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I numeri 1 del wheelchair tennis: quando lo sport è una rivincita

Il giapponese Shingo Kunieda e l'olandese Diede De Groot guidano le classifiche di singolare. In top 10 anche l'azzurra Giulia Capocci che sogna le Paralimpiadi di Tokyo 2020

07 maggio 2019

Shingo Kunieda

Shingo Kunieda

Non è campione chi non cade, ma chi si rialza una volta di più. Una lezione che per i numeri 1 del wheelchair tennis diventa esperienza di vita. In vetta al ranking maschile c'è il giapponese Shingo Kunieda. Giocava bene a basket da bambino, ma un tumore alla spina dorsale cambia tutto. Un giorno, dopo l'ennesimo intervento, si sveglia e non sente più le gambe. Il tennis si trasforma in una fuga e insieme una rinascita, una ricompensa, la ricostruzione di un posto nel mondo. Campione del mondo ITF dal 2007 al 2010, due volte oro paralimpico, ha vinto 22 Slam. Ha trionfato nove volte all'Australian Open (2007, 2008, 2009, 2010, 2011, 2013, 2014, 2015, 2018), sette al Roland Garros (2007, 2008, 2009, 2010, 2014, 2015, 2018) e sei allo Us Open (2007, 2009, 2010, 2011, 2014, 2015). A Wimbledon, invece, si è fermato al massimo in semifinale. Tra il 2007 e il 2010 ha infilato una serie di 106 vittorie consecutive, interrotta da Stéphane Houdet, attualmente numero 3, nella semifinale del Masters 2010.

Per il singolare maschile, il ranking si calcola considerando i migliori nove risultati nelle ultime 52 settimane. Nel singolare femminile, invece, si conteggiano otto piazzamenti. Qui continua la grande tradizione olandese iniziata con Esther Vergeer, icona del wheelchair tennis, che ha vinto ogni Slam cui abbia partecipato (21 in singolare e 23 in doppio) e si è ritirata nel 2013 lasciando aperta una striscia di 470 vittorie consecutive. Sette volte oro paralimpico, ha vinto 120 dei 169 tornei cui ha preso parte. Ha aperto una strada che Diede De Groot, classe 1996, ha seguito al meglio. Numero 1 del mondo, Diede è nata con una gamba più lunga dell'altra. Ha vinto otto titoli Slam, è due volte campionessa in carica a Wimbledon, e a Rio 2016 ha conquistato la medaglia d'argento.

 

In top 10 c'è anche un po' dell'Italia che resiste, che non si arrende di fronte alle difficoltà. L'Italia che si riconosce in Giulia Capocci, due anni fa numero 34 del mondo e ora numero 5. Ventisei anni, gioca a tennis da sempre ma non va oltre la terza categoria. Inizia i corsi per diventare allenatrice, poi nel 2013 il buio. Dopo un'operazione programmata al ginocchio, inizia a soffrire di un’algodistrofia o CRPS (Sindrome Dolorosa Regionale Complessa). È un morbo raro, di cui non si conoscono le cause e per cui non esiste cura. Un morbo che le ha fatto perdere l'uso della gamba destra lasciando in eredità un dolore cronico. Aiuta un'azienda di Buttigliera d'Asti a sviluppare la sua carrozzina modulare, super-tecnologica. Si allena al Poggio Agrisport di Poirino e da qui è partita per il suo primo Slam, l'Australian Open 2019, chiuso con la finale persa nel tabellone di consolazione. Il suo sogno, ora si chiama Tokyo 2020. Non svegliateli, i campioni del wheelchair tennis.

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