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Nel 1989 lo statunitense di origini taiwanesi Michael Chang stupiva il mondo vincendo al Roland Garros, a soli 17 anni, nei giorni in cui a Pechino l’esercito cinese reprimeva la rivolta degli studenti in piazza Tienanmen. E divenne un simbolo
di Enzo Anderloni | 11 giugno 2020
L’11 giugno del 1989 non era ancora caduto il muro di Berlino ma un ragazzo americano di 17 anni e 3 mesi fece cadere un record al Roland Garros, quello del più giovane vincitore di sempre, battendo in finale lo svedese Stefan Edberg in cinque set: 6-1 3-6 4-6 6-4 6-2.
Non fu solo un’impresa tennistica ed è rimasta impressa nella memoria di tutti quelli che l’hanno vissuta da spettatori (anche solo televisivi) proprio per la sovrapposizione tra l’evento sportivo e gli eventi storici dell’epoca, incarnata da Michael Chang, il ragazzino nato a Hoboken nel New Jersey da Joe e Betty, cinesi di Taiwan, che ribaltò le gerarchie del tennis mondiale mentre a Pechino, più di 100mila studenti scendevano in piazza Tienanmen per protestare contro il governo cinese chiedendo un’apertura verso la democrazia.
Proprio mentre il mondo guardava a bocca aperta lo sconosciuto rivoltoso che, solo e disarmato, bloccava in piazza una colonna di carri armati (foto e immagini che rimangono tra le più simboliche del XX Secolo) un giovane e ancora semisconosciuto ragazzo cinese affrontava al Roland Garros il n.1 del mondo Ivan Lendl (negli ottavi di finale) e lo abbatteva con lo stesso atteggiamento: un giovane Davide senza timori reverenziali che sfida il gigante Golia contro ogni pronostico e logica.
Lendl era il dominatore del tennis su terra battuta. Il Terminator che frantumava gli avversari da fondo campo senza sorridere. Metteva paura.
“Michelino”, velocissimo, deciso a rincorrere ogni palla come il giovane Nadal, a un certo punto lo beffò servendo “dal basso”. Seppe resistere ai crampi mangiando banane ai cambi di campo (anche per questo divenne famoso).
E sul match point, al quinto set, fece proprio come il misterioso rivoltoso di Tienanmen che aveva visto in televisione il giorno prima: andò a mettersi apparentemente disarmato davanti al carro armato.
Il punteggio era 4-6 4-6 6-3 6-3 5-3 15-40. Chang aveva rimontato due set di svantaggio e sul primo di quei due punti decisivi era pronto a giocare il tutto per tutto. Lendl non mise in campo la “prima”. Mentre si preparava a caricare la “seconda” Michelino entrò deciso in campo e si andò a piazzare a due metri dalla riga del servizio sfidando l’avversario. Lendl era fuori di sé per la “lesa Maestà”. Si incartò. La sua “seconda” toccò il nastro e volò via lunga.
Michelino si lasciò cadere a terra in lacrime. Il potere prese il borsone e uscì rabbioso senza salutare.
Nei giorni successivi mentre l’esercito cinese sopprimeva la rivolta nel sangue, Chang batteva l’haitiano Ronald Agenor nei quarti di finale e il russo Andrei Chesnokov in semifinale. Fino alla partita decisiva all’11 giugno contro il n.3 del mondo Stefan Edberg. Anche quel giorno “Michelino” si trovò in svantaggio, sotto due set a uno, ma aveva dentro qualcosa che gli diceva che doveva cambiare la storia. E lo fece, fino in fondo.