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Le storie

Ashleigh Barty e le grandi destinazioni

Le aspettative, l'addio e il cricket. Il ritorno al primo amore, l'amicizia con Casey Dellacqua e l'ingresso in top 10. Una carriera fuori dal comune

04 aprile 2019

“Ho avuto un percorso unico”. Ashleigh Barty ha vissuto il tennis con la dedizione che si riserva al primo amore. Si è concessa una pausa di riflessione e distrazione. Ma è forte il richiamo della strada lasciata a metà, la sua autostrada per la gloria. A Miami, prima ancora di vincere il suo primo titolo in un Premier Mandatory, era già sicura di aver centrato uno dei suoi grandi obiettivi: entrare in top 10, prima australiana a riuscirci da quando Sam Stosur ne è uscita nel giugno 2013.

 

Ha scelto il tennis perché non voleva giocare a netball come le due sorelle maggiori, Sara e Ali. Il netball è uno sport da femminucce, pensava. Non ha ancora cinque anni quando incontra Jim Joyce. Non gli piace che i bambini comincino così presto, ma quando la piccola Ash gli rimanda indietro la prima pallina che le lancia, si svela un universo di possibilità. Ash non si perde una parola del maestro e a casa si allena per ore contro il muro di casa, con una vecchia racchetta di legno. Joyce forgia un tennis complesso, di variazioni di ritmo e discese a rete. La piccola Barty vince tanto e subito. A sei anni, Joyce la fa giocare apposta contro un'avversaria molto più grande. Vuol vedere che succede quando perde: Barty esce dal campo e sorride, è fatta.

Nel 2011, poche settimane prima di Wimbledon, inizia a lavorare con Jason Stoltenberg. Barty, a 15 anni, perde solo un set nel torneo junior, contro Madison Keys, e batte in finale Irina Khromacheva. “Il titolo non garantisce niente, ma dimostra che Ashleigh è unica: sa fare cose che non ti aspetti” spiega. Centra poi la semifinale allo Us Open junior e vince la Fed Cup under 18. I paragoni con le grandi si sprecano. Va a vivere da sola a Melbourne, perde tre finali Slam nel 2013 in doppio con l'amica Casey Dellacqua (Australian Open contro Sara Errani e Roberta Vinci, Wimbledon e Us Open). L'Australia l'aspetta, Ashleigh fugge. Lascia il tennis. “Hai fatto bene” le scrive Evonne Goolagong, ex numero 1 del mondo, 14 titoli Slam in carriera.

Ha bisogno di un che d'altro, cerca un'altra forma di leggerezza. Nel 2015 entra nella squadra del Brisbane Heat, che partecipa alla prima edizione del campionato femminile di cricket, la Rebel Women’s Big Bash League. L'ingaggio massimo non arriva a 7 mila dollari. Per lei i soldi non sono tutto” dice la compagna di squadra Grace Harris, che si divide tra lo sport e un lavoro a tempo pieno in ospedale. Barty, fiera della sua scelta come delle sue origini indigene, segna 39 punti alla prima partita. “Non ero un granché come giocatrice” ha ammesso. Ma essere in squadra, avere il sostegno delle compagne, prendersi una birra dopo una vittoria in quel momento vale molto di più.

I tennisti australiani hanno il privilegio di iniziare la stagione a casa, con famiglia e amici al seguito. Casey Dellacqua ha una tifosa speciale a Sydney nel 2016 e la convince a riprendere in mano una racchetta dopo 18 mesi. Si mettono su uno dei campi periferici, senza nessuno intorno. Ashleigh capisce: ha tradito il tennis per essergli fedele. “Questa sono io, questo dovrei fare”, pensa. Non la ferma più nessuno.

Il rovescio di Ashleigh Barty

A novembre del 2016 è numero 325 del mondo. Dodici mesi dopo è numero 17. Ha vinto il suo primo titolo, a Kuala Lumpur nel 2017, e giocato le WTA Finals in doppio con l'amica di sempre. “Casey mi ha insegnato come godermi l'esperienza di essere nel circuito” ha spiegato. Nel 2018 ha aggiunto due titoli in singolare, a Nottingham e Zhuhai, e il primo Slam in doppio, lo Us Open con Coco Vandeweghe.

Nel 2019, a Sydney dove tutto è ripartito, ha sconfitto per la prima volta in carriera una numero 1 del mondo in carica, Simona Halep. Ha perso in finale, per la seconda volta di fila, ma è un incidente di percorso. La strada è segnata. A Miami festeggia le 100 vittorie in un main draw WTA, le 200 complessive, contro Petra Kvitova. “Non devo dimostrare niente” dice a Courtney Nguyen per il sito della WTA dopo la finale vinta su Karolina Pliskova. “Cosa mi piace di più? Andare in campo e giocare il mio tennis. Ora ci riesco molto più spesso” ha detto. “Questo è il mio posto. E se gioco al meglio, posso battere anche le migliori del mondo”.

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