Nel primo match del “Group Tokyo 1970” Nole concede appena cinque giochi all’argentino Schwartzman, alla sua prima partecipazione alle ATP World Tour Finals. Stasera tocca a Medvedev e Zverev, nella riedizione della finale di Parigi-Bercy
di Tiziana Tricarico | 16 novembre 2020
Novak Djokovic si presenta da par suo, subito in “modalità cannibale”, alle Nitto ATP Finals (5.700.000 dollari di montepremi), che per il dodicesimo anno di fila si disputano alla “O2 Arena” di Londra prima di passare il testimone a Torino. Un’edizione del cinquantenario, sottolineata dai nomi assegnati ai due gruppi, giocata senza pubblico a causa della pandemia.
Nel primo match del “Group Tokyo 1970” il 33enne di Belgrado, primo favorito del seeding del seeding (premiato domenica quale numero uno del mondo “end year” per la sesta volta eguagliando Sampras), ha sconfitto per 63 62, in un’ora e 18 minuti di partita, l’argentino Diego Schwartzman, n.9 ATP ed ottava testa di serie, alla sua prima partecipazione all’evento conclusivo del circuito maschile.
Il diritto di Diego Schwartzman (foto Getty Images)
Il diritto in allungo di Novak Djokovic (foto Getty Images)
Ben 39 incontri vinti in stagione contro 3 sole sconfitte (ma 2 soltanto “sul campo” per mano di Nadal e Sonego) per Djokovic che sommati ai 5 trofei già conquistati alle Finals e al 5-0 dei precedenti (con Diego capace di strappare in tutto set ma sempre sulla terra) non rappresentano esattamente dati incoraggianti per Schwartzman.
Ed invece la partenza di Nole sembra concedergli qualche chance: primo turno di servizio in “sur place” grazie anche a due ace, ma secondo turno subito segnato dal break in favore de “El Peque” (2-1). Djokovic però si scuote e rimette subito le cose a posto (3-2) e poi nell’ottavo gioco strappa una seconda volta il servizio a Schwartzman chiudendo poco dopo il primo parziale (6-3).
Seconda frazione ancora più complicata per il 28enne di Buenos Aires che cede la battuta già in avvio. Djokovic si mette in “modalità cannibale”, Schwartzman accusa il colpo e nel quinto gioco concede un secondo break, incapace di trovare delle contromisure al tennis del serbo, indubbiamente più adatto al tipo di superficie. Il numero uno del mondo non concede più nulla e chiude 6-2 con una volée di diritto al terzo match-point.
I numeri fotografano fedelmente un match dominato dal serbo, che non ha dovuto nemmeno tirare fuori il suo miglio tennis contro un avversario che avrebbe avuto bisogno di un po’ più di collaborazione per fare partita pari. Djokovic ha messo a referto 26 vincenti contro 14 gratuiti (11 contro 13 quelli di Schwartzman), ma soprattutto ha ricavato molto di più dalla seconda di servizio (65% dei punti ottenuti contro il 35% dell’argentino), senza contare poi i 7 ace (2 i doppi falli) ed il 64% di prime in campo con le quali ha raccolto il 77% dei punti.
“Non è stato un grande inizio di match per me - commenta Nole -: ho perso il servizio nel terzo gioco ma per fortuna sono riuscito a brekkarlo subito. Nel secondo set le cose non andate molto meglio perché ho trovato di più il campo. Lui ha pagato un po’ l’emozione dell’esordio assoluto ed ha commesso qualche errore di troppo. Tutto sommato sono abbastanza soddisfatto di aver vinto in due set. Spero di salire di livello nei prossimi match. Giochiamo da tanti anni in questa arena ma senza pubblico l’atmosfera è davvero strana”.
Djokovic sale dunque a quota 40 match vinti in stagione (3 le sconfitte) che si sono tradotti nei titoli agli Australian Open, Dubai, Cincinnati e Roma. Per il serbo è la 14esima partecipazione al “Masters” di fine anno dove punta al sesto trofeo, dopo quelli conquistati nel 2008, 2012, 2013, 2014 e 2015, per eguagliare il record di Roger Federer.
Mercoledì Nole affronterà il vincente del match di stasera tra il russo Daniil Medvede ed il tedesco Alexander Zverev, trionfatore alle Finals nel 2018, riedizione della sfida per il titolo di Parigi-Bercy di otto giorni fa.
Un “battesimo del fuoco” per Diego Schwartzman, alla sua prima partecipazione alle Finals (l’altro esordiente di questa edizione è il russo Rublev). Per il 28enne di Baires un 2020 senza titoli ma con tre finali - Cordoba, Roma e Colonia 2 - ed una semifinale Slam, la prima in carriera, al Roland Garros: per lui un bilancio di 25 match vinti e 13 persi (ko londinese compreso).
Adesso per “El Peque”, primo argentino nell’élite mondiale dopo Juan Martin Del Potro e più basso ad aver raggiunto questo traguardo dopo lo statunitense Harold Solomon nel 1981, la strada si fa tutta in salita: è obbligato a battere sia Medvedev che Zverev, sul veloce praticamente una “mission impossible.