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De Morpurgo e De Stefani: magico "De" di due finali Interzone

In occasione del centenario dell’Italia in Coppa Davis ripercorriamo, con cadenza settimanale, tutti i giovedì fino all’8 settembre, la storia del tennis nostrano attraverso i grandi eventi del tennis azzurro e i personaggi cardine delle varie epoche, che hanno caratterizzato anche le squadre nella massima competizione mondiale per nazioni del nostro sport

di | 04 agosto 2022

Dapprincipio, il tennis era nobile, ricco, irraggiungibile ai più. Era così nel mondo, con leggi assurde come il Challenge Round che consentivano al campione uscente di attendere direttamente nella finale dell’anno dopo il vincitore del torneo di quella stagione. Era così anche in Italia, dove lo sport delle racchette era lontano dalla gente come il Giardino dei Finzi Contini, disegnato dalla magica penna di Giorgio Bassani. Il tennista di punta portava un “De” iniziale nel cognome che era come il muro di cinta di un castello medioevale e si sintetizzava in Uberto Luigi De Morpurgo: triestino, nato sotto la bandiera asburgica, allevato in Inghilterra, il barone abbracciò il tricolore e negli anni 20 entrò nei primi 10 del mondo mettendo le pietre miliari del tennis italiano nei grandi tornei.

A cominciare dal bronzo olimpico del 1924, superando il campione di Wimbledon, Jean Borotra, per continuare con le semifinali del Roland Garros 1930 perse con Henri Cochet. Due anni dopo, nel 1932, sulla sua scia, il veronese Giorgio De Stefani fu il primo italiano a raggiungere la finale Slam, sempre nel tempio della terra rossa, al Roland Garros, sempre battuto dallo stesso Moschettiere. E due anni dopo ancora, nel 1934, perse in semifinale col mitico barone tedesco Gottfried Von Cramm, dopo aver eliminato nei quarti un altro immortale, Fred Perry.

De Morpurgo è stato il vero pioniere della Davis che si può chiamare azzurra solo dall’Olimpiade di Los Angeles del 1932 quando la nazionale vara le divise di quel colore per onorare la dinastia dei Savoia.

Il barone è il pilastro attorno al quale ruotano come secondo singolarista Clemente Serventi, Placido Gaslini e Cesare Colombo, il protagonista del primo trionfo casalingo, il 19 maggio 1926, 3-2 contro l’Olanda  al Lawn Tennis Roma in via Flaminia. Dove anche Uberto, da solo, non riesce ad evitare la sconfitta per 3-2 contro la Gran Bretagna. Ha bisogno della spalla di qualità, l’ambidestro De Stefani, che gioca due dritti, sia di destro che di sinistro e lotta col coltello fra i denti, caratterizzando le prime partite epiche: nel 1927 contro l’Ungheria a Budapest e poi contro la Francia a Roma, quando sostiene il leggendario doppio con De Morpurgo che batte Cochet & Brugnon, e lancia il successo di Uberto su Cochet, già campione del Roland Garros, e prossimo campione di Wimbledon e dei campionati americani (i futuri US Open). Così, anche se poi sul 2-2 il romano di adozione cede a Cochet, il mondo accende per la prima volta i riflettori sull’Italia.

Il 1928 è l’anno della consacrazione di quella squadra che, con De Morpurgo capitano-giocatore, il 5-7 maggio al Tennis Club Genova, batte 4-1 l’Australia dei gesti bianchi, forte di Gerald Patterson, Jack Crawford e Harry Hopman.

E’ il viatico della grande impresa: dopo Romania e India, gli italiani disputano la prima semifinale della Zona europea in Gran Bretagna a Felixstowe e con De Morpurgo, nato tennisticamente sull’erba, trascinatore, firmano lo storico 4-1 sul campo dei maestri.

La finale europea sul campo Porro Lambertenghi al TC Bonacossa di Milano, la rimonta contro la Cecoslovacchia, con De Morpurgo che sigla il 2-2 al quinto set e l’avvocato Gaslini, che incassa un terrificante 6-0 iniziale, ma poi diventa l’eroe della patria realizzano pagine epiche del tennis italico. Anche se la finale interzone di Parigi finisce con un secco 0-3 contro gli Stati Uniti.

De Morpurgo, che si ritirerà a 39 anni, può vantare un’altra impresa, un’altra finale interzone, nel 1930. Dopo Egitto ed Austria, è ancora protagonista contro l’Australia al Tennis Club  che ospita la prima edizione degli Internazionali d’Italia. Il barone supera Crawford ed Hopman, e poi è l’anima della rimonta contro il Giappone di Takeichi Harada a Genova. Anche se poi la sfida contro gli Stati Uniti di George Lott, Wilmer Allison e John Van Ryn risulta ancora improba.

Dal 1932 la nazionale cambia pelle, spunta la stella di Giovanni Palmieri, ma gli ultimi fuochi sono dei grandi vecchi, De Stefani e, soprattutto, De Morpurgo che rientra in squadra nel ’33 e batte Fred Perry sull’erba di Eastbourne. Il De & De se ne va ed arriva la Guerra.

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