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È molto più di... un gioco di gambe

Il concetto di “footwork” è superato da quello di “bodywork”: si parla dunque di “tecnica degli spostamenti”. Coinvolge sì piedi e gambe, ma anche tronco, spalle, braccia, mani, occhi, cervello, orecchie.... vediamo perché

di | 23 settembre 2019

* I.S.F. R. Lombardi

Dal 2014 l'Istituto di Formazione “Roberto Lombardi” ha inserito l'area della “tecnica degli spostamenti” nel piano di studi dei propri corsi di formazione, considerandola parte integrante dell'area tecnica. Con “tecnica degli spostamenti” non si intende soltanto la conoscenza di una serie di “passi” e nemmeno soltanto sapere che uno “split-step” non è un famoso dessert alla banana. Quando si parla di “tecnica degli spostamenti” si intende quella pluralità di strategie di movimento messe in atto dal giocatore per gestire e risolvere in modo efficiente ed efficace situazioni tattiche legate al tempo a disposizione e allo spazio da coprire sul campo quando interagisce con il suo avversario. Sulla tecnica degli spostamenti influiscono pertanto diversi fattori e ne citeremo solo alcuni: le superfici, le caratteristiche ambientali (indoor/outdoor), gli attrezzi, le condizioni atmosferiche, le caratteristiche antropometriche e, non per ultimo, la preparazione del giocatore.

Non solo “foot”: che cos'è il bodywork

Ora, facciamo un passo indietro. Mai sentito parlare di “gioco di gambe”? Mai incrociato su Youtube o su un motore di ricerca la parola “footwork”? Si tratta di termini o espressioni ancora oggi utilizzati, anche tra gli insegnanti, che sarebbe troppo facile giudicare inappropriate, ma che rendono solo parzialmente giustizia alla complessità e all'importanza della materia. È necessario partire da questo assunto: il corpo del tennista è un “tutto”. E il giocatore può esprimersi al meglio e al massimo delle proprie possibilità solo se le parti che lo compongono si esprimono, combinandosi, in modo sinergico e armonico. Invece di “footwork”, non ce ne vogliano gli anglosassoni, dovremmo più propriamente parlare di “bodywork” e cioè del lavoro svolto da tutto il corpo.

3 macro-fasce: i blocchi di osservazione

Non volendo cedere alla tentazione esterofila, abbiamo optato per l’espressione “tecnica degli spostamenti”, molto più completa perché presuppone che l’insegnante e l’allievo non solo conoscano la materia, ma che si adoperino per migliorarla nel tempo. Il corpo dell'atleta, coordinato dal suo cervello, si compone semplicisticamente di tre macro-fasce (che per l'insegnante diventano “blocchi di osservazione”):

  • La parte bassa (piedi e gambe)
  • La parte alta (tronco, spalle, braccia e mani)
  • Il capo o testa (occhi, cervello, orecchie)

Quanto più il cervello è evoluto grazie alla qualità delle informazioni acquisite dagli occhi e alle esperienze accumulate in senso multilaterale, tanto più la parte bassa del corpo potrà combinarsi sinergicamente con la parte alta.
Se la parte bassa e la parte alta del corpo dell’atleta “vanno d’accordo”, contribuendo a un assetto posturale stabile nel tempo, la testa conserverà la propria posizione eretta e pertanto verranno assicurate le migliori condizioni perché questo processo si ripeta.

Non puoi colpire ciò che non raggiungi

Sembra tutto semplice, ma gli atleti di alto livello di qualificazione lavorano con i migliori professionisti nel campo del coaching, della preparazione fisica e mentale oltre che della “sport vision” per eccellere nel nostro sport. Nel corso della Conferenza Mondiale dell'ITF (International Tennis Federation) di Antalya, in Turchia nel 2015, un preparatore fisico e coach tedesco, Mats Merkel, ha introdotto la sua presentazione in Aula Magna con questa frase: “You can't hit what you can't reach”! Ovvero... “non puoi colpire qualcosa che non puoi raggiungere!”. È una frase apparentemente banale, ma che condensa un mondo di significati complessi. Insomma, è finita ormai l’epoca di coloro che sostengono che per essere giocatori bisogna avere “un bel braccio”.
Il braccio può eventualmente risolvere delle situazioni, ma solo se le gambe ti hanno portato in prossimità della sfera e - se possibile - in condizioni ottimali.

Avviamento: si parte dalla fase... red

Come più volte ricordato, le fasi di apprendimento di un tennista sono suddivise in 4 macro-aree: minitennis, perfezionamento, specializzazione e allenamento. Fasi che non si basano esclusivamente sull’età anagrafica degli allievi ma soprattutto sulle loro competenze. A tale proposito, l’Istituto di Formazione FIT ha costruito negli ultimi anni un percorso didattico per la “tecnica degli spostamenti” a partire dalla fase Red, ovvero quella di avviamento.
In altre parole, sulla base delle diverse estensioni dei terreni di gioco, della palla e degli attrezzi utilizzati, gli allievi raggiungono l’obiettivo tecnico dell’equilibrio sperimentando, in primo luogo, le diverse posizioni di partenza - sia statiche, che dinamiche - del servizio, della risposta al servizio, delle abilità di rimbalzo e di quelle di rete.

Non è mai troppo tardi

Per concludere, dunque, innanzitutto non confondiamo la “tecnica degli spostamenti” con “i passi” che non possono essere considerati come obiettivi a se stanti, ma solo come strumenti a servizio del giocatore per l’esplorazione e la copertura dello spazio. In secondo luogo, le gambe di un giocatore ci dicono molto di più di quanto possiamo pensare, condizionandone la stabilità in senso multilaterale, l’equilibrio e soprattutto i suoi progressi. Infine, la “tecnica degli spostamenti” è importante a ogni età e per ogni livello di gioco. Non è mai troppo tardi per lavorarci su e poterla migliorare.
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