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Tecnica e stili di gioco

Imparare... a memoria

La base dell’apprendimento motorio è la capacità di memorizzazione di informazioni. Con l’allenamento ci sarà sempre meno controllo cosciente dell’azione. Ecco cosa dice la scienza

di | 09 settembre 2019

* I.S.F. R. Lombardi

La base dell’apprendimento motorio e dell’allenamento d’acquisizione della tecnica costruito su di esso è la capacità di memorizzazione delle informazioni. La maggior parte dei ricercatori considerano l’immagazzinamento delle informazioni acquisite attraverso l’apprendimento, come un collegamento tra neuroni volto alla formazione di “engrammi”. Per engramma si intende un consolidamento delle tracce di memoria, da intendere come la base della fissazione di informazioni nella memoria a lungo termine.

La tecnica specifica necessaria per far fronte alle differenti situazioni di gioco, può essere programmata solo sulla base di engrammi adeguati. Pertanto, uno degli obiettivi principali dell’allenamento della tecnica è che nel lungo periodo, attraverso l’allenamento e la fissazione di abilità, il controllo cosciente dell’azione sia sempre meno presente. In tal modo, attraverso il processo inconscio di programmazione, il movimento è eseguito in forma automatizzata e non è passibile di modificazione in corso d’opera. In base a tale teoria le potenziali combinazioni di attività muscolare e articolare che il nostro corpo è in grado di produrre sono così numerose che sarebbe virtualmente impossibile cercare di controllarle durante l’esecuzione di movimenti rapidi come quelli del tennista. In particolare ci riferiamo alla cosiddetta “struttura profonda del movimento” cioè la parte del movimento regolata dal programma motorio che rimane stabile anche in presenza di situazioni tatticamente complesse. La suddetta struttura profonda è riferita alla fase di accelerazione delle abilità tecniche che ha una durata compresa tra i 200 e i 300 millisecondi e pertanto difficilmente soggetta al controllo cosciente. Essa è composta da “sequencing” e “timing relativo”.

L'impronta digitale

Con il termine “sequencing” ci si riferisce all’ordine sequenziale con il quale si attivano i muscoli coinvolti durante la fase più veloce del movimento. Essenzialmente nell’esecuzione di un diritto ci riferiamo alla rotazione del braccio attorno alla spalla, alla pronazione dell’avambraccio attorno al gomito e alla flessione della mano attorno al polso. Tale sequenza rappresenta una sorta di “impronta digitale del tennista” e in effetti se ponessimo a confronto il diritto di Federer con quello di Djokovic sarebbe evidente la differenza di “sequencing” tra i due atleti. Nel caso di Federer l’accelerazione dell’attrezzo è prodotta prevalentemente utilizzando il movimento di abduzione (allontanamento) del braccio attorno alla spalla mentre nel caso di Djokovic l’accelerazione dell’attrezzo è prodotta prevalentemente utilizzando la rotazione interna del braccio attorno alla spalla. Tale “sequencing” differente sarebbe facilmente riconoscibile se oscurassimo il volto dei due tennisti e isolassimo il movimento degli arti superiori. L’azione degli arti inferiori e del tronco non è da considerarsi parte integrante del “sequencing” in quanto si tratta di muscoli più lenti che possono essere soggetti a un processo di modificazione (differenti gradi di estensione o di torsione) in base alla situazione tattica.

240 millisecondi per accelerare

Con il termine “timing relativo” ci riferiamo alla struttura temporale della fase di accelerazione, cioè quanto dura tale fase rispetto alla durata complessiva del movimento. Gli studi in materia affermano che la durata media della fase di accelerazione del diritto moderno è pari a 240 millisecondi cioè circa il 25% rispetto alla durata complessiva del movimento. Tale percentuale si risolve nell’abilità del tennista di produrre la massima accelerazione dell’attrezzo togliendo tempo all’avversario e rappresenta un tratto distintivo del modello di prestazione dei tennisti di vertice. Quanto detto ci offre diversi spunti sulle possibili applicazioni didattiche di tale teoria. Ad esempio qual è il compromesso didattico ideale tra controllo e velocità? Gli errori in termini di lunghezza sono giustificabili nelle prime fasi del percorso formativo se l’obiettivo finale da perseguire è il tempo minimo di esecuzione del movimento? I campi del mini-tennis fino a che punto possono favorire o limitare la produzione di velocità?
Nonostante quanto esposto finora sembri offrire diverse giustificazioni al problema della produzione di automatismi tecnici, molti studiosi hanno criticato il concetto di programma motorio opponendogli teorie alternative che convergono essenzialmente nella “prospettiva dinamica di Bernsthein” che avremo modo di trattare in articoli successivi.

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