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Racchette e corde

Racchetta classica o profilata: quale ti dà di più?

Più spinta? Più rotazione? Più controllo? C’è molta confusione sulla scelta dell’attrezzo in termini di resa effettiva. Come sempre dipende da chi la usa: il professionista predilige le classiche-boxed, mentre il giocatore di club dovrebbe (!) virare su una soluzione profilata-tubolare. Vediamo perché

di | 11 marzo 2020

Telai classici-boxed, come la Head Prestige, la Wilson Blade, la Yonex V Core Pro o profilati-tubolari, come la Babolat Pure Drive, la Wilson Burn, la Head Instinct? Quali sono i vantaggi derivanti dall’uso dei primi, più sottili e flessibili rispetto ai secondi, più spessi e rigidi? E soprattutto, il telaio che scegliamo è coerente con i miglioramenti della nostra performance, tiene conto delle nostre caratteristiche?

Queste sono le domande principali cui dobbiamo rispondere quando ci vogliamo orientare nella scelta della racchetta ideale per noi. E su quali siano le performance tipiche di una racchetta in funzione della sua struttura, sono ancora molto diffuse alcune false credenze.

La premessa da fare è che la geometria delle racchette conta e lo spessore, in termini generali, influenza in modo determinante la risposta elastica o flessibile del fusto. Con il crescere dello spessore aumenta in modo quadratico la rigidezza del telaio e l’inerzia flessionale delle sezioni. Così, dalla semplice osservazione di un fusto, possiamo capire se siamo in presenza di un telaio dalla risposta elastica (se sottile) o al contrario rigida (se spesso).

La Wilson Balde, a sinistra, e la Head Extreme, esempi contrapposti di racchette rispettivamente 'boxed' e profilate

Boxed, una scelta da Pro

I professionisti maschi in percentuale predominante (circa il 65/70%) utilizzano telai classici di tipo “boxed” (spessore 20/21 mm) piuttosto che telai di tipo ibrido o profilato (spessore 23/26 mm). Il motivo è legato al fatto che vogliono massimizzare la resa in termini di controllo, in termini di flessibilità (bassa), di pattern del telaio (16x20 – 18x20), di corde e di tensioni utilizzate.

Si tratta di una scelta che un professionista, che si allena con doppia seduta di tennis e di atletica giornaliera, può permettersi alla luce del grado di preparazione posseduto. Consideriamo che un ‘pro’ esprime al momento dell’impatto una potenza prossima che può andare dai 1000 ai 1500W di picco e che tali valori sono molto distanti da quelli raggiungibili da un, seppur buono, giocatore di livello amatoriale, anche se dotato di una discreta preparazione fisica.

In più, molto spesso il professionista è portato a fare scelte più razionali di quelle operate da un giocatore di quarta o terza categoria, animato da uno spirito di emulazione che non ha - in termini razionali - alcuna ragione di esistere se non facendo ricorso alla logica del “maschio alfa”.

Stefanos Tsitsipas usa la Wilson Balde, una tipica racchetta classica-"boxed"

Sfatiamo i luoghi comuni

Nonostante quanto si senta dire in giro e nonostante i luoghi comuni, le racchette sottili, classiche, denominate “boxed” a causa delle forma squadrate, sono quelle più morbide e flessibili con valori di rigidità flessionale solitamente comprese fra i 58-60RA e i 64-66RA.

Questi telai, sottoposti a un test di flessione, come pure in campo all’impatto con la palla, si deformano in modo marcato, vibrano a una frequenza generalmente compresa fra i 120 e i 140Hz. In buona sostanza all’impatto con la sfera si piegano, si deformano in modo apprezzabile e di conseguenza fanno lavorare meno le corde restituendo per questo motivo una sensazione di maggiore rigidezza.

Al contrario i telai rigidi, nel momento in cui impattano la palla, pur sottoposti alla stessa forza di impatto si deformano in modo meno marcato facendo lavorare maggiormente il piano di incordatura, con effetto diretto di un maggiore “effetto fionda”, un maggiore affondamento del piano d’incordatura e una maggiore potenza percepita.

Il motivo per cui le racchette “boxed” di tipo classico, generalmente più elastiche, sono percepite più rigide è dovuto al fatto che la palla entrando meno nel piano di incordatura e sfruttando in misura minore la resilienza del filamento costringono il giocatore a un’azione tecnica di maggiore intensità dal punto di vista fisico e a una maggiore pulizia dal punto di vista tecnico.

Il telaio flessibile è meno potente, vibra
(eccetto qualche rara eccezione) a una frequenza più bassa, trasmette un minore shock e consente un maggiore feeling e contatto con la palla ma costringe a spingere in modo più deciso per ottenere profondità e presa delle rotazioni rispetto a un telaio rigido.

Fondamentale, per determinare quanto una racchetta di la sensazione di rigidezza, è il rapporto tra telaio e corde

La percezione di morbidezza

Questo dato relativo alla percezione del rigido e del flessibile deve fare riflettere perché evidenzia un elemento interessante, ovvero che il giocatore percepisce in modo preponderante il comportamento del piatto corde (rigido sulle racchette flessibili e flessibile sulle racchette rigide) ed è come la palla impatta, in termini di intensità, suono, durata del contatto (che può variare dai 4 ai 6ms), che determina in modo sensibile la percezione dell’attrezzo da parte del giocatore.

Qualcuno potrebbe giustamente chiedersi come sia possibile distinguere la differenza fra un impatto da 4 ad uno da 6 millisecondi, dato che stiamo parlando di misure di tempo particolarmente limitate; la domanda non è affatto peregrina e per dare una risposta coerente consideriamo semplicemente che la variazione da 4 a 6 comporta una variazione del 150% rispetto alla misura base e che il nostro cervello e il nostro fisico, nella sua perfezione, riescono a discriminare in termini di “feeling” questa sottile differenza.

Le racchette profilate, più spesse e rigide, sono quelle che consentono di far lavorare maggiormente le corde (e queste si rompono prima su telai di questo tipo piuttosto che su telai classici), ottenere dunque maggiore deflessione laterale e maggiore “snap-back” e dunque maggiore potenza e presa delle rotazioni ponendosi dunque come scelta ottimale per i giocatori di livello medio-avanzato che ricercano performance senza un livello di preparazione fisica e tecnica di livello assoluto.

Fabio Fognini e la sua Babolat Pure Drive, racchetta 'profilata' per eccellenza

Le racchette profilate restituiscono maggiore potenza e presa delle rotazioni, perfette per giocatori di livello medio-avanzato che cercano performance senza grande tecnica né preparazione fisica

Le differenze nascono… in produzione

A differenza di quanto accadeva nel passato nel quale per accrescere la rigidezza delle racchette si faceva ricorso a materiali estremamente sofisticati e masse elevate, oggi l’ottimizzazione delle sezioni (spesso poligonali) e l’utilizzo di spessori maggiori (25-28mm) consente di avere racchette estremamente leggere e al tempo stesso rigide.

Con l’avvento delle tubolari, introdotte in prima battuta dalle profilate variabili (dette “profile”) sulla fine degli anni ’80 e con l’avvento delle racchette in stile “Pure Drive” nel corso degli anni ’90, il mondo della progettazione e del design dei telai da tennis ha subito una mutazione profonda e assolutamente radicale.

I concetti introdotti da Siegfrid Kuebler in termini di rigidezza statica e dinamica del telaio hanno consentito di realizzare racchette molto differenti da quelle prodotte nel passato in termini di giocabilità generale, anche se, strano a dirsi ma assolutamente reale, il mondo della produzione non ha subito dagli Anni ’70 a oggi nessuna evoluzione sostanziale in termini di metodi produttivi delle racchette da tennis, che erano, sono e saranno nell’immediato futuro prodotte (per larga parte dei processi) interamente a mano.

Fare la scelta giusta

Quando si sceglie tra racchette boxed o profilate, sul piatto della bilancia dobbiamo mettere il grado di efficienza in campo, il dispendio energetico e la resa nell’arco di un’intera partita, oltre a quelle che possono essere le conseguenze in termini di rendimento nell’ambito di un intero torneo.

Senza sottovalutare inoltre la possibilità di contrarre infortuni: già, perché la scelta di un telaio e di un setup di corde non adatte può avere risvolti assolutamente negativi, con conseguente insorgenza di patologie a carico della spalla, gomito e polso.

Dunque se il nostro tennis è di livello intermedio o avanzato, anche con una spiccata attitudine agonistica, e votato alla potenza, alla presa delle rotazioni e alla tolleranza in fase di difesa, la nostra scelta principe deve orientarsi verso racchette profilate, semi-profilate o al limite verso telai di tipo ibrido, rigidi e medio-rigidi (65-70RA) con piatto corde 100-102” con pattern 16x18 16x19.

Se al contrario siamo giocatori dalla buona se non ottima preparazione fisica, dotati di una consistente preparazione tecnica alla ricerca del massimo in termini di controllo e feeling all’impatto, rinunciando a tolleranza e facilità di gioco, potremo optare per telai flessibili e medio-flessibili (58-62RA) con piatti corde 95-98” e pattern 16x19, 16x20 o 18x20.

Certo, c’è sempre la terza opzione: se siamo giocatori della domenica (al limite del sabato e della domenica), se siamo oggettivamente scarsi ma convinti di essere fenomeni, se facciamo tornei e perdiamo sistematicamente con giocatori molto più deboli di noi, se siamo N.C. ma pensiamo di valere almeno 3.4 (se non 2.8), allora forse i consigli non servono: possiamo andare belli dritti verso la racchetta del nostro idolo, con le specifiche del nostro idolo, incordata come quella del nostro idolo e alla tensione del nostro idolo…

Sarà come muovere una clava e le nostre articolazioni scricchioleranno sinistramente. Ma che importa, in fondo quando andiamo in campo vogliamo essere Federer, essere Nadal… Dobbiamo essere consapevoli, però, che ci stiamo facendo del male da soli.

La racchetta di Roger Federer, la Wilson Pro Staff, è una boxed difficilissima da utilizzare

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