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US Open Story/6: inizia la rivoluzione, finisce l'era di Forest Hills

Arthur Ashe è il vincitore della prima edizione Open degli US Open: riceve i complimenti del padre ma l'assegno maggiore va al finalista sconfitto, che è professionista. Si gioca a Forest Hills fino al 1977, quando va in scena lo US Open più pazzo di sempre

di | 22 agosto 2024

Arthur Ashe riceve i complimenti di suo padre dopo il titolo vinto allo US Open 1968 (Getty Images)

Arthur Ashe riceve i complimenti di suo padre dopo il titolo vinto allo US Open 1968 (Getty Images)

Lo US Open del 1968 è il terzo Slam aperto a dilettanti e professionisti. In finale arrivano Arthur Ashe, che è ancora un tennista dilettante, e "l'Olandese Volante" Tom Okker, professionista, che sa già di essersi assicurato i 14 mila dollari di premio, anche perdendo la finale. Ashe ha diritto solo a 28 dollari al giorno di rimborso spese. 

La pioggia ritarda il programma e costringe a spostare la sfida per il titolo a lunedì. Si gioca davanti a poco più di settemila spettatori che portano il computo totale nell’arco delle due settimane a 97.100, 17 mila in più di qualsiasi altra edizione precedente riservata ai soli amatori. 

In finale Ashe offre un capolavoro di strategia e intelligenza tattica. Ashe mette in pratica al meglio il consiglio che anni prima gli aveva dato uno dei più grandi campioni dell'era pre-Open, Pancho Gonzales: "Non devi fare il tuo gioco, ma il gioco che ti serve per vincere". Vince 14-12 5-7 6-3 3-6 6-3. E' il primo campione nero in Slam. La cerimonia di premiazione è commovente, come l’abbraccio con suo padre, che in lacrime gli sussurra: «Ben fatto, ragazzo» ma vorrebbe dirgli tanto di più.  Una settimana dopo la vittoria a Forest Hills, Ashe viene invitato in tv al programma Face the Nation. Nessun atleta era mai stato ospite prima di allora. 

Il torneo femminile lo vince la britannica Virginia Wade in finale su Billie Jean King. 

Il 1969 è indiscutibilmente l'anno di Rod Laver, che firma un primato ancora lontanissimo dall'essere battuto: è l'unico ad aver completato per due volte il Grande Slam. Quando si presenta a New York, ha compiuto 30 anni ed è diventato padre. Campione all'Australian Open, al Roland Garros e a Wimbledon, allo US Open fa centro battendo in finale Tony Roche. “Conoscendo la sua personalità” dirà Butch Buchholz, tennista, promoter dei circuiti professionistici e futuro fondatore del torneo di Miami, “Rod non ha mai giocato per i soldi. Ha sempre voluto affrontare i migliori in ogni fase della carriera”. 

La finale a New York si gioca di lunedì a causa della pioggia: solo 3.708 spettatori assistono dal vivo a quella partita destinata a cambiare la storia del gioco. Il maltempo non dà tregua nemmeno del giorno della finale, che infatti inizia un'ora e 35 minuti dopo l'orario previsto, anche grazie a un elicottero che viene fatto volare sopra il West Side Tennis Club per asciugare l'erba bagnata. Sul 5-4 nel primo set, Laver cambia scarpe, si toglie quelle dalla suola liscia e passa a quelle chiodate: vincerà 20 dei 29 successivi game. Laver non riuscirà più a conquistare il trofeo americano. 

Laver, 50 anni di Slam

Il 1970 segna un altro debutto, segnato da una bandiera rossa con le lettere S e D in mezzo. Così il 2 settembre 1970 gli spettatori presenti a Flushing Meadows vengono avvertiti che in campo sta iniziando una "Sudden Death", una "Morte improvvisa". Oggi lo chiamiamo tie-break. Tra le lettere S e D nella bandiera ce ne sono altre due, più piccole, una V e una A. Stanno per Van Alen, Jimmy Van Alen. Aristocratico cresciuto tra i Rembrandt a Wakehurst a Newport, è l'inventore di questa formula per risolvere un set senza che prosegua a oltranza fincé uno dei due non raggiunga i due game di vantaggio. 

E' l'ultimo anno del grande dominio australiano, sancito dal successo di Ken Rosewall a 14 anni dal primo trionfo e dal Grande Slam di Margaret Court, seconda donna a riuscire nell'impresa. L'australiana non si limita a trionfare in singolare. Vince il titolo anche in doppio femminile con Judy Dalton e nel misto con Marty Riessen. Nessuno aveva mai fatto tripletta allo US Open prima di quell'anno. Complessivamente, intasca $9.500. 

La fine di quella grande stagione "Aussie" ha un momento d'inizio preciso. E' il primo turno dell'edizione 1971. John Newcombe, campione in carica a  Wimbledon, perde al primo turno contro Jan Kodes: è la prima volta nella storia del torneo dal 1928 che il numero 1 del tabellone esce all'esordio. Il titolo lo vince Stan Smith, che festeggia il primo major in singolare dopo i due in doppio. Tuttavia, è il singolare femminile a offrire le storie destinate a durare di più. C'è il debutto di una sedicenne di cui sentiremo molto parlare: si chiama Chris Evert. Arriva fino in semifinale, perde contro Billie Jean King che vincerà il titolo e incasserà 5 mila dollari. A fine anno King è la prima donna a guadagnare 100 mila dollari nell’arco di una sola stagione. Riceve i complimenti del presidente Richard Nixon ma l'anno successivo il premio per lei è di 15 mila dollari inferiore rispetto a quello per il campione di singolare maschile, Ilie Nastase, che vince il suo primo titolo del Grande Slam in rimonta su Ashe davanti a 14.696: un record a quei tempi.

King non avrebbe voluto giocarla l'edizione 1972 dello US Open. Le giocatrici del Virginia Slims Tour avevano infatti approvato il boicottaggio proprio perché il torneo assegnava 25 mila dollari al vincitore del torneo maschile e 10 mila alla campionessa del singolare femminile. Prima del torneo King ha incontrato Billy Talbert, direttore del torneo, nel capanno degli arbitri vicino a Forest Hills, che fino al 1977 ha ospitato lo US Open. Ha promesso che le giocatrici avrebbero giocato l'edizione 1972, ma boicottato lo US Open 1973 senza l'equiparazione dei montepremi. E ha calato l'asso: ha trovato uno sponsor, il deodorante Ban (marchio Bristol-Myers) disposto a investire 55 mila dollari. 

Billie Jean King: una regina rivoluzionaria

Nel 1973 lo US Open fissa un momento storico: è il primo Slam ad assegnare un prize money identico per uomini e donne. L'assegno per il vincitore è di 25 mila dollari e va agli australiani Margaret Smith Court e John Newcombe.

King torna a vincere nel 1974, un'edizione che rimane segnata dal trabordante debutto di Jimmy Connors, 22 anni di energia, rabbia e furore, che nella finale più a senso unico nella storia del torneo lascia appena due game al 39enne Ken Rosewall: la sfida per il titolo dura appena 78 minuti. Connors trionferà ancora nel 1976, 1978 e 1982.

Le novità non finiscono qui. Dal 1975 si gioca sulla terra verde a Forest Hills. New York, la città che non dorme mai, apre la sua casa del tennis alle sessioni serali dal 1975. Sotto le luci artificiali Manuel Orant salva cinque match point e rimonta da sotto di due set e poi da 0-5 nel quarto in semifinale contro Guillermo Vilas e meno di 18 ore dopo torna in campo e batte Connors in finale. Nel torneo femminile Martina Navratilova annuncia l'intenzione di chiedere asilo negli Stati Uniti e abbandonare la Cecoslovacchia. Il titolo andrà a Chris Evert che supera Goolagong e firma l'85ma delle sue 125 vittorie consecutive sulla terra.

Tornerà a trionfare anche nel 1976, in coppia in singolare con Jimmy Connors: una conclusione hollywoodiana per l'edizione che cade nel 200mo anniversario dell'indipendenza degli Stati Uniti.

E' il preludio, verrebbe da dire, all'ultimo US Open a Forest Hills, l’ultimo sulla terra verde. Un torneo che nessuno dimenticherà mai. Intanto per quello che sta succedendo intorno, a New York. "Nel 1977 è morta la visione romantica di quel che un tempo era la città", ha detto Hank Sheinkopf, allora ufficiale di polizia, al "New York Times" nel 2002. Quella del 1977 nella Grande Mela è infatti l'estate della paura e della caccia a David Berkowitz, il “figlio di Sam”, un serial killer che tra il 1976 e il 31 luglio 1977 ha ucciso sei persone e ne ha ferite altre otto. Il 10 agosto 1977 la polizia lo arresta. Agli agenti pone una sola domanda: "Perché ci avete messo così tanto?". Ma è anche l'estate dei graffiti, del beat e delle serate glamour allo Studio 54, 254 West 54th Street. Per 33 mesi sarà il luogo degli eccessi e della totale libertà. La selezione all'ingresso è durissima, poi dentro è un mondo a parte. Finirà nello scandalo, per le mazzette di soldi nascoste nel controsoffitto e la droga. 

A far da contraltare alle luci dello Studio 54, dalle 21.34 del 13 luglio 1977 New York è rimasta al buio per oltre 24 ore. È una notte di caos, di ruberie, di gente che sfonda le vetrine: 1.600 i negozi saccheggiati, oltre 300 milioni di dollari i danni, quasi quattromila gli arrestati. Per contenerli tuti viene riaperta la prigione The Tombs, chiusa tre anni prima perché infestata dai ratti. Nel Bronx, vengono rubano 50 Pontiac da uno showroom per un valore complessivo di 250mila dollari, e tanti impianti stereo. Comincia l’era dell’hip hop.

Anche lo US Open inizia nel segno della tensione. William McCullogh, del consiglio direttivo del West Side Club, sostiene che il torneo non debba traslocare nella nuova sede perché intorno alla “collina di cenere” abitano quasi solo negri: Arthur Ashe minaccia di lasciare il torneo. La domenica di mezzo, poi, durante la partita fra Eddie Dibbs e McEnroe da un palazzo qualcuno spara a uno spettatore, James Reilly di 33 anni, ferito a una gamba. Il colpevole non verrà mai individuato. Ed è solo l’inizio.

Nel tabellone femminile, fa scalpore l'iscrizione René Richards, nato Richard Raskind, primo transessuale nella storia del torneo. Da uomo aveva giocato la finale over 35 a Forest Hills nel 1972. 

Nel torneo maschile si vede per la prima, e unica, volta la “Racchetta Spaghetti”. L’ha inventata un orticoltore tedesco, Werner Fischer. Se n’è innamorato Michael Fishbach, che l’ha vista nelle mani dell’australiano Barry Philips-Moore, e con quella passa due turni a Forest Hills. È uno Slam decisamente unico, che si gioca sulla distanza dei due set su tre fino ai quarti di finale. Tutti i big arrivano freschi e riposati, a parte Borg che si è ritirato per un infortunio alla spalla. In finale arrivano Connors, che cancella il segno a Barazzutti in semifinale, e Vilas, che ha provato a convincere il mondo di essere diventato per qualche settimana numero 1 del mondo in quel 1977, ma invano. 

L'argentino che metteva insieme garra da guerriero e sensibilità di poeta chiude 6-0 al quarto. Alle 19,21 l’arbitro John Coman annuncia il game, set and match Vilas, portato in trionfo sulle spalle dei tifosi. Connors lascia lo stadio prima della premiazione. “Questa non era (più) l’America di Connors” conclude Drucker. “Sembrava la scena di un assassinio in un film di Costa-Gavras”. Jimbo se ne va da solo. “Un uomo che nel suo modo inquieto voleva essere niente più che un eroe crive Peter Bodo su Tennis -, è caduto” 

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