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Il serbo perde il primo set ma poi regola senza patemi il britannico Norrie: per lui, che è a corto di punti e forse non potrà andare negli Usa, vincere Wimbledon potrebbe essere determinante per la qualificazione alle Nitto ATP Finals
di Enzo Anderloni | 08 luglio 2022
Gli è bastato infilarsi il cappellino per far girare la partita. Novak Djokovic aveva probabilmente altre cose per la testa quando è sceso sul centre Court per affrontare il ‘local hero’ Cameron Norrie. I britannici non avevano protagonisti a questo livello dai tempi del miglior Andy Murray e le speranze erano altissime.
Non altrettanto, per il momento, il livello del 26enne nato a Johannesburg e ora n.12 del mondo. Giocatore intelligente, gran lavoratore ma con un peso di palla che non può ancora impensierire i primissimi. Forse per questo Djokovic si è un po’ distratto in avvio, quasi appisolandosi sul tennis per lui “slow” dell’avversario.
Poi, persa la prima partita, deve essersi ricordato che la vittoria a Wimbledon per lui, oltre che rappresentare il 21esimo titolo Slam, 7 titolo ai Championships, potrebbe essere una chance quasi unica di qualificarsi per le Nitto Atp Finals di fine anno, considerato che al momento non potrebbe andare negli States a giocare i tornei sul duro e gli Us Open. E si è calcato sulla testa un bel berretto bianco con visiera, riconducendo l’attenzione alla palla che Norrie gli ributtava di la dalla rete, con lodevole regolarità.
A quel punto non è che il povero Cameron sia calato: semplicemente Djokovic ha interpretato se stesso in modo accettabile e il match non ha avuto più storia, tranquillo viatico per il serbo verso la 32esima finale su 68 partecipazioni a tornei del grande Slam.
Il punteggio di 2-6 6-3 6-2 6-4, in 2 ore e 35 minuti, manda agli annali una partita noiosetta che permette a Djokovic di andare a giocarsi una sfida che non vale punti ATP ma, per il regolamento delle Nitto ATP Finals, garantisce al vincitore un posto tra gli otto del grande evento di fine stagione, a patto che riesca a piazzarsi tra i primi venti della classifica “race” finale.
Al momento Djokovic è n.10 di questa “Pepperstone Race to Turin” e, come anticipato, potrebbe non avere tante possibilità di aumentare il suo bottino, considerato che anche un successo dopodomani contro Nick Kyrgios varrebbe “zero punti” e il suo non essere vaccinato contro il Covid-19 gli impedisce al momento di entrare negli States, dove da oggi a metà settembre c’è in palio un grande bottino di punti.
Il grande paradosso è che, dovesse imporsi Nick Kyrgios (che contro Djokovic ha vinto entrambi gli scontri diretti, risalenti al 2017), la qualificazione per Torino sarebbe tutt’altro che certa visto che l’australiano è attualmente n.37 della Race to Turin, ben lontano dei primi 20.
Al di là di questi risvolti numerici il confronto tra il n.1, forse di sempre, e il più grande talento non pienamente espresso di questa generazione, il “poeta maledetto” della racchetta, è il finale più incerto e teatrale che Wimbledon poteva regalarci.
Con la consapevolezza (mannaggia...) che il più vicino a battere Djokovic ai Championships è stato il nostro Jannik Sinner, che quest’anno a Miami ha dato una vera lezione di tennis al sig. Kyrgios…