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La lezione del maestro Squinzi

Oggi, alle 14.45 nel Duomo di Milano, saranno celebrate le esequie del patron della Mapei, industriale di successo mondiale e grande appassionato di sport. Ha sponsorizzato e fatto crescere grandi squadre di ciclismo e calcio. Con il suo centro di ricerca medica ha supportato anche i tennisti. E sviluppato tecnologia top per i campi in duro. Un maestro di mentalità agonistica, ricerca della qualità e spirito di squadra

di | 06 ottobre 2019

 

L’ho conosciuto a bordo campo. Era una domenica mattina, di marzo, nel 2013. Il campo era a Brescia, dentro uno dei capannoni dello Sport Show, un salone sportivo di respiro solo nazionale. Forse neanche,.

Però lui, il maestro Giorgio Squinzi, patron di una multinazionale presente in 81 paesi del mondo, presidente di Confindustria, era lì, al bordo del suo campo da tennis targato Mapei, un piccolo gioiello di innovazione tecnologica, la vera chicca della manifestazione.

Era venuto accompagnato dalla moglie Adriana Spazzoli, marketing manager della stessa Mapei, per la presentazione al mondo del primo campo in duro che si poteva… arrotolare. Non era uno scherzo: un terreno di gioco in duro, con caratteristiche simili a quelli di Flushing Meadows, cioè realizzato in resina, ma rimovibile.

L’idea dei suoi tecnici era stata quella di usare come base un telo di PVC sottilissimo (1,5 mm) spalmato al di sotto con un adesivo speciale Mapei riposizionabile.  I teli sarebbero poi stati stesi sulla superficie della struttura indoor dove il campo andava realizzato, uniti tra loro con un sigillante acrilico e spalmati con tre/ quattro strati di Mapecoat TNS Finish.

Una soluzione da lasciarci tutti, noi del mondo del tennis, a bocca aperta. Noi che di arrotolato avevamo visto solo i velocissimi tappetini gommosi dei tornei indoor. Un hard court srotolato lì per lì, ci parve un miracolo.
Ricordo ancora che per dare l’idea dello spessore ridottissimo, si fotografava l’estremità della superficie, poggiata sul pavimento del padiglione con accanto una moneta da un euro. 

Recuperare questi particolari e i relativi termini tecnici in un momento così, di fronte alla notizia della sua scomparsa, potrebbe sembrare fuori luogo. Eppure viene spontaneo come un tributo alle prerogative di un uomo e della sua grande creazione, la sua azienda con 9.000 persone in vari Paesi del mondo che ci lavorano dentro.
Quella mattina Giorgio Squinzi era lì per tenere a battesimo una cosa fatta bene. Da lui e dalla sua squadra. Una squadra costruita a partire dalla propria famiglia, che oggi è ancora lì, dentro la squadra della sua azienda.

Registrai le sue parole: “Il nostro marchio è diventato di risonanza mondiale grazie allo sport, in particolare al ciclismo. Essere stati per nove anni la squadra più forti del mondo, formata da atleti di diverse nazioni, ci ha dato una visibilità internazionale importantissima. Lo sport inoltre è sempre stato una grande passione di famiglia. Mio padre era un ciclista: la bicicletta e il calcio sono sempre stati di casa. Inoltre con il centro integrato Mapei Sport, creato per sviluppare attraverso la ricerca le tecniche di allenamento e migliorare le performance in modo pulito siamo vicini a tante discipline. E adesso con questo progetto entriamo anche nell’ambiante tennistico. Vedo lo sport anche come un modo di fare squadra al nostro interno e con i nostri clienti, i nostri fornitori, gli utilizzatori dei nostri prodotti. Quindi ci credo molto. Vogliamo entrare nel merito degli aspetti della performance sportiva, avere le mani in pasta. Il campo in resina rimovibile, visto da fuori sembra normalissimo. Ma sotto c’è tanta ricerca, tanta tecnologia”.

Non erano solo parole. Perché qui sta la lezione di Giorgio Squinzi: conta la sostanza, la qualità e queste si costruiscono con le persone di qualità, riunite a formare una squadra gestita con oculatezza, come una famiglia. In cui tutti sono importanti. Tutti sono vicini al cuore. Tutti partecipano all’impresa di raggiungere gli obbiettivi, di vincere perché si sono fatte bene le cose e ce lo si è meritato.

Questa è l’atmosfera che ho respirato in un’occasione successiva negli uffici e nei laboratori di viale Jenner a Milano. La sede di una grande impresa con l’atmosfera di una grande squadra… di casa. Perché Giorgio Squinzi e Adriana Spazzoli erano lì tutti i giorni, conoscevano tutti per nome, ti parlavano di lavoro e ti guardavano negli occhi per capire come stavi.
Quando andavi in quegli uffici per farti spiegare strategie e innovazioni, era questa l’atmosfera che respiravi: tranquillità, appartenenza, rispetto, educazione senza inutili sfarzi o formalismi. Tutti erano lì per fare bene il loro dovere, senza ansie ma fino in fondo. Perché la squadra era lì per vincere.

Giorgio Squinzi è stato un maestro di agonismo, nell’accezione migliore di questo termine.
Ha fatto crescere un’azienda strutturata per vincere a livello mondiale nel settore di competenza (Mapei è l’acronimo di Materiali Ausiliari Per l’Edilizia e l’Industria), con un reparto ricerca e sviluppo straordinario sul quale ha sempre investito moltissimo (il 5% del fatturato, con più del 10% degli addetti impegnati). Un’attitudine sviluppata anche sul versante propriamente sportivo, con la creazione del Centro Ricerche Mapei Sport, un certo medico sportivo attivo nella ricerca scientifica applicata. Una struttura all’avanguardia creata inizialmente per le squadre ciclistiche, poi messa a disposizione di tutte le discipline.

Lì c'era stato un primo contatto con il mondo del tennis quando, in apertura di Secondo Millennio, il gruppo di Riccardo Piatti, che allora lavorava sui giovani Ivan Ljubicic e Uros Vico, era andato a trovare il prof. Aldo Sassi, responsabile del Centro a Castellanza per sfruttarne l’esperienza a vantaggio di una modalità sempre più evoluta di allenamento.

Il Centro Ricerche, nato per il ciclismo, andò oltre l’abbandono delle competizioni da parte di Mapei (che per un decennio, dal 1993 al 2002 fu la squadra più forte del mondo con campioni come Johann Museeuw, Tony Rominger, Pavel Tonkov, Andrea Tafi, Paolo Bettini, Franco ballerini, Michele Bartoli, solo per citarne alcuni) legato al dilagare incontrollato fenomeno doping: fu messo a disposizione del calcio. Il maestro di agonismo Giorgio Squinzi, pur essendo tifoso del Milan, aveva acquistato un’altra società: il Sassuolo, che militava in C2.

Costruzione della squadra con i valori giusti, preparazione seria, studiata scientificamente, passione, oculatezza: nel 2006 il Sassuolo saliva in C1, nel 2008 in serie B. E nel 2013, due mesi dopo quella domenica a Brescia con l'anteprima del nuovo campo da tennis, veniva promosso in serie A. Dove ha dato e dà ancora dimostrazione di grande organizzazione, di bel gioco e di saper far crescere i talenti in modo sano (talenti che sono andati in queste ultime stagioni ad arricchire le rose di team che puntano allo scudetto e alla Champions League). 

Il successo sportivo arriva con la filosofia di vita e di impresa del maestro Squinzi. Come diceva molto bene Paolo Pica sul Corriere della Sera venerdì scorso: “Fedele interprete del credo lombardo: famiglia povera, azienda ricca”. La Mapei non distribuisce dividendi. E non licenzia. Non ha mai chiuso un bilancio in perdita”. E riporta le parole del patron: “La ricetta per me non cambia, non ho mai speculato finanziariamente, preferendo sempre reinvestire nel mio gruppo. E mi piace constatare che nelle nuove generazioni qualcosa va in questo senso”.

Il maestro ora guarda da lassù. Alcuni dei migliori giovani del tennis italiano si stanno allenando sui suoi campi: al Piatti Tennis Center di Bordighera, alla New Country Academy di Bari, all’Accademia Tennis Vavassori solo per citare alcune eccellenze italiane. Se vogliono esprimere tutte le loro qualità e primeggiare a livello possono ripassare la sua lezione. E, come noi, ringraziare di cuore.

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