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Il tennis richiede elevate abilità visive. Sull'erba anche di più. Secondo gli studi si può ribattere con efficacia anche a servizi a 250 km/h: ve lo ricordate Andy Murray in finale a Wimbledon nel 2016 come rispondeva alle “prime” di Raonic?
di Andrea Cagno * | foto Getty Images | 19 novembre 2019
* I.S.F. R. Lombardi
Valutando il rimbalzo sui vari terreni di gioco è chiaro che questi presentino difficoltà diverse. Alta velocità e rimbalzo regolare sul duro, sul cemento. Sulla terra gran parte dell'energia cinetica della pallina è dissipata sul terreno, il quale però è meno regolare, quindi con un rimbalzo meno prevedibile rispetto ai campi duri e con angolazioni più verticali, più alte.
I campi in erba naturale, per la loro irregolarità, restituiscono una palla sporca, complessa, di difficile intuizione spesso con bassa angolazione da terra e con rimbalzo velocissimo dopo l'impatto sul terreno. Concentrandoci sui campi in erba è chiaro che sono quelli dove il sistema nervoso centrale riceve le maggiori sollecitazioni per gli adattamenti ai continui cambiamenti.
L'occhio fornisce il flusso di informazioni in ordine di velocità, traiettorie, rimbalzi, rotazioni e le abilità visive concorreranno alla successiva elaborazione eseguita dalle stazioni intermedie del cervello e dalla corteccia cerebrale, in modo da attivare repentinamente i riflessi per ottenere una rapida reazione muscolo-scheletrica.
Questo processo è di vitale importanza nella risposta al servizio dove le problematiche dovute alla velocità di palla e al manto erboso amplificano le difficoltà: qui una spiccata visione e consapevolezza periferica tale da interpretare ogni minimo indizio e prevedere correttamente gli eventi inaspettati, oltre a una elevata qualità delle fissazioni e dei movimenti oculari nella ricerca di palla collegati correttamente al gesto motorio, possono fare la differenza.