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Abbigliamento e scarpe

Una scarpa su misura? No, un plantare

Sappiamo che i professionisti sono maniacali nel customizzare le loro racchette. Meno noto è il fatto che personalizzano anche le calzature, grazie a plantari speciali che custodiscono gelosamente, a salvaguardia dei piedi e non solo...

di | 19 maggio 2019

Melbourne Park gennaio 2011: Novak Djokovic regola in tre set Andy Murray nella finale degli Australian Open. Stretta di mano all’avversario, passeggiata verso il suo angolo, baci & abbracci e poi regali ai fan: si parte dai polsini, passando per la maglietta e addirittura le scarpe. Ma attenzione: nonostante l’emozione e la gioia sfrenata il n.1 serbo riesce ad avere la lucidità per estrarre dalle sue calzature, proprio in mezzo al Campo Centrale, i suoi plantari. Devono essere davvero fondamentali e preziosi. Tanto che quando in conferenza stampa gli chiedono: “Sono speciali quei plantari che hai tolto prima di lanciare ai fan le scarpe?”. Lui ha risposto, sorridendo: “Eh sì. Quello è il segreto del mio gioco di gambe, hai scoperto il mio segreto”.

Il piede del tennista

Se personalizzano le loro racchette con piombo, silicone e accorgimenti vari dei più misteriosi, i tennisti (come la maggior parte di tutti gli sportivi) customizzano anche la loro calzata. Cercano di prevenire o risolvere guai seri che possono riguardare parti cruciali del corpo: gambe, ginocchia o, peggio ancora, schiena.
Sul piede del tennista si caricano vere e proprie tonnellate. Al contrario di sport lineari, simmetrici e ripetitivi (corsa), il tennis - e altri sport di situazione come calcio, basket - è asimmetrico e non ripetitivo, multidirezionale. Gli spostamenti sono diversi (avanti, indietro, laterali) e non prevedibili.

Supinatori e pronatori

Facciamo un passo indietro, prima di pensare alla scarpa. Prima c’è il piede, diverso, unico; addirittura anche uno differente dall’altro. In linea di massima ci sono tre categorie di piedi e c’è un vecchio test per stabilire a quale appartiene il nostro. Serve un foglio di carta o la sabbia del bagnasciuga in riva al mare.
Basta appoggiare la pianta del piede (un po' bagnato nel caso del foglio) e controllare l’impronta che avete lasciato. Se è “tutta larga”, cioè se tallone e avampiede costituiscono un unico blocco, i piedi sono “piatti” (iper-pronatore). Quando si poggia sul terreno non c’è ammortizzamento, l’arco collassa verso l’interno, tendini e articolazioni sono sovraccaricati.
I piedi più comuni (normali pronatori) sono quelli la cui impronta si vede “per metà”; il peso va spostandosi in avanti, passando prima sull’arco plantare mentre la caviglia ruota verso l’interno. Quando la parte interna resta sollevata e poco flessa, il piede è quello di un supinatore, nella cui impronta avampiede e tallone sono collegati da una sottile linea. L’arco plantare è alto, le gambe lavorano di più a ogni appoggio perché c’è poco scarico sul piede.
I piedi più comuni (normali pronatori) sono quelli la cui impronta si vede per metà

Le scarpe usate

L’altro facile sistema per auto-verificarsi è quello di osservare le vostre scarpe dopo averle utilizzate per un po’ di tempo in campo. Facendo un check dell’usura del battistrada se è più consumato sull’esterno siete supinatori (rari), se invece lo è nella zona del calcagno siete pronatori. Allo stesso modo poggiando su un tavolo le due scarpe usate, osservandole da dietro se convergono verso l’interno probabilmente siete pronatori mentre se tendono all’esterno supinatori (o ipepronatori).
Queste sono informazioni preliminari utili forse a indirizzare l’acquisto di una scarpa più o meno adatta: i pronatori necessitano più stabilità e sostegno dell’arco, mentre per i supinatori vanno bene calzature più morbide nell’intersuola e anche meno stabili solo per fare un paio di esempi.

Le solette

Non è un caso che oramai quasi tutti le aziende producano scarpe (almeno i modelli top di gamma) con soletta estraibile; lavabile ma soprattutto con materiali a diversa densità, rilievi e sostegni differenti sotto l’avampiede o il tallone. Ci sono poi in vendita separatamente anche solette di spessori diversi in base al tipo di piede o di attività sportiva che si pratica; l’attenzione verso i piedi è – giustamente e finalmente – aumentata. Fino qualche tempo fa le aziende hanno quasi “esagerato” nell’inserire tecnologie e materiali ammortizzanti solo sotto il tallone; per le specifiche di uno sport come il tennis questo accorgimento aumentava l’instabilità degli appoggi e di conseguenza noie muscolari o articolari.

Mai uguali

Purtroppo le calzature industriali e le calzate non sono mai uguali, hanno come unico parametro di riferimento la lunghezza (e quindi il numero). Non tengono conto della larghezza che è invece una variabile fondamentale vista la molteplicità dei tipi di piede che si incontrano. E soprattutto della possibilità di inserire un plantare. Perché il surplus vero resta una visita specialistica dal podologo sportivo con annessa realizzazione di plantari personalizzati, proprio come quelli di Nole Djokovic.

Ad assorbire gli shock da impatto sul terreno deve essere il plantare, non la scarpa (che perderebbe in stabilità); un plantare customizzato, realizzato con materiali differenti per densità, durezza. E con particolare attenzione all’avampiede. E guai a regalarlo ai vostri tifosi dopo una vittoria…

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