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La ripartenza stagionele contro l’Australia in ATP Cup ha messo in mostra un Sinner tirato a lucido e un Berrettini non ancora al Top che ha trovato un De Minaur Super. Il doppio di Matteo e Bollelli, finalista a San Pietroburgo nel 2019, non è bastato contro gli specialisti di casa, Saville e Peers. Non tutto però è perduto..
di Enzo Anderloni | 02 gennaio 2022
Si ricomincia subito così, con la squadra italiana schierata e l’Inno di Mameli da cantare tutti insieme: Matteo Berrettini, Jannik Sinner, Lorenzo Sonego, Fabio Fognini, Simone Bolelli. Emozioni subito, pelle d’oca ancora prima di veder colpire la prima palla, perché l’immagine e la situazione rimanda alle meraviglie del 2021 e fa subito sognarne di nuove. Come se il circuito fosse una serie tv colossal con gli azzurri protagonisti: ATP Cup è la prima puntata della nuova serie.
Jannik Sinner lo ritrovi come speravi di rivederlo se un po’ lo conosci: migliorato ancora. Con il 23 enne Max Purcell che gli australiani gli oppongono al posto di James Duckworth, n.49 (probabilmente perché lo conosce bene e confida di riuscire a metterlo in difficoltà come a tratti gli era riuscito nei due precedenti faccia a faccia), è subito nella versione “Deluxe” che avevamo imparato a goderci a Torino, tra Nitto ATP Finals e Davis Cup Finals.
Il “plus” è che non ha alcuna esitazione da debutto stagionale, da discesa in campo con la maglia azzurra nello stadio dei padroni di casa. Fa semplicemente paura. Lo aveva detto Riccardo Piatti che per loro gli Open d’Australia erano il finale della stagione 2021 e che nel breve tempo a disposizione per allenarsi (la preparazione vera la faranno dopo Melbourne) stavano lavorando soprattutto sul servizio e su una maggiore aggressività: Jannik batte forte, solido, preciso, continuo. E poi martella in modo impressionante. Le inquadrature sul salottino (quella dell’ATP CUP non può definirsi ‘panchina’) australiano mostrano capitan Hewitt e soci a scambiarsi sguardi di imbarazzo rassegnato. Come si fa contro uno così?
Persino un passaggino a vuoto a metà della seconda partita viene digerito da Jannik come una nocciolina: che giocatore! La cosa che gli richiede più impegno alla ken Rosewall Arena oggi è cercare di sistemare la grande matassa di capelli rossi che gli esplode sulla testa quando si toglie il cappellino per l’intervista di fine match.
Tutt’altra storia il ritorno in campo di Matteo Berrettini dopo l’infortunio contro Alexander Zverev nel match di esordio alle Nitto ATP Finals. Il romano, n.7 del mondo, sta bene ma Alex De Minaur, n.35 del mondo (non n.176 come Max Purcell), ha un modo di giocare ideale per creare problemi, sui campi duri, a un ‘bomber’ da servizio e diritto come il n.1 d’Italia. E si dimostra subito tirato a lucido come non mai.
D’altro canto il 22enne ‘baffetto’, nativo proprio di Sydney, due volte finalista alle Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals di Milano, dà sempre il meglio di sé quando gioca per il suo paese: dopo l’esordio in nazionale si è fatto tatuare sul petto il n.109, come centonovesimo giocatore della storia australiana ad essere selezionato.
Non deve dunque stupire se un Berrettini che è stato un po’ lento a carburare alla battuta si sia trovato subito a rincorrere: De Minaur ha nei riflessi e nella velocità dei piedi le sue armi migliori. Ha risposto sempre da vicino (e benissimo) e giocato gli scambi di controbalzo, togliendo più tempo possibile all’allievo di Vincenzo Santopadre, per impedirgli di caricare il diritto-cannone.
Il primo set è volato via, causa un break precoce. Il secondo è stato equilibratissimo ed è sfuggito per un’iniziale ‘esitation’ al tie-break mai più recuperata. Ci sarebbe voluto un Berrettini perfetto per vincere un match contro un avversario più sicuro e veloce negli scambi da fondo, sul cemento. Un Matteo con percentuali di servizio alte, sin dal primo game. Non è stato così e forse non poteva esserlo dopo un periodo di preparazione breve e complicato, seguito al recupero dall’infortunio.
La successiva scelta di capitan Santopadre è di quelle che raramente si vedono: rimettere in campo per il doppio il giocatore che ha appena perso, per quanto forte sia. Matteo con il doppista Simone Bolelli a giocarsela contro gli specialisti John Peers e Luke Saville (fresco di matrimonio con la collega Daria Gavrilova).
Non una scelta obbligata come quella vincente dei russi, che hanno schierato Medvedev (battuto dal francese Humbert) con Safiullin perché il loro terzo non era competitivo. Di sicuro molto rischiosa. Un’opportunità al n.1 d’Italia per essere lui a raddrizzare la baracca nel giorno dell’esordio con il nuovo marchio di abbigliamento (Hugo Boss) e le nuove calzature (Asics).
Invece è andata storta: il duo “aussie” ha giocato da par suo e gli azzurri, che insieme erano stati finalisti nell’ATP di San Pietroburgo del 2019, non sono riusciti a sfruttare un set point sul 5-4 nel secondo set (gran prima palla di John Peers sul punto decisivo).
Nessun dramma: ora bisognerà battere sia la Francia martedì che la Russia giovedì, con i punteggi più netti possibili, sperando che agli australiani non riesca l’en plein che garantirebbe loro il primo posto nel girone.
Un percorso che offre ancora opportunità e di sicuro aiuterà i nostri ad arrivare agli Open d’Australia nelle migliori condizioni, rodati anche dal punto di vista emotivo dal confronto con avversari di livello molto alto, come è stato oggi a Sydney Alex De Minaur, che ha dichiarato di sentirsi in condizioni eccellenti e di non aver mai giocato così bene. Lo stesso vale per un Ugo Humbert, n.1 di Francia, capace di battere Medvedev, n.1 di Russia, n.2 del mondo e vincitore dell’ultimo Slam.