Lo scozzese arriva a un passo dal barato contro il tedesco Otte, n.159 del mondo: sotto due set a uno, con il diritto spuntato, sembra pronto per un’uscita malinconica. Poi, per l’ennesima volta nella carriera ruggisce e reagisce, ritrova anche la profondità dei colpi: vince 6-4 a quinto set. E il tempio del tennis esplode nella notte
di Enzo Anderloni | 30 giugno 2021
Abbiamo tutti bisogno di eroi. Andy Murray, l’eroe documentato in Resurfacing, l’ex n.1 del mondo con l’anca bionica, è l’eroe del Centre Court di Wimbledon, il campione che non si arrende mai. L’ex ragazzo di Dunblane che non vuole mollare,non vuole rinunciare al gusto di combattere davanti alla sua gente, anche quando in palio non c’è più la coppa d’oro con l’ananas sul coperchio ma solo l’accesso a un terzo turno, battendo il n.159 del mondo.
La serata di Sir Andrew nel Tempio del tennis è un’altra di quelle storie di sport e passione che hanno segnato la carriera di questo campione.
Non è più tempo delle medaglie olimpiche, dei due titoli ai Championships (2013 e 2016) o del prima to in classifica conquistato nel 2016 con una straordinaria galoppata conclusa vincendo anche le Nitto Atp Finals a Londra.
Questo è il tempo in cui battere Oscar Otte, uno che viene dai Challenger, che non è stato mai più di n.139, è il trofeo da conquistare.
Dopo aver eliminato Nicoloz Basilashvili, n.28 del mondo, avrebbe dovuto essere facile. E invece, in un Centre Court che si stringe intorno al suo eroe, il primo britannico a vincere Wimbledon dopo Fred Perry nel 1936, Otte appare fortissimo per un Murray che serve benino, impatta adeguatamente con il rovescio bimane ma si incarta nel diritto che non riesce a spingere, gioca troppo corto.
Vince il primo set ma non prende il comando delle operazioni e a quel punto diventa un bersaglio per il tedesco segaligno, una specie di Pippo con barba e racchetta, che spara servizio e diritto per poi venirsi anche a prendere i punti a rete, con una mano dolce e sicura.
Il secondo e il terzo set sono un calvario. Andy sta lì, prova a tenere, ma il suo gioco pare un colabrodo, trafitto un colpo dopo l’altro dai colpi di un giocatore, Otte, che a inizio stagione ha perso anche con il nostro giovane Giulio Zeppieri.
La prima di servizio non entra più. E tenere la battuta è ogni volta una sofferenza. La risposta di diritto è sempre un back difensivo, sul quale il tedesco fa il maramaldo.
Cominciamo a scrivere della malinconia di un tramonto così, proprio mentre tramonta la giornata su Londra e Andy prova ad aggrapparsi alla quarta partita.
Si comincia in equilibrio. Poi c’è la pausa per la chiusura del tetto che trasforma la partita in uno spettacolo indoor. E anche Andy quando torna in campo pare trasformato.
La gente sugli spalti è al 50% ma sembra il doppio, perché ogni punto vinto da Murray è un’ovazione. Perché quell’uomo in difficoltà che non si arrende è l’eroe del cuore di tutti.
Lui lo sente. Ed è questa la sua grandezza. Sembra nato non da mamma Judy ma dalla penna di Kipling. Quando nessuno sembra poter più credere in lui è lui che vuole crederci di più. Il diritto ritorna da chissà quale abisso e Andy ruggisce, digrigna i denti come solo a lui abbiamo visto fare. E quando fa così, non molla più, come fosse questione di vita o di morte. Si fa sentire: è un c’mon” a ogni “quindici” conquistato.
La gente lo sente. E anche Oscar Otte lo sente.
Porta a casa il quarto set perché il tedesco, messo sotto pressione anche con il diritto, comincia a regalare qualcosa.
Il quinto è una corrida all’inglese, il centre Court trasformato in un’arena erbosa. I canini di Murray entrano nella palla.
La moglie Kim, che sistemava sconsolata la messa in piega alla fine del terzo set, ora si è infilata lo spolverino color cipria e applaude con quel sorriso basito che hanno le mogli quando guardano il marito inseguire le sue passioni e pensano: sei proprio incorreggibile.
Murray prende un break di vantaggio e serve sul 4-2. Game interminabile che riesce a conquistare con un clamoroso passante di rovescio lungolinea.
Cambia campo e va rispondere. Si sistema il berrettino bianco con le ali rosse del marchio AMC, Andy Murray Castore. Cinque punti dopo un meraviglioso lob di rovescio scavalca i 191 centimetri di Oscar Otte e consegna l’highlander alla sua leggenda.
Mamma Judy mastica nervosamente il suo chewing-gum. Il Centre Court è tutto in piedi ad applaudire. Gli occhi di Andy sono umidi.
Dopo 3 ore e 51 minuti il tabellino recita: 6-3 4-6 4-6 6-4 6-2.
Si mette il borsone bianco e verde in spalla e affronta il microfono sul campo, l’ultima fatica.
“Ti è piaciuta la serata?” Gli domandano. “Mi è piaciuto come è finita” risponde lui stravolto.
“Quando sei tornato dopo la pausa di chiusura del tetto sembravi un altro…”
“Ho cominciato a spingere di più i miei colpi, a fare più gioco, a rischiare - spiega - Dovevo fare qualcosa di più e di diverso. Ora ho un giorno di riposo e venerdì cercherò di essere pronto sperando di ritrovare un’altra atmosfera così”.
Il centre Court esplode ancora mentre lo saluta. Perché sa che non è l’ultima volta.
La prossima sfida sarà con il canadese Denis Shapovalov.