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I Cinque Cerchi del tennis, fra favole e delusioni

Da quando nel 1988 a Seoul il tennis è tornato ufficialmente nel programma dei Giochi Olimpici, l'evento a Cinque Cerchi è stato teatro di momenti storici per la racchetta, sorprese ed enormi dispiaceri. Perché, anche se i protagonisti sono sempre gli stessi, quello Olimpico non sarà mai un torneo come gli altri

di | 23 luglio 2021

Quella fra il tennis e i Giochi Olimpici è una storia lunghissima, ma con un asterisco. Perché lo sport della racchetta ha fatto parte del programma a Cinque Cerchi dal 1896 al 1924, incoronando anche la divina Suzanne Lenglen, la 19 volte campionessa Slam Helen Wills e il “Barone” Uberto de Morpurgo, bronzo a Parigi nel ’24 e unico italiano a conquistare una medaglia nel tennis. Ma poi ci sono state parecchie edizioni senza tennis, tornato nel 1968 a Città dei Messico come sport dimostrativo e riammesso ufficialmente nel programma dal 1988, con i Giochi di Seoul.

Un’edizione che ha lasciato subito un segno tangibile nei libri di storia, visto che l’Oro del singolare femminile andò a Steffi Graf, nello stesso anno che vide la leggenda tedesca conquistare anche Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e Us Open, completando così il primo (e unico) Golden Slam, grande obiettivo nel mirino di Novak Djokovic.

L’edizione successiva, nel 1992 sulla terra battuta di Barcellona, è invece ricordata per la storica impresa dello svizzero Marc Rosset, che si travestì da eroe battendo una lunga serie di avversari di spessore. Come Wayne Ferreira, il numero uno Jim Courier, Emilio Sanchez nei quarti, Goran Ivanisevic in semifinale e lo spagnolo Jordi Arrese in una finale eterna da 5 ore e 12 minuti, terminata 8-6 al quinto set. Un successo al quale il gigante di Ginevra, poi arrivato fra i primi 10 della classifica mondiale, deve buona parte della sua popolarità, anche se qualche anno più tardi sarebbe arrivato un altro svizzero a ridimensionarne le imprese.

Si tratta naturalmente di Roger Federer, che alle Olimpiadi deve molto dal punto di vista personale (a Sydney 2000 conobbe la futura moglie Mirka), ma non è mai riuscito a conquistare l’Oro in singolare, una delle più grandi macchie nel suo palmarès. Roger ce l’ha fatta solamente in doppio, nel 2008 a Pechino con Stan Wawrinka, in un’edizione dolce a metà visto che il titolo del singolare andò al suo grande rivale Rafael Nadal, che dopo averlo detronizzato a Wimbledon si prese anche la medaglia d’oro, guadagnando i punti necessari per scippargli (per la prima volta) la vetta della classifica mondiale.

In quel 2008 Federer (che si arrese ai quarti a James Blake) era il grande favorito, proprio come lo era stato quattro anni prima ad Atene, dove capitolò al secondo turno contro Tomas Berdych. Così, in Grecia la gloria fu tutta per Nicolas Massu, oggi coach di Dominic Thiem, protagonista di un torneo da favola. Non solo si impose in doppio col connazionale Fernando Gonzalez (bronzo in singolare), ma conquistò anche l’Oro individuale battendo Mardy Fish in cinque set in finale.

Le edizioni vinte da Arrese e Massu sono rimaste le più sorprendenti nella storia moderna del tennis ai Giochi, che nel 1988 incoronò Miloslav Mecir, nel 1996 ad Atlanta il padrone di casa Andre Agassi e nel 2000 a Sydney il russo Yevgeny Kafelnikov. Di Andy Murray, unico a vincere due volte in singolare, le medaglie d’oro del 2012 a Londra e del 2016 a Rio de Janeiro, dove superò in finale Juan Martin Del Potro, giustiziere all’esordio del grande favorito Novak Djokovic, in lacrime dopo la sconfitta per aver fallito uno dei più grandi obiettivi della sua stagione.

Quando il tennis diventa d'oro: da Seoul '88 a Rio 2016

Quella londinese del 2012 è stata l’edizione di maggior successo e anche la più affascinante, visto che si disputò sui sacri prati dell’All England Club, a sole tre settimane dal titolo di Wimbledon. Ai Championships vinse Federer, mentre nel torneo a Cinque Cerchi arrivò la rivincita di Murray, antipasto di quanto sarebbe successo sul Centre Court l’anno successivo, quando lo scozzese diventò il primo britannico a vincere a Church Road dai tempi di Fred Perry, interrompendo una maledizione lunga 77 anni.

Ma le Olimpiadi in stile Wimbledon sono state preziosissime anche per altri, consegnando un meritatissimo Oro Olimpico a Serena Williams in singolare (e pure in doppio, con la sorella Venus), e a Bob e Mike Bryan nel doppio maschile. Dopo aver vinto praticamente tutto, ai gemelloni statunitensi mancava giusto una medaglia del metallo più prezioso, arrivata a completare una storia di successo difficilmente ripetibile. Nel 2012 anche il ritorno Olimpico del doppio misto, che mancava dal 1924. Vinsero i bielorussi Victoria Azarenka e Max Mirnyi, succeduti a Rio de Janeiro dagli statunitensi Jack Sock e Bethanie Mattek-Sands.

Nelle otto edizioni moderne al femminile, i Giochi sono stati in quattro occasioni un affare statunitense: non solo Serena nel 2012, ma anche la sorella Venus nel 2000, Lindsay Davenport nel 1996 e Jennifer Capriati quattro anni prima, quando negò il bis Olimpico alla campionessa in carica Steffi Graf. Nel 2004 ad Atene il trionfo di Justine Henin; nel 2008 a Pechino il titolo di Elena Dementieva, sul gradino più alto di un podio interamente russo, con l’argento di Dinara Safina e il bronzo di Vera Zvonareva.

A Rio 2016, invece, l’impresa di Monica Puig, la vincitrice più sorprendente nella storia del tennis femminile ai Giochi. La portoricana si inventò il torneo della vita da numero 34 del mondo, sparando la bellezza di 54 colpi vincenti nella finale contro Angelique Kerber e consegnando al piccolo stato di Porto Rico la sua prima medaglia d’oro Olimpica in oltre 70 anni di storia ai Giochi. Un’impresa così grande che Monica non riuscì a trattenere le lacrime durante l’intera cerimonia di premiazione, continuando ad accarezzare la sua medaglia e faticando a credere di essersela messa al collo per davvero.

Quel trionfo sembrava destinato a lanciarla fra le big, invece gli anni successivi avrebbero raccontato una storia differente, perché la portoricana certi picchi di rendimento li ha raggiunti solo e soltanto quella settimana, animata da uno spirito olimpico che può fare miracoli. A lei ha permesso di scrivere un pezzo di storia del suo paese, il sogno di chiunque prenda parte ai Giochi. Con la racchetta o meno.

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