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Migliorarsi

Posizione di partenza: pronti, attenti, via

Una volta si chiamava “d'attesa”, ma è molto più di così. È dinamica e da lì comincia tutto. Padroneggiarla è fondamentale. Ma bisogna conoscere gli spazi e prendere familiarità con l'ambiente di gioco. Ecco una guida

25 novembre 2019

* I.S.F. R. Lombardi

Chi ricorda le Scuole Addestramento Tennis di alcuni decenni fa? Per carità, ognuno è figlio del suo tempo, ma il tennis e la società in questi ultimi 40 anni sono profondamente cambiati: anche il nostro sport, soprattutto come lo si insegna e lo si impara.

La didattica di allora era basata sul gesto e sulla tecnica: prima il diritto, dopo mesi il rovescio, a partire dal secondo anno veniva introdotto il servizio. Le prime volée? Solo dopo mesi di movimenti a vuoto.

Con il Minitennis, lanciato dai Canadesi all’inizio degli anni ’90 viene inaugurata una nuova era che culmina con le campagne “Play&Stay” (2006), “Tennis 10s” e “Tennis Xpress” (per gli adulti, 2012) promosse dall’ITF (International Tennis Federation).

Fin dal primo giorno di tennis si deve “Serve, rally and score”, ovvero servire, scambiare e tenere il punteggio: il tennis è uno sport per tutti, è semplice impararlo e viene fin da subito associato ai concetti di divertimento e movimento.

Conoscere gli spazi

In un pomeriggio del 1976, davanti a un televisore che trasmetteva la Coppa Davis, ricordo di aver chiesto ai miei genitori: “Dove deve rimbalzare la palla per essere buona?”. Non è una domanda banale per un bambino che non conosce il tennis e nemmeno i rettangoli che compongono il campo di gioco.

La maggior parte dei giocatori di seconda categoria sarebbe in grado di dire che il rettangolo del servizio è lungo 6,40 metri e largo 5,485 metri e che la propria metà campo di singolare misura 11,885 metri di lunghezza e 8,23 di larghezza? Questa domanda cala l’assist alla “tecnica degli spostamenti” per il minitennis “avviamento”.

Far vivere l’esperienza di “misura” e di “estensione” è fondamentale per il cervello dell’allievo fin dal primo giorno di corso promozionale o propedeutico.

Familiarizzare con l'ambiente

Ma, come fare affinché il bambino familiarizzi in modo semplice e immediato con l’ambiente di gioco, con il cosiddetto “referenziale spaziale”? Durante l’attivazione, togliamo la rete mobile del minitennis “delfino”. Chiediamo agli allievi di camminare e, poi, di correre sulle righe di lunghezza e sulle righe laterali del mini-campo.

Mescoliamo, in seguito, le andature: corsa lineare in avanti e all’indietro, passi laterali, scivolamenti laterali (shuffle step), corsa a ginocchia alte, calciata dietro, solo per citare alcuni esempi. Creiamo percorsi o piccole gare a staffetta sulle righe; le stesse proposte ludiche o competitive possono essere organizzate all’interno del campo da gioco.

Poi rimettiamo la rete mobile (mi raccomando sempre a 50 cm di altezza). Diamo così la possibilità agli allievi di toccare la rete con le mani e di potersi raffrontare con essa.

Facciamo, poi, vivere agli allievi la sensazione di “metà campo” con le stesse (oppure con diverse) esercitazioni-gioco. Formiamo due squadre che si sfidano a “palla tra due fuochi” con lanci di un pallone leggero che potranno avvenire dal basso, dall’alto, con una mano (bilateralità), con due mani, con più parti del corpo.

La posizione di partenza

Dopo queste doverose premesse integranti, veniamo a un altro aspetto fondamentale. L’Istituto di Formazione FIT “Roberto Lombardi” vede nella “posizione di partenza” un pilastro della propria didattica e una competenza fondamentale nell’allievo.

L’inversione di rotta rispetto al passato è evidente già nella definizione. Precedentemente “posizione d’attesa” evocava qualcosa di statico, quasi opposto al concetto di movimento e di velocità che palla e giocatori costruiscono attraverso il gioco. Con la definizione “posizione di partenza” si rende finalmente giustizia alla “dinamicità” del nostro sport almeno su due piani. In primo luogo, l’allievo non “aspetta” più, ma “cerca”, in altre parole, “va” e “torna”.

La palla si muove nello spazio, scagliata dal nostro avversario, e allo stesso modo l’allievo deve dotarsi di movimento per raggiungerla e costruire la migliore soluzione per la palla successiva, se il gioco la propone. Alla “posizione di partenza” inoltre si fa ritorno: andare a prendersi la palla non è sufficiente per costruire il gioco o risolvere problemi tattici.

In secondo luogo, è bene ricordare che la “posizione di partenza” crea condizioni pre-dinamiche di equilibrio che l’allievo dovrebbe mantenere durante tutti gli spostamenti successivi. Se non c’è equilibrio quando il corpo è fermo, per tradurre, è molto difficile che con il movimento il giocatore possa stabilizzarsi, sollecitato come è dalle pressioni imposte dall’avversario.

Bodywork e posizione di partenza

Come è strutturato il “bodywork” dell’allievo nella “posizione di partenza” dei colpi di rimbalzo? Come abbiamo più volte sottolineato, la parte bassa, la parte alta e il capo devono creare un tutto sinergico e decontratto.

Nel caso di specie, i piedi formano una “base d’appoggio” larga quanto le spalle, gli avampiedi sono leggermente convergenti, le gambe sono naturalmente piegate. Gli avverbi si sprecano, ma è solo per evitare di fornire angoli o misure che mal si sposano con una didattica destinata ai bambini. Il tronco è proteso in avanti per l’azione della parte bassa del corpo, in modo che il centro di gravità vada a proiettarsi all’interno della base d’appoggio stessa (foundation).

Le braccia non sono raccolte, né distese, bensì protese: la mano dominante impugna l’attrezzo all’estremità del manico con una presa rilassata, la mano dominante “tiene” senza stringere la racchetta sulla parte terminale dell’impugnatura. La testa è dritta e gli occhi garantiscono l’orizzontalità dello sguardo.

Il principio è semplice: una “corretta” posizione di partenza aiuta l’allievo a sviluppare una tecnica corretta, ma ancor prima pone le basi per un “corretto” approccio multilaterale. Le caratteristiche della “posizione di partenza” dei colpi di rimbalzo si applicano anche al servizio, alla risposta al servizio e alle abilità del gioco a rete? Assolutamente sì.

Ci sono però piccole varianti che vengono imposte dalla fase tattica in cui si inserisce la singola abilità. Attenzione però, siccome si tratta di bambini che apprendono per lo più per imitazione, a non esagerare con le prescrizioni. L’immagine di un lottatore di sumo per evocare la stabilità posturale della posizione di partenza vale più di mille parole.

Due punti cardine

Per concludere, possiamo riassumere con due punti cardine. In primo luogo, la conoscenza degli spazi è fondamentale per coprire in modo efficiente ed efficace il terreno di gioco; fate “riscaldamento” e “attivazione” camminando e correndo sulle righe: contate quanti dei vostri passi riuscite a fare.

Secondariamente, imparare questo sport non è una gara “a chi arriva prima” al campo di dimensioni normali: imparare tante cose con gli strumenti giusti è l’obiettivo del minitennis Fit. Per chiudere con un sorriso, comprate un biglietto per il Giappone e allenatevi nella suprema arte della lotta. Al ritorno, i pantaloncini vi staranno forse un po' stretti, ma ne sarà valsa la pena.

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