi e va oltre l’apparenza di un non-personaggio. Che si esalta nel segno di un tennis non appariscente, ma estremamente solido, concreto, scorbutico, duro, essenziale. Come adesso a Toronto, alla vigilia dell’ennesima finale anticipata nella quale figura da vittima sacrificale, forte però di 7 titoli ATP tutti sul cemento.

Karen Khachanov ringrazia il pubblico (foto Getty Images)

Karen Khachanov ringrazia il pubblico (foto Getty Images)

TERRA DI SPAGNA
“Djan”, come lo chiamano gli amici, ha sempre compensato con la forza i limiti di tennis e di fisico, nella reattività e negli spostamenti, mettendosi sempre in fila dietro gli amici Medvedev e Rublev coi quali è cresciuto e poi ha seguito all’estero per inseguire il sogno di tennista professionista. A 15 anni s’è trasferito a Spalato, in Croazia, da Vedran Martic, ex coach di Goran Ivanisevic, e poi ha raggiunto l’amico Rublev - col quale, sin da piccolo, gioca anche in doppio - alla scuola della terra rossa in Spagna, sotto la guida dell’ex pro Galo Bianco. Per poi tornare stabilmente con Martic con residenza a Dubai.

E’ uno tosto, Karen, che ha reagito a tanti infortuni - gravissima la doppia frattura da stress all’osso sacro  di due anni fa - e a tante sconfitte, e s’è sempre rimesso al lavoro, a testa sotto, con umiltà. E’ uno che non le manda a dire e quando Putin ha invaso l’Ucraina ha rimosso la bandiera russa dal suo profilo Instagram.

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