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Già n.822 del ranking Atp, si è messo in evidenza ai recenti Australian Open Juniores dove è stato il migliore della truppa azzurra in singolare. Il suo sogno? Vincere uno Slam juniores e fare mille domande a Federer. "Ma non sono il nuovo Sinner"
01 febbraio 2025
Ha da poco spento 18 candeline e scandisce le sue giornate tra la racchetta e i libri di scuola, visto che si sta per diplomare al liceo scientifico. Figlio unico, Pierluigi Basile detto “Pigi” (come lo chiamano da sempre) è un ragazzo con le idee chiare. Ad appena 14 anni ha chiesto ai genitori di poter lasciare il nido sicuro di Martina Franca, città pugliese in provincia di Taranto, per trasferirsi in Umbria.
Papà geometra, mamma maestra di scuola elementare, non perde occasione per ringraziarli di questa opportunità: “Mio padre conosce lo sport, è stato calciatore e ha cominciato a giocare a tennis solo a 25 anni. Non era nemmeno male ma non è mai stato un grande appassionato. Un buon giocatore di circolo, come mia madre - scherza Pierluigi - ma appena ho imparato a giocare le palle corte, intorno ai sei anni, non ha avuto più chance di battermi”.
Quello di Basile è un tennis rapido e autorevole, tutto in spinta, con un rovescio di quelli che strappano sempre l’applauso agli appassionati. Già n.822 del ranking Atp, si è messo in evidenza ai recenti Australian Open Juniores dove è stato il migliore della truppa azzurra in singolare.
Ragazzo simpatico e tranquillo, in campo si trasforma e manifesta un temperamento a tratti burrascoso, che rischia di fargli perdere energie preziose. Arginare questo fiume in piena e convogliare questa preziosa energia, sembra essere la missione principale per coach Alessio Torresi, che lo segue da quattro anni alla Tennis Training School di Foligno. Da parte sua, Pigi, dall’alto del suo metro e 90, guarda al futuro con serenità e fiducia.
Pierluigi Basile
È reduce da una buona prova agli Australian Open juniores, il suo primo Slam in carriera: che esperienza è stata?
“Dire bella è scontato. Avendo già giocato diversi match a livello pro lo scorso anno, non pensavo che un torneo junior mi avrebbe messo tutta la pressione che ho avvertito. Volevo fare bene ed è stata un’esperienza che mi ha insegnato tanto”.
Ha raggiunto gli ottavi di finale e perso, solo dopo una bella battaglia, contro lo statunitense Benjamin Willwerth che poi è arrivato in finale. Una conferma delle sue qualità ma forse anche un’occasione sprecata. Il bicchiere lo vede più mezzo pieno o mezzo vuoto?
“In tanti, al ritorno, mi hanno fatto i complimenti per la mia prestazione. Però, ad essere sincero, ripenso ancora al match che ho perso. Non sono un ragazzo che si accontenta. Anche se era la mia prima volta in un torneo del Grande Slam e ci ero arrivato senza aspettative, con l’obiettivo di fare esperienza e di dare il massimo”.
Al 2° turno ha eliminato la testa di serie n.3 del seeding Andres Santamarta Roig. Segno che il ranking da junior - 47 Itf - le sta stretto.
“Quando, da metà della scorsa stagione, ho deciso insieme al mio coach Alessio Torresi di giocare solo tornei pro, sapevo che avrei dovuto affrontare le qualificazioni in Australia. E così è stato, ma non mi sono mai preoccupato della classifica junior”.
Pierluigi Basile esulta (foto Sposito)
Lei è n.822 Atp e ha già dato prova di essere competitivo nel circuito professionistico: quanto tiene ai risultati da junior visto che essendo nato il 7 gennaio ha ancora davanti tutta una stagione da under 18?
“Parecchio, soprattutto agli Slam. Ho anche un obiettivo chiaro come ranking che è quello di finire l’anno nella top 10 juniores per poter beneficiare dei vantaggi concessi nel circuito pro l’anno successivo (8 wild card negli Atp Challenger, ndr.). Quando però gioco un torneo junior, non lo faccio per i punti o per la classifica, anche perché, soprattutto dopo l’esperienza down under, ho capito che il circuito giovanile ha ancora tanto da insegnarmi”.
Sul finire della stagione ha ottenuto una finale nell'Itf M15 spagnolo di Alcala de Henares, una semifinale nel pari categoria a Forlì e, soprattutto, ha superato le qualificazioni e il primo turno al Challenger di Todi, battendo giocatori nella top 400. Vincere il primo match a livello Challenger è sempre un momento importante per un giovane giocatore come lei. Quanto le danno fiducia questi risultati?
“Mi hanno dato la consapevolezza di poter dire la mia anche a questo livello. Tra i pro il livello si alza drasticamente tra un torneo e un altro e lì, più che giocare bene una partita, ho capito quanto conti l’atteggiamento. Gli avversari non ti regalano mai niente mentre, a livello junior, trovare un varco per vincere la partita può essere un po’ più facile”.
A giugno, a Cattolica, ha preso il suo primo punto Atp: che emozione è stata?
“Sono rimasto soddisfatto perché era il mio primo torneo a livello pro. Ricevuta la wild card dagli organizzatori, sono stato sorteggiato contro la testa di serie n.1 delle qualificazioni e quindi ho pensato che sarebbe stata una breve esperienza. Invece ho sfruttato alla grande quell’occasione e ho vinto un match anche nel main draw”.
Dovesse scegliere un torneo dove fare il botto, quale le piacerebbe?
“Per ora uno Slam junior, senza dubbio, perché in Australia ho vissuto un’esperienza bellissima, in un’atmosfera unica”.
Un recupero di diritto in allungo di Pierluigi Basile (foto Sposito)
Lei è pugliese: dove è cresciuto e quando è nata la sua passione per il tennis?
“Sono nato e cresciuto a Martina Franca. All’età di due anni mio papà volle farmi un regalo e mi portò in edicola. Curiosamente, invece di scegliere un set di macchinine, che erano la mia grande passione, scelsi due racchettine di plastica perché raffiguravano i “Gormiti”, che adoravo guardare in tv. Da quel momento ho cominciato a giocare sempre. Anche quando mamma e papà non erano disponibili, mi bastava un qualunque muro… e già giocavo il rovescio a una mano. Ovviamente non ho un ricordo diretto di quegli anni perché ero piccolissimo ma, grazie ai tantissimi video che ha girato mio padre, ho le prove che è andata proprio così”.
Dove è cresciuto e con chi tennisticamente?
“I miei genitori frequentavano lo Sporting Club Martina Franca e così ho fatto la scuola lì per 7 anni con il maestro Daniele Micolani. A 13 anni mi sono trasferito a Brindisi. Poi quell’estate, con alcuni compagni del 2007, abbiamo voluto fare una settimana a Foligno. Al terzo giorno chiesi a mio papà di restare ad allenarmi qui. Mi sono unito al gruppo di ragazzi che si allenava con Alessio Torresi tra cui Matteo Sciahbasi e Yannick Ngantcha”.
A 14 anni dalla Puglia a Foligno: è stato difficile?
“No, però essendo figlio unico ero consapevole che sarei mancato ai mei genitori. È stata una mia scelta e volevo fortemente trasferirmi in Umbria. Loro mi hanno accontentato”.
Sul circuito la chiamano tutti con il diminutivo “Pigi”. Ma c’è qualcuno che la chiama Pierluigi?
“I miei genitori, ma quando sono arrabbiati. Per il resto mi chiamano tutti così. Proprio qualche giorno fa, mentre ero in famiglia per festeggiare il compleanno e la trasferta australiana, stavamo indagando sull’origine del soprannome. Il mio migliore amico delle elementari è convinto di averlo inventato lui mentre mia mamma dice che a casa da sempre mi chiamano Pigi”.
L'abbraccio tra Pierluigi Basile e Jacopo Berrettini (foto Serafini)
Chi la vede per la prima volta rimane abbagliato dal suo rovescio giocato a una mano. Mai avuto dubbi?
“Durante i primi corsi di tennis, quando ero ragazzino, hanno provato a dirmi di usare due mani perché con una era troppo difficile… però non ho mai accettato i loro consigli”.
A proposito di crescita: in campo le capita di perdere un po’ il controllo.
“Alessio, il mio coach, mi ripete sempre: ‘Migliora la persona e migliorerai il giocatore’. Così adesso mi sveglio presto, mi alleno, studio, e la sera cerco di non fare mai tardi per riposare meglio. Tutto questo lavoro è finalizzato a essere più ordinato quando sono in partita. Purtroppo ho brutte abitudini in campo e quindi devo imparare a gestire meglio la pressione. Spesso il modo più naturale che ho di gestire le situazioni complicate è di esternare tutto. Invece stiamo lavorando molto sull’accettarle e usare queste energie a mio favore per giocare meglio”.
Anche un giocatore che le è molto caro e che poi è diventato un’icona di eleganza, Roger Federer, da junior non era esattamente un angioletto…
“Sì, al Trofeo Bonfiglio ha anche rotto due racchette. Lui è insostituibile e imparagonabile. Per me non esiste altro”.
I grandi risultati che sta ottenendo il movimento di punta italiano stanno facendo da traino anche a giocatori come lei, che si sono affacciati da poco al circuito maggiore?
“È sempre bello vedere un tennista italiano vincere, così come vedere i successi in Coppa Davis e Billie Jean King Cup. Però li vivo ancora da appassionato, come successi troppo lontani dalla mia realtà. In Australia mi sono concesso una foto con Sinner e lui mi ha fatto un ‘in bocca al lupo’. Gli ho risposto: ‘Crepi, anche a te’ ma non credo che il mio augurio abbia influito sul suo trionfo (ride, ndr.)”.
Lei, Alessio De Marchi, Jacopo Vasamì, senza dimenticare Federico Cinà, siete tra gli under 18 più promettenti. Sente il peso di essere uno dei ragazzi più interessanti del tennis azzurro, da cui ormai la gente si aspetta sempre molto?
“Mah, questa piccola notorietà arrivata dopo la trasferta australiana non mi ha creato nessuna pressione, anche perché non credo di essere il nuovo Jannik Sinner. Adesso il mio nome è un po’ più noto ma non c’è mai stato alcun tipo di clamore lungo il mio percorso, quindi resto sereno”.
Fuori dal tennis, dovesse raccontarsi come ragazzo?
“Una persona simpatica che ama molto scherzare. Dico quello che mi passa per la testa senza troppi filtri, però quando serve so essere serio e maturo. A differenza di quando gioco, fuori dal campo mi piace mantenere la calma”.
Pierluigi Basile (foto Serafini)
Hobby?
“Ho poco tempo da dedicare ad altro che non sia il tennis. Mi piacerebbe poter dire che sono un ragazzo che legge molto ma purtroppo non riesco a farlo quanto vorrei”.
Un libro che le è piaciuto particolarmente?
“Si chiama ‘La bussola delle emozioni, dalla rabbia alla felicità’. Me lo ha consigliato il mio coach”.
Forse Torresi voleva aiutarla a riconoscere e comprendere al meglio il funzionamento delle sue emozioni.
“Penso anche io. Da lì ho cominciato a leggere libri di psicologia, testi che mi possono solo servire visto il mio temperamento”.
Cosa prevede la sua programmazione nei prossimi mesi?
“A febbraio giocherò un J500 al Cairo, in Egitto, e poi un J300 a Casablanca, in Marocco. Se in questi due tornei riuscirò a fare tanti punti sarò più libero di giocare Futures, altrimenti faro altri tornei junior prima del Bonfiglio (gli Internazionali d’Italia Juniores, ndr.) e del Roland Garros”.
Parliamo di obiettivi futuri. Quali sono quelli a breve termine e invece quelli con un orizzonte più ampio?
“Come dicevo prima, riuscire a gestire con più serenità le partite. A livello di risultato non ho mai un obiettivo specifico perché questo potrebbe farmi vedere le cose nella maniera sbagliata. Diciamo che mi interessa fare bene quando sono a un torneo. Poi, ovvio, vincere uno Slam Juniores non sarebbe male (ride, ndr.)”.
Avesse il potere di far realizzare un sogno?
“Riuscire a parlare con Roger una volta e a fargli tutte le domande del mondo. E se proprio devo esagerare, seguendo le sue orme, vincere Wimbledon”.