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Complimenti diffusi, riconoscimenti pubblici e parole sussurrate. Nel trionfo dell'italiano a Melbourne e nelle reazioni che ha innescato ci sono tutti gli indizi di un cambio della guardia
di Ronald Giammò | 31 gennaio 2024
Ora che il digiuno è stato interrotto e la gioia ha avuto modo di distendersi, resta una cosa da dire sul trionfo australiano di Jannik Sinner. Sfilata via in una passerella di parole e complimenti, mimetizzata tra il bonton cavalleresco di gesti bianchi e solo a freddo emersa in tutto il suo più profondo significato. Una vibrazione che va oltre la sincera gioia che tanti colleghi hanno manifestato nei confronti del ventiduenne azzurro, e che già si proietta sulle conseguenze che questo primo Slam potrà generare sugli equilibri del circuito. Si chiama istinto di conservazione.
I predatori lo sanno bene. Quando un giovane pretendente - leone, orso o alce che sia - reclama per sé guida e leadership di un branco, quell'aspirazione perché si realizzi deve passare dalla sfida e dalla conseguente detronizzazione di chi quel branco sin lì l'ha guidato. Raramente il duello si chiude con la morte di uno dei due contendenti: basta un ruggito a volte, il semplice accenno di una scaramuccia perché la forza del nuovo arrivato ribalti lo status quo precedente decretandone l'ingresso nel branco come nuovo leader.
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ll tennis è più crudo. Non esiste pareggio e per chi è destinato a soccombere la sconfitta è un calice amaro da bere fino in fondo. Apparso sul circuito cinque anni fa, la differenza di Jannik Sinner era apparsa a tutti fin da subito evidente: così come giovinezza, inesperienza, sviluppo fisico e comprensione del gioco erano state fin dall'inizio considerate tappe intermedie di un percorso che prima o poi sarebbe giunto a compimento. La sua crescita, negli anni successivi, è proseguita inesorabile, mal compresa da chi osservandone gli acciacchi andava professando l'ennesima incompiutezza a cui si sarebbe andati incontro. Ma non da chi, avendo già percorso quella strada e comprendendone la difficoltà, non mancava di farne notare progressi, piccole e grandi conquiste, ora sotto forma di primi titoli ora in sconfitte tanto cocenti quanto formative per continuare a calibrare meglio le coordinate di quel viaggio.
Gli indizi erano evidenti. E solo in parte trovavano riscontro nei suoi risultati. C'era una famiglia di solidi valori alle spalle, un team di cui venivano sempre sottolinate armonia e unità d'intenti, il carattere del ragazzo, caparbio nel rifiuto della sconfitta in campo e lucido nell'individuare nel lavoro l'unica chiave in grado di dargli le risposte che andava cercando. "Trust the process", fidarsi del processo, ripeteva Sinner. "E' un processo e oggi conosco meglio me stesso, il mio fisico e quello che posso fare in campo", ha continuato a ripetere, perfino a caldo dopo il trionfo di Melbourne.
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— Darren Cahill (@darren_cahill) January 28, 2024
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