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Medvedev, il vento del cambiamento

Daniil Medvedev rimonta Rafa Nadal, che ha servito per il match sul 5-4 nel secondo set. Ha vinto la miglior partita del torneo finora. Sfiderà Dominic Thiem che l'ha battuto tre volte su quattro. "Ci siamo allenati un paio di volte insieme in settimana" ha raccontato Medvedev dopo la vittoria

di | 22 novembre 2020

Hanno battuto Djokovic e Nadal nella stessa edizione per conquistarsi la finale. Impossibile dire che non si siano meritati sul campo il diritto di sfidarsi per la corona nell'edizione numero 50 delle ATP Finals. Sarà Medvedev-Thiem la finale che chiuderà l'era londinese del ". Il russo supera 3-6 7-6(4) 6-3 Rafa Nadal nella partita più intensa delle ATP Finals 2020. Per la prima volta, due giocatori riescono a battere Rafa e Djokovic nella stessa edizione. Comunque vada, Londra incoronerà il sesto campione diverso negli ultimi sei anni alle Finals, la serie più lunga dalla fine degli anni Settanta.

"Ci siamo allenati un paio di volte insieme in settimana" ha detto Medvedev dopo la semifinale, "il mio coach diceva che Thiem sarebbe potuto arrivare in fondo". Ci sono arrivati entrambi, e si sfideranno per la quinta volta. L'austriaco è avanti 3-1.

Nadal imposta la partita con una strategia chiara. Serve forte, e viene avanti, sfruttando la posizione in risposta di Medvedev che rimane molto indietro anche contro la seconda. Di rovescio rallenta il gioco, ne gioca in slice o in back tre su quattro nel parziale. L'unico break, a zero, gli consente di servire per il primo set. Medvedev va in corto circuito, si spegne la luce. Sotto 3-4, non mette una prima. Nadal sale 5-3 e chiude il set.

Il russo, che toglie allo spagnolo la sicurezza nel dominio cerebrale degli spazi, firma il primo break all'inizio del secondo set, grazie anche al primo doppio fallo di Nadal. Per altri sei game, gioca da top player, da giocatore col disordine non improvvisato del genio di cui ha spesso parlato il coach Gilles Cervara.

Le tensioni del momento, come gli obiettivi delle telecamere sparati sul volto, fanno emergere le profondità dell'anima. Il settimo gioco rivela quanto ancora ci sia di istinto nel gioco di Medvedev che lascia il pensiero volare via nella O2 Arena deserta. La fretta lo induce a due palle corte dietro il servizio che cadono come note stonate.

Nadal infila due break consecutivi, recupera lo svantaggio, va a servire per il match e si avvia ai titoli di coda. Anzi no. Crollato dal 5-1 sopra nel terzo set un anno fa sotto il peso della pressione, Medvevev riscopre l'efficienza nella leggerezza. Quando sei spalle al muro non pensi, non hai più responsabilità, in fondo. Così mette in campo tutte le risposte, gioca profondo e sicuro, raddrizza il set, lo allunga al tiebreak e lo vince.

Nadal, memore anche della battaglia fisica di resistenza con Thiem, cerca di affrettare i tempi, di chiudere presto. Insegue una soluzione definitiva in velocità ma senza fretta. Colpisce forte, preciso, contro un avversario che non molla. Anzi, invece di arretrare avanza. E la partita diventa la migliore del torneo.

 

Tra primo e secondo set, Medvedev passa dal 23 al 50% di colpi con i piedi dentro il campo. Un cambio di passo rilevante, perché accorciare la distanza dalla rete consente di colpire prima, e per chi gioca piatto il vantaggio è evidente. Le traiettorie risultano più profonde, la pressione sull'avversario è più costante. In queste condizioni, dopo oltre due ore di battaglia, ogni centimetro guadagnato è un passo in meno verso la vittoria.

Quel passo lo compie il russo, che è più fresco e regge meglio alla distanza. Cadono i giganti, i nuovi re delle prossime generazioni si affacciano a prendersi la gloria in una O2 Arena lunare.

L'arena sorge lì dove passa la linea del meridiano di Greenwich, lì dove il tempo per convenzione definisce il suo punto riferimento nel mondo. Medvedev quel tempo l'ha fatto scorrere in battere e in levare, al respiro del suo tennis. L'ha portato in avanti, aprendo le porte all'epoca nuova che celebrerà il suo primo anno a Torino fra dodici mesi.

Il tempo passa anche per le leggende, in una settimana che da tradizione si presta ai bilanci, ai propositi e ai conti, anche quelli che non tornano più. 

Nadal può rimproverarsi poco in questa edizione. Ha perso le due battaglie contro i due futuri finalisti, due sfide diverse per morfologia e andamento, anche se accomunate poi dalla sostanza del risultato. Ha applicato quanto di buono aveva tratto dalla prima, contro Thiem, per prendere di petto Medvedev.

Ma il russo con quella sveltezza di pensiero che rappresenta il suo atout meno facile da contrastare, ha cambiato scenario. Come l'amico che con un cacciavite fa miracoli in una canzone di Lucio Battisti, ha aggiustato qualcosa qua e là quando si è trovato vicino alla sconfitta con Nadal a servire per il match. "La mente ha vinto" ha detto Medvedev, che con la sconfitta vicina è tornato a viaggiare, evitando le buche più dure. Il Big Ben per lui non ha ancora detto stop.

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