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Il soldato Rune si può ancora salvare, la Stephens invece no: sembra davvero persa

Il primo turno-disastro agli US Open mette sotto la lente d’ingrandimento le possibilità di ripresa di due protagonisti del circuito

di | 27 agosto 2024

Sloane Stephens colpisce di diritto (foto Getty Images)

Sloane Stephens colpisce di diritto (foto Getty Images)

Inguardabili Holger Rune, che cede in tre inequivocabili set, senza mai trovare soluzioni, all’ordinato, volitivo, solido Nakashima (allenato da Davide Sanguinetti) e Sloane Stephens, che si fa rimontare da 6-0 3-0, dopo aver servito per il match sia nel secondo che nel terzo set contro Clara Burel, possono solo migliorare dopo la catastrofe del primo turno agli US Open.

Peggio di così è davvero difficile per due talenti precoci di prima qualità che sono saliti subito alla ribalta fra i 'pro' promettendo moltissimo, e raggiungendo anche un titolo (proprio a New York nel 2017) e una finale Slam (al Roland Garros 2018) nel caso dell’afroamericana, che sembrava dovesse diventare l’erede delle sorelle Williams. Ma, a cominciare dall’età dei due protagonisti in negativo, 21 anni il danese, 31, la statunitense, le possibilità di recupero dopo queste sconfitte clamorose nell’entità sono differenti.

La delusione di Holger Rune (foto USTA)

CONFUSIONE
Holger, da Nuovo Connors che era quando ruggiva in faccia ai Djokovic e ai Sinner, è diventato un pulcino spaurito, incerto, indeciso, senza un’identità di gioco che mima continuamente solo e soltanto con l’indice al suo team che vuole restare lì, sul campo, che non vuole mollare. Ma sembra quasi agire per un riflesso condizionato, un’abitudine acquisita negli anni da guerriero di natura che si dà sempre un’ultima possibilità di rimonta. Peccato che poi gli unici spiragli che si conquista vengano da risposte azzardate, tirate quasi a occhi chiusi, alla disperata, con colpi che sembrano più trovati, e da furenti discese a rete in controtempo, figlie dell’istinto dell’ex rivale junior di Carlos Alcaraz.

Per il resto è buio pesto per il biondo col ciuffetto e l’aria furba, che si schianta contro la regolarità dell’americano costruito in casa, l’anonimo figlio dell’Università della Virginia e di tanto lavoro in campo e in palestra. Il 6-1 6-2 6-4 che ha rimediato lunedì è del resto solo l’ultimo segnale negativo della stagione negativa di Rune. Che, comunque, contro l’americano tutto essenzialità ci ha perso sempre, tre volte su tre, a cominciare dalle Next Gen Finals di Milano 2021. 

Holger Rune in azione (foto USTA)

A.A.A. CERCASI COACH
Al di là del numero 156 del mondo, come risalire ai livelli che sembravano appartenergli? Con il connazionale Kenneth Carlsen, già 41 del mondo ATP e poi capitano della nazionale danese, Holger sembrava aver trovato la persona giostra come coach, dopo i mille tira e molla con Patrick Mouratoglou.

Il simpatico Kenneth non sembra però l’ideale per un giocatore di così tanto carattere e capacità che a Bercy 2022 era stato capace di stabilire il record di battere 5 top 10 nello stesso torneo:dopo l’ex pluri-campione Slam, Wawrinka, annullando 3 match point, aveva infilato Hurkacz, Rublev, Alcaraz., Aliassime e Djokovic. 

Al focoso danese, che non ha paura di mettersi anche contro la folla di qualsiasi torneo, occorre una guida molto più importante. Magari un ex campione, comunque qualcuno di maggior personalità. Solo così potrà staccare il cordone ombelicale con mammà, che si ripresenta, sistematicamente, dal suo bambinone ogni volta che è nei guai. 

Una preoccupata Sloane Stephens (foto Getty Images)

DISASTRO SLOANE
Purtroppo il tempo di Sloane Stephens sembra invece irrimediabilmente perduto, dopo tante occasioni di recupero, con quel talento fisico e anche tecnico a disposizione. Ahilei, non ha retto alla pressione all’inizio, nell’impatto col mondo pro, quando già batteva Serena Williams, non ha retto coi paragoni coi due genitori, campioni di nuoto e football, non ha retto alla delicatissima situazione familiare di un padre naturale conosciuto tardi, in prigione, non ha retto poi alla notorietà e alle aspettative dopo l’esplosione del 2017-2018.

E si è nascosta dietro il fidanzato, le possibilità che le offriva il ruolo di star e i soldi del suo status di professionista della racchetta. Forse ha anche provato a recuperare. Ma non ha più rivisto i fasti di quand’era numero 3 del mondo, ed è via scivolata nell’anonimato. Senza più trovare l’impeto e la sfrontatezza che aveva. Oppressa anche dai continui paragoni con le sorelle Williams e dall’insostenibile eredità di star del mondo afroamericano.

REAZIONE
Eppure due anni fa, era tornata a vincere un torneo, a Guadalajara, dopo 4 anni di digiuno. Ed era anche tornata nei quarti del Roland Garros. E quest’anno aveva regalato un nuovo acuto, firmando l’ottavo WTA a Rouen. Ma non ha mai riabbracciato la continuità, la consistenza, ha preferito i più facili denari e le più agevoli trasferite del  World Team Tennis, facendosi notare più per le cartoline da località esotiche insieme al fidanzato che per le partite vinte. E dopo quello squillo in Francia, ha superato due turni solo a Madrid e Wimbledon.

E sul circuito nordamericano ha perso tre volte di fila d’acchito: a Washington, Toronto e ora a New York. Male male. Con la classifica scesa al 62 del mondo. Magari si consola coi 18 milioni di dollari e spiccioli guadagnati di premi. Ma certo dopo questi US Open è troppo difficile immaginare una sua risalita ai livelli che competerebbero al suo potenziale. La testa, ahilei, rimane decisiva. Come s’è visto lunedì, quando spesso e volentieri Sloane si è proprio estraniata dal campo e dalla lotta col match praticamente in pugno.

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