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Già qualificato per le semifinali delle Next Gen Atp Finals 2019 Sinner pensa partita per partita: "Voglio vincere anche la terza del girone senza guardare troppo in là. I tifosi qui sono speciali. Ma il favorito non sono io, De Minaur arriva da una stagione ottima"
di Gabriele Riva | 06 novembre 2019
Tre game lasciati in 56 minuti scarsi, una visibile differenza di ritmo, una maggiore attitudine alla superficie. Il tutto, come al solito, riassunto alla perfezione dalle parole del diretto interessato. “È stato un match molto rapido, veloce”. Tanto da permettere di guardare subito più in là, alle semifinali, per le quali Jannik è già qualificato con una partita d’anticipo. “Non importa, anche giovedì scenderò in campo per vincere”.
E sicuramente per imparare, come sa chi gli sta vicino e come vuole la filosofia dello staff tecnico di Riccardo Piatti, con cui si allena praticamente da sempre. Ma c’è un'altra motivazione per, come direbbero nel calcio, onorare l’impegno: “I tifosi. Devo ringraziarli perché sono sempre fantastici in questi giorni con me, è molto emozionante giocare qua, quindi… cerchiamo di vincere anche domani”.
La differenza però l’ha fatta lui, soprattuto nei punti che contano, come ormai ha un po’ abituato tutti (ne ha vinti 4 su 5, contro Ymer): “Tutti mettiamo un po’ di extra concentrazione nei punti che contano, è normale”.
E poi con queste regole se ne giocano di più, di cosiddetti Big Points. “Ce ne sono molti, in pratica ogni volta che arrivi sul 40 pari te ne devi giocare uno. Però io ho servito bene, come ho fatto anche contro Tiafoe". Il che aiuta non poco. "Adesso c’è un altro match importante da giocare, senza guardare troppo avanti”.
E a chi gli chiede se ora, dopo questo 2 su 2, si sente il favorito, lui fa quasi spallucce: “No, io sono l’ottavo qui, non sono io il favorito. La pressione è addosso agli altri, soprattutto a De Minaur, che ha avuto una grande stagione”.
Quello di Jannik è comunque un tennis che resta negli occhi di tutti, soprattutto degli appassionati che lasciano l’Allianz Cloud verso la umida notte milanese. Un gioco raro, che forse non assomiglia ad alcun italiano che lo ha preceduto. Nemmeno a quello di quell’Andreas Seppi che per il piccolo Jannik era una specie di idolo d'infanzia.