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In questa puntata della storia dello US Open riviviamo i primi anni a Flushing Meadows: le otto finali di Lendl, il Super Saturday del 1984, il Golden Slam di Steffi Graf.
di Alessandro Mastroluca | 23 agosto 2024
Jimmy Connors ha sorpreso tutti. Una settimana prima dello US Open 1978 è già arrivato nell'impianto che ospiterà il torneo per allenarsi. Ma c'è un problema. I campi non sono ancora finiti. Gli operaistanno lavorando da mesi, giorno e notte, per completare in tempo la nuova casa del torneo. Si giocherà infatti per la prima volta a Flushing Meadows, sul duro (Deco Turf II). Il cambio di sede è la grande scommessa dell'allora presidente della Federtennis USA, Slew Hester, che ha voluto un nuovo monumentale impianto a Flushing Meadows. Lì c'era già uno stadio, il Singer Bowl: qui nel 1964 avevano suonato i Doors con gli Who come gruppo spalla. "Se andrà bene, lo chiameremo USTA National Tennis Centre, se andrà male sarà lo Slew Hester Memorial". Lo chiamiamo USTA Billie Jean King National Tennis Center.
Flushing Meadows, ha scritto Barry Lorge per l'iconico libro "The Bud Collins History of Tennis", enciclopedica opera sulla storia del tennis mondiale, "è l'immagine della democratizzazione del tennis. Niente simboleggia meglio quel che è successo negli anni Settanta in uno sport come il tennis, un tempo elitista, del trasferimento dello US Open in un parco pubblico". All'epoca il Louis Armstrong Stadium era il campo centrale. Qui Bjorn Borg ha giocato la prima partita nel nuovo stadio, battendo 6-0 6-2 Bob Hewitt. Lo svedese arriverà in finale, ma perderà contro Jimmy Connors, unico ad aver vinto lo US Open su tre superfici diverse: sull'erba nel 1974, sulla terra verde nel 1976, sul duro nel 1978. Nel torneo femminile trionfa per la quarta volta Chris Evert, che eguaglia l'allora record di trionfi di Molla B. Mallory (1915-18) e Helen H. Jacobs (1932-35). La prima edizione a Flushing Meadows è un successo anche di pubblico: 275 mila gli spettatori totali registrati, in quel momento il record nella storia degli US Open.
I campi in cemento di Flushing Meadows
Da record anche il trionfo nel 1979 di Tracy Austin, la più giovane campionessa degli US Open, che ha fermato Martina Navratilova in semifinale e Chris Evert in finale, e tutto questo a 16 anni, otto mesi, 28 giorni. Il torneo maschile si infiamma, è proprio il caso di dirlo, già dal secondo turno, il 30 agosto. Di fronte John McEnroe, ventenne, numero 3 del mondo, semifinalista l'anno prima allo US Open; e il 33enne Ilie Nastase, che il meglio l'ha dato fra il 1972 e il 1976. E' stato il primo numero 1 del mondo nell'era del ranking computerizzato, nel 1973, ha vinto il suo primo Slam proprio a New Tork, a Forest Hills nel 1972, ma il suo ultimo exploit Slam risale alla semifinale dello US Open 1976. Finirà nel caos. L'arbitro Frank Hammond squalifica Nastase, il pubblico protesta in maniera talmente vibrante che il supervisor cancella la decisione e la partita riprende con un diverso giudice di sedia. Il bello è che alla fine del match Nastase e McEnroe vanno tranquillamente al pub insieme. McEnroe vince il titolo, il suo primo Slam in carriera, in finale su Vitas Gerulatis.
Replica, il ribelle McEnroe, nel 1980 e nel 1981, sempre contro Bjorn Borg. Nell'edizione 1980 tutti aspettano il loro scontro dopo l'indimenticabile tie-break in finale a Wimbledon. Lo svedese, ha scritto su SuperTennis Luca Marianantoni, "non è nella forma migliore, fatica cinque set per domare Tanner nei quarti e deve spendere energie preziose per riacciuffare Johan Kriek che in semifinale gli scappa avanti due set. McEnroe invece è in fiducia e solo Connors lo mette a dura prova in semifinale strappandogli la battuta quando SuperMac va a servire per il match avanti 5-4 al quinto. Tutto però si risolve al tie-break che McEnroe chiude per 7 punti a 3. In finale Borg perde il primo set dopo aver servito avanti 5-4 e 6-5, cede di schianto il secondo, ma ritorna in partita e ci rimane fino al 3 pari del quinto. Un errore arbitrale (la risposta di McEnroe finisce fuori di un palmo) deconcentra Borg che inizia il game cruciale in salita (0-15): il furto lo annebbia, subisce il break e poco dopo è costretto alla resa.
Il bis di un anno dopo coincide con il centenario del torneo. McEnroe vince per la terza volta, come nessuno aveva mai più fatto dopo Bill Tilden nel 1925. Mentre lo statunitense sta baciando sua madre, Borg è fuggito, scortato da sette poliziotti in borghese. Si dice sia passato per le cucine. E' salito su una Volvo ed è andato direttamente all'aeroporto. Ha da poco compiuto 25 anni. Non giocherà più un match in singolare in uno Slam. Nel torneo femminile Martina Navratilova raggiunge la prima finale allo US Open ma la finisce nel modo peggiore, con un doppio fallo sul match point. Trionfa Tracy Austin 16 76 76.
Dal 1982 al 1989, lo stesso nome compare otto volte di fila in finale in singolare maschile. E' il nome di Ivan Lendl, protagonista di uno dei risultati più difficilmente ripetibili nella storia dello US Open.
Eppure New York non gli piace. Troppo caos, troppo rumore. Preferisce fare su e giù dalla sua casa di Greenwich in Connecticut, distante una cinquantina di chilometri. Nel 1982, primo anno della serie, in semifinale batte John McEnroe, ma nella sfida per il titolo perde contro Jimmy Connors.
L'ultima la gioca e la perde nel 1989 contro Becker, che ha rischiato di uscire al secondo turno contro Derrick Rostagno. Sotto 5-6 nel tie-break del quinto set il tedesco tira una seconda morbida, verso l'angolo sinistro, Rostagno blocca la risposta in lungolinea e prende la rete. Becker prova il passante in diagonale, l’americano si prepara a chiudere la volée di dritto ma la palla beffarda tocca il nastro e si impenna. Punto Becker, 6-6. La partita di Rostagno finisce, il torneo di Becker invece cambia volto. Bum Bum diventa il primo giocatore dal 1975, dopo lo spagnolo Manuel Orantes a trionfare allo Us Open dopo aver salvato un match point. Resterà il suo unico titolo a New York.
Nel frattempo, nella storia dello US Open, è successa anche un'altra cosa. L'8 settembre del 1984 per la prima volta gli organizzatori hanno infilato nella stessa giornata le due semifinali maschili e in mezzo la finale femminile. E' il primo SuperSaturday.
Nella prima semifinale Ivan Lendl salva un match point sul 6-5 nel quinto set con un pallonetto vincente in corsa impossibile da dimenticare e batte Pat Cash 36 63 64 67(5) 76(4). Al termine del match inizia la finale femminile. La lunga attesa è ben ripagata. Chris Evert vince in rimonta, 46 64 64, su Martina Navratilova e festeggia il sesto Slam in due anni. Lendl perderà in finale, poi trionferà tre anni di fila nel 1985, 1986 e 1987.
Alle 19.28 scendono in campo John McEnroe e Jimmy Connors per la quarta partita della giornata sul Louis Armstrong Stadium. Quattro partite a cui i tifosi hanno potuto assistere con un unico biglietto. Il duello fra i due testimonia una rivalità intensa, spalmata lungo 34 capitoli. La loro storia, iniziata nella semifinale di Wimbledon del 1977, si è infuocata a New York. McEnroe, infatti, che è nato nel Queen's e viveva a Manhattan, sentiva che i tifosi della sua città preferissero Connors, di East St.Louis. E non lo sopportava. McEnroe vince al quinto set, 64 46 75 46 63. Sono le 23.14 quando i due si stringono la mano. "Deve essere stato il giorno migliore di sempre nella storia dello US Open" ha detto McEnroe che il giorno dopo avrebbe vinto il suo ultimo titolo Slam in singolare.
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Mentre Ivan Lendl domina le finali maschili, nel torneo femminile Martina Navratilova trionfa nel 1983, conquistando il terzo Slam della stagione dopo Australian Open e Wimbledon, in finale contro l'eterna rivale Chris Evert. Lo scenario si ripete, con lo stesso esito, anche l'anno successivo. Navratilova vince ancora nel 1986 e 1987. Un anno dopo sarà Steffi Graf a entrare nella storia.
La tedesca demolisce ogni avversaria con impassibile sicurezza. Arriva allo US Open del 1988 con un obiettivo chiaro, completare il Grande Slam. "Riuscirci a un'età così giovane sarebbe grandioso" dice. Fraulein Forehand, Miss Diritto, è arrivata in finale giocando solo cinque partite, perché Evert si è ritirata prima di scendere in campo in semifinale. In totale ha perso appena tredici game. In finale il pubblico è tutto per la sua avversaria, l'argentina Gabriela Sabatini. I tifosi considerano Graf troppo fredda e distante. Suo padre Peter, che controlla tutto, non contribuisce a migliorare la sua immagine. Anzi. La rivista Sports illustrated, nel numero distribuito dopo lo US Open 1988, rivela che Peter avrebbe imposto alla Women's International Tennis Association (come allora si chiamava la WTA) di cambiare il cerimoniale della cena annuale dove sua figlia sarebbe stata premiata come Giocatrice dell'Anno. "Può partecipare solo se può essere a letto alle nove" ha detto Peter. Dunque le hanno dato una stanza al Plaza Hotel, sede della cerimonia, e modificato il programma. Peter ha anche minacciato di portare sua figlia fuori dal circuito perché in disaccordo con una proposta di modifica della classifica, votata durante quello US Open, che avrebbe penalizzato Graf.
Il primo set della finale è teso, deciso comunque da un break della tedesca: 6-3. Nel secondo la tensione frena Graf che però si riprende e mostra una maggiore determinazione nel terzo set. Vince 63 36 61 e corre nel suo box ad abbracciare la famiglia e il coach Pavel Sozil. Gordon Jorgensen, presidente della federazione USA, le consegna un braccialetto con quattro diamanti, uno per ogni Slam vinto nel 1988.
Prima di lei, sono on Budge (nel 1938), Maureen Connolly (1953), Rod Laver (1962 e 1969) e Margaret Court (1970) avevano vinto i quattro Slam in singolare nello stesso anno. Dopo di lei, non ci è più riuscito nessuno.
La sua è una festa sobria, come se quel successo fosse dovuto, scontato. "Il suo ritorno a Bruhl domenica mattina è passato quasi inosservato - si legge sul New York Times del 13 settembre 1988 -. Tuttavia sarebbe stato uno scandalo se avesse perso contro Sabatini".
Graf chiuderà la stagione conquistando anche l'oro olimpico, in finale di nuovo contro Sabatini. "Sentivo molta pressione, ma se posso dirlo avrei preferito raggiungere questo risultato più avanti, me lo sarei goduto di più - ha detto sedici anni dopo al Los Angeles Times -. Per un verso, essere così giovane allora mi ha aiutato, ma dall'altro mi ha tolto un po' di gioia".