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La psicologa ti aiuta a resistere/3 - Quando il match si fa duro...

Affrontare una quarantena di cui non si riesce ancora la fine mette a dura prova, proprio come una partita che non va nel verso giusto. Evitiamo di rimuginare su errori e sfortuna, di sentirci vittime: per vincere dobbiamo dare il meglio di noi stessi

di | 02 aprile 2020

Jannik Sinner, quando il match si fa duro...

Jannik Sinner, quando il match si fa duro...

La quarantena si prolunga e, non sapendo fino a quando, diventa più difficile organizzare la propria vita quotidiana e fare appello alle proprie energie e pazienza. Man mano che il tempo passa qualcuno si ritrova più nervoso, meno disponibile ad accettare le restrizioni, più preoccupato per il futuro. 

Spesso i discorsi che si sentono (o i post che si leggono) sono un’invettiva contro il virus, la politica, il periodo che si sta vivendo, o una autocommiserazione, come se si fosse gli unici a vivere questa condizione imprevista e difficile.

Pur sapendo razionalmente quanto si sia fortunati a confrontarsi solo con queste restrizioni, rispetto alla possibilità di rischiare la vita in un ospedale (sia come pazienti che come personale sanitario), molti non riescono a evitare l’entrata in un loop negativo, che alimenta il malessere e soffoca la creatività che potrebbe essere di aiuto per affrontare la giornata.

Questo comportamento non è diverso da quello che contraddistingue molti tennisti che, quando il match si fa duro, anziché lottare con l’unico obiettivo di dare il meglio di se stessi, cominciano ad alimentare pensieri negativi, rimuginando sugli errori commessi, sulla sfortuna che li perseguita, sulle decisioni arbitrali di cui si sentono vittime innocenti.

Adottare questo comportamento per affrontare le difficoltà distoglie l’attenzione dall’obbiettivo, innesca tensione e ansia che offuscano la lucidità con cui invece si potrebbe mettere in atto una strategia, che spesso non è quella prevista ma una possibile alternativa ai propri piani.

Sia in gara che nella partita che stiamo giocando tutti contro il nemico invisibile diventa dunque necessario, anziché fare bilanci, impegnarsi senza risparmiarsi, stringere i denti, soffocare i pensieri negativi.

Sul campo da tennis questo, se non sarà sufficiente ad evitare la sconfitta, almeno non la appesantirà con la delusione di non essere riusciti a dare il meglio di sé.

In questo strano e difficile quotidiano, concentrarsi nel giocare la partita, un punto dopo l’altro, cercando di tirare fuori il meglio dai colpi che abbiamo, ci permetterà di vivere in modo un po’ più leggero ed ottimistico: d’altronde se la realtà non si può cambiare, si può modificare il modo con cui accettarla. E chi lo sperimenta sa che costituisce già un notevole cambiamento.

 

*già campionessa d’Italia e nazionale azzurra nel tennistavolo, Marcella Marcone è psicoanalista e psicoterapeuta. Ha scritto, con Marco Mazzoni, i libri: “Racchette & abitudini, aspetti pscicologici di rituali e scaramanzie” e “Tennis sul divano”

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