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Djokovic senza limiti, Korda lo sfianca ma non basta | VIDEO

In una memorabile finale al Memorial Drive Djokovic piega Korda dopo oltre tre ore di partita. Eguaglia così i 92 titoli ATP di Nadal. Solo Connors, Federer e Lendl ne hanno vinti di più

di | 08 gennaio 2023

Si punta l'indice alla tempia, poi verso le orecchie. Novak Djokovic ha vinto di testa e vuole sentire fino in fondo la gioia dei suoi tifosi. Dopo oltre tre ore di battaglia nella finale dell'Adelaide International 1, il numero 1 del mondo ha spezzato il sogno di un ottimo Sebastian Korda che deve rimandare ancora il primo successo in carriera contro un Top 5.

Il serbo, quarto per numero di finali giocate nel circuito ATP (131), l'ha battuto 67(8) 76(3) 64 e ha raggiunto Nadal al quarto posto fra i più titolati nel tennis maschile nell'era Open. Djokovic ha festeggiato il titolo numero 92 grazie al 23mo successo nelle ultime 24 partite giocate, il 34mo consecutivo in Australia, il decimo in carriera ad Adelaide dove aveva trionfato in un altro torneo nel 2007.

Korda sogna l'impresa

Korda, che ha battuto solo un Top 10 sul duro in carriera, sceglie da subito di sfidare Djokovic in scambi prolungati rovescio contro rovescio. Nonostante venga costretto ai vantaggi due volte nei primi tre turni di battuta, lo allontana dal centro poi con armonica fluidità anticipa il cambio di direzione in lungolinea.

Djokovic, maestro di strategie con pochi rivali nell'esacerbare i punti deboli degli avversari, accetta la sfida. Sa bene, per esempio, che un colpitore elegante come lo statunitense fatica di più su una palla veloce, bassa e vicina al corpo.

Finalista alle Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals 2021 (perse contro Alcaraz), Korda ha forgiato un tennis elegante, efficiente. Sembra che spenda poche energie, che tutto gli riesca naturale. Per buona parte della scorsa stagione, però, l'estetica che soddisfa anche i puristi più nostalgici non è sembrata sufficientemente sostenuta dallo spessore della presenza scenica. 

Le finali a Gijon e Anversa con cui ha chiuso il 2022, che l'hanno proiettato in Top 30, e l'atteggiamento mostrato questa settimana suggeriscono un cambio di passo.

Il break per salire 5-4 conferma la tendenza. Ma se non ha ancora mai battuto un Top 5, se ha vinto solo otto delle precedenti undici partite contro un Top 10, un motivo ci sarà. Quando va a servire per il primo set, infatti, Korda sale 40-0 ma non riesce a chiudere. Djokovic attiva la modalità-muro e nasconde allo sguardo del giovane rivale l'orizzonte del successo.  

Korda è abituato a convivere con la competitività, con le pressioni dello sport di alto livello. Gli esempi in famiglia non gli mancano. Il padre Petr ha vinto l'Australian Open ed è salito fino al numero 2 del ranking ATP, la madre Regina è stata numero 26 WTA, le due sorelle hanno scelto invece il golf: Nelly è stata la numero 1 del mondo nel 2021, Jessica al massimo numero 8.

Lo statunitense manca un quarto set point nel dodicesimo game, e altri due al servizio nel tiebreak che chiude il set. A lungo ripenserà al diritto lungolinea che per questione di centimetri non gli è valso il punto del 7-4. 

Anche Djokovic, però, nel tiebreak qualche errore per lui inusuale, come la stecca di diritto dal centro sul set point (7-6). Alla fine, alla settima occasione, dopo un'ora e un quarto di rollercoaster emozionale, Korda chiude 10-8 e allunga a quattro la serie di tie-break vinti di fila nel circuito ATP.

Poi esulta con il pugno rivolto verso il blu del cemento del Memorial Drive, il suo modo per dire a Nole e ai tifosi "sono qui, e sono qui per vincere".

Adelaide International 1, Djokovic ribalta la finale

Il secondo set, più lineare anche se non inferiore per intensità o qualità, procede con turni di battuta più rapidi e meno colpi di scena. Almeno fino al 6-5 Korda. Djokovic infiamma i tanti tifosi serbi presenti, che fin dal primo giorno l'hanno fatto sentire a casa un anno dopo l'espulsione dall'Australia in quanto non vaccinato, con lo smash incrociato che cancella il primo match point per il giovane rivale. E allunga anche il secondo set al tie-break.

Non è facile per Korda giocare e farsi amare in un posto così, mentre intorno è tutto un tripudio di bandiere serbe e di cori "Nole! Nole!". Non è facile mantenere freddezza e concentrazione, lucidità nelle scelte e fluidità nelle esecuzioni, quando vedi che il risultato più prestigioso della tua carriera, che sembrava a distanza di braccio, inesorabilmente si allontana. 

Il suo tie-break è una successione di quasi-vincenti, di scelte quasi giuste, mentre Djokovic non sbaglia niente e con ferocia smantella ogni sua certezza. Gladiatorio, chiude 7-3, forte di un notevole 86% di punti vinti con la prima di servizio e di un ancora più rilevante 69% con la seconda nel parziale, e chiede ancora maggiore partecipazione al pubblico, pronto a obbedire e scaldare l'arena ancora di più, dopo due ore e 17 minuti non sufficienti a determinare il vincitore dell'Adelaide International 1. 

Alla fine del secondo set Djokovic lascia il campo, e lascia Korda a riflettere sui fiori non colti nelle prime due ore e 17 minuti di partita. 

Irrequieto, Korda si siede sulla panchina, poi si rialza, poi si risiede di nuovo. L'attesa si allunga, e allora si mette a misurare a passi svelti l'ampiezza del campo. Ha il naso rosso e lo sguardo inespressivo, che però esprime benissimo il ribollire della sua frustrazione. Battere Djokovic ai mind games, non lo scopriamo certo oggi, è ancora più difficile che sconfiggerlo in campo.

Korda medita su come riprendere il filo del match, su cosa modificare di un piano di gioco in cui, se non proprio tutto giusto, quasi niente si è dimostrato sbagliato. La risposta è la più semplice. Korda cambia il meno possibile. Tira diritto, anche perché dalla parte del rovescio qualche crepa c'è. 

Lo statunitense tiene ancora in piedi la partita, la rialza come Marc Marquez fa con la sua Honda mentre ogni altro pilota cadrebbe insieme alla sua modo. Sotto 1-2, cancella due palle break, di fatto due match point anticipati e mascherati. La conclusione, però, è soltanto rimandata. Djokovic dura di più e conferma, ancora una volta, la differenza che passa tra essere e sognare di essere un campione. Un confine sottile che Korda ha tutto per scavalcare. Dopo questo torneo, e una finale giocata così, sa di essere sulla strada giusta.

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