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Tattica e mental game

Ci vogliono… motivazioni forti

Ci sono tennisti motivati “al compito”, quelli cioè che giocano bene, danno buoni risultati nei test tecnici e richiedono all’insegnante indicazioni per migliorare. E poi ci sono quelli “orientati al risultato”, quelli che non vedono l’ora di fare la partita. Servono due approcci differenti

di | 04 luglio 2019

Che cosa può fare l’insegnate di tennis per incrementare la motivazione dei suoi allievi? Tutti gli insegnanti con un po’ di esperienza sanno che non tutti i ragazzi giocano a tennis per lo stesso motivo e si sono posti il problema su come fare a individuare le diverse esigenze allo scopo di soddisfarle. Fermo restando che la principale motivazione al gioco del tennis è il miglioramento dell’abilità tecnica, un ulteriore approfondimento dell’aspetto motivazionale è quello che distingue i soggetti maggiormente “orientati al compito” rispetto a quelli prevalentemente “orientati al risultato”.

Compito o risultato?

Nei ragazzi orientati al compito il comportamento è finalizzato a mostrare un certo grado di abilità, competenza e padronanza, diventando prioritario il confronto con se stesso e i relativi progressi percepiti e realizzati sul campo; c’è una continua spinta a migliorarsi e a misurarsi nella progressione tecnica ai fini di una percezione personale di incremento del proprio livello “prestativo” in assoluto come indicatore dell’incremento della propria abilità.

Nei ragazzi orientati al risultato ci sono invece coloro i quali desiderano mostrare le loro abilità rispetto agli altri, sono molto attenti al confronto e scelgono ambienti e situazioni che esaltano la comparazione con gli altri. In particolare sono molto interessati a prestare attenzione a coloro che possono guardarli, apprezzarli, riconoscere pubblicamente la loro abilità sportiva.

In questo caso la riuscita e l’impegno per migliorarsi sono legate al confronto, al contesto sociale, al superamento dell’altro più che all’orgoglio di sentirsi migliore.

Due tipologie di attività

Volendo fornire una indicazione orientativa nello specifico contesto tennistico potremmo dire che i ragazzi motivati al compito sono quelli che in genere giocano bene, danno buoni risultati nei test tecnici e sono molto diligenti nel richiedere all’insegnante indicazioni per migliorare. Quelli orientati al risultato invece sono quelli che non vedono l’ora di fare la partita. Questo desiderio di competizione serve a dimostrare di essere più forti, per assurdo anche con qualcuno che fa fatica a tirare due diritti di seguito. Per loro è importante poter dire, e possibilmente essere visti, mentre battono Giovanni o Andrea anche se Giovanni e Andrea hanno preso la racchetta in mano 10 volte. Il compito dell’insegnante sarà quello di proporre inizialmente due tipologie di attività che comprendono le due esigenze.

Scegliere i propri obiettivi

Il giocatore di tennis, ragazzo o adulto, deve sapere che la motivazione è la condizione indispensabile per raggiungere alti livelli di prestazione, ma soprattutto che è sua la responsabilità del livello di risultato conseguito. Il miglior risultato si consegue se e solo se esiste una profonda motivazione intrinseca che spinge all’attività sportiva a prescindere dai riconoscimenti economici (quanto prize money si è conquistato) piuttosto che il riconoscimento popolare acquisito sulla stampa o sui social network. Il ruolo del maestro o del coach sarà pertanto quello di supportare il giocatore nella scelta dei propri obiettivi e dei metodi più opportuni per conseguirli.

I due approcci: ecco che cosa fare

  • Per i ragazzi orientati “al compito” l'insegnante dovrà enfatizzare l’impegno, lo sforzo, la cooperazione. Così tutti gli allievi del gruppo si sentiranno importanti e gli eventuali errori saranno interpretati come naturali tappe dell’apprendimento.
  • Per i ragazzi orientanti “al risultato” l'insegnante dovrà invece enfatizzare il riconoscimento dei più forti (o del più forte) del gruppo, dovrà organizzare sfide per vedere chi è il miglior giocatore del giorno, trovare modi per “penalizzare” chi commette più errori.

In considerazione della fase evolutiva che attraversano i ragazzi tra i 10 e i 12 anni, è opportuno creare il giusto mix tra situazioni che favoriscono lo sviluppo della motivazione orientata al compito, che dovrebbe essere prioritaria data la limitata capacità tecnica, e quella orientata al risultato che comunque è opportuno stimolare in questa fase dell’apprendimento in cui ci si cimenta nelle prime competizioni.

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