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L'Italia non giocava una finale di Coppa Davis dal 1998, dall'infortunio di Andrea Gaudenzi contro la Svezia al Forum di Assago, Milano. Il percorso e i protagonisti di quell'impresa sfiorata.
25 novembre 2023
Jannik Sinner ha trascinato l'Italia all'ottava finale di Coppa Davis della nostra storia. Non era ancora nato, e non lo erano nemmeno Matteo Arnaldi e Lorenzo Musetti, quando gli azzurri giocavano l'ultima, nel 1998.
Il capitano, Paolo Bertolucci, contava in singolare su Andrea Gaudenzi, oggi presidente dell'ATP, e syllo spezzino Davide Sanguinetti. Si completavano bene il faentino, lottatore da fondo e specialista della terra battuta, e lo spezzino, più adatto all'erba e alle superfici veloci. Per il doppio, poi, c'è il Davis-man Diego Nargiso. Il percorso azzurro nel 1998 comincia con un successo contro l'India. Poi a Prato, sempre sul rosso, affrontiamo lo Zimbabwe dei fratelli Wayne e Byron Black: vinciamo 5-0.
In semifinale si va a Milwaukee, negli USA, dopo lo US Open. Si gioca dal 25 al 27 settembre,. Negli Stati Uniti mancano Pete Sampras e Andre Agassi, e fa non poca differenza. Giocano Todd Martin, allora numero 28 del mondo, e Jan-Michael Gambill, il bello della squadra, numero 50 ATP con lineamenti da modello.
L'Italia ci mette sostanza e spirito di gruppo. Gaudenzi supera Gambill in quattro set, compresi due tesissimi tie-break. Poi Sanguinetti, che gioca probabilmente la sua miglior partita in nazionale, non lascia nemmeno un set al due volte finalista Slam Martin. In doppio, Gaudenzi e Nargiso chiudono il discorso contro Martin e Gimelstob.
Alla prima finale in Italia dopo sei trasferte, contro la Svezia dei due Magnus, Norman e Gustafsson, sulla terra rossa del Forum di Assago, gli azzurri Andrea Gaudenzi e Davide Sanguinetti, esaltati dal colpaccio contro gli Stati Uniti a Milwaukee, sentivano di potersi giocare la storica occasione, addirittura 18 anni dopo la sfortunata finale di Praga. Forti anche di un buon doppio, Gaudenzi-Nargiso.
Per essere presente allo storico appuntamento al quale aveva largamente contribuito, Andrea, oggi presidente dell’ATP, aveva rimandato l’operazione ai tendini sfilacciati della spalla destra. Che, però, ahilui e ahinoi, sforzati ulteriormente dal batti e ribatti da fondo contro Norman (futuro re di Roma e finalista al Roland Garros 2000), sul 7-6 6-7 6-4 3-6 6-5, sulla soglia del tie-break decisivo, dopo lamenti e sofferenze, pillole e smorfie del guerriero azzurro, si spezzò.
Lasciando penzoloni, senza forza, il braccio del faentino e simbolicamente anche le speranze italiche. Andrea, in lacrime, si ritirò clamorosamente alzando bandiera bianca anche a nome della squadra. Che si liquefece in un amen.