
Chiudi
Il serbo vince l'ottavo titolo all'Australian Open. Rimonta per la prima volta uno svantaggio di due set a uno in una finale Slam. E' il primo a vincere un major in tre diversi decenni nell'era Open: questo è il 17esimo
di Alessandro Mastroluca | 02 febbraio 2020
Più lo mandi giù, più si tira su. Novak Djokovic è come Tiramolla, l'Ercolino sempre in piedi dei tempi moderni. Ha vinto l'ottava finale all'Australian Open su otto, la seconda consecutiva in un major al quinto set. Non aveva mai rimontato da sotto due set a uno nel match per il titolo in un major, prima di superare Dominic Thiem 6-4 4-6 2-6 6-3 6-4. L'austriaco arriva a un set dal diventare il 150mo campione Slam nella storia del gioco, ma il peso della storia lo schiaccia.
Djokovic ha vinto 81 punti a 76 negli scambi sotto i 4 colpi, e 76 a 71 in quelli che ne hanno richiesti almeno cinque. "Voglio ringraziare tutti quelli che sono venuti qui a vederci giocare, a incoraggiarci" ha detto nella cerimonia di premiazione. "Ci sono state cose devastanti nel 2020, incendi, guerre, e una persona importante per me, Kobe Bryant, morto in un incidente d'elicottero. E' un messaggio, ricordiamoci di stare vicino alle persone che ci vogliono bene. Noi facciamo il nostro meglio per competere, ma nel mondo ci sono cose molto più importanti del tennis".
Il serbo tornerà numero 1 lunedì. Sarà il suo quinto periodo in vetta al ranking. Restando ininterrottamente in testa, a ottobre potrebbe superare le 310 settimane da numero 1 di Roger Federer.
Djokovic conquista così il suo 17mo Slam, il tredicesimo di fila vinto da uno dei Fab 3: una serie iniziata dopo il trionfo di Wawrinka sul serbo allo US Open del 2016. Come lo svizzero nella sua versione più scintillante, Thiem mette Djokovic di fronte a due fondamentali ugualmente carichi e di comparabile efficienza. E sulla diagonale sinistra, appena incontra una palla più corta o meno angolata, le ruota intorno e sfonda col dritto a sventaglio. Ma la testa non regge e le gambe smettono di conseguenza di alimentare il sogno.
Thiem perde la sua quarta finale di fila e si presenta alla premiazione sull'orlo di una crisi di pianto nervoso. "Sono orgoglioso di poter competere con te, Rafa e Roger: avete portato il tennis a un livello incredibile. Spero un giorno di potermi prendere la rivincita. Quello che facciamo noi però ha un'importanza relativa rispetto a quello che è successo in Australia. Il torneo è stata una distrazione, spero che non succeda mai più niente di simile agli incendi di queste settimane".
Chissà se si farà tatuare anche lui, come Wawrinka, l'invito di Samuel Beckett che in qualche modo li rappresenta: "provaci sempre, fallisci ancora, fallisci meglio".
Il doppio fallo che chiude il primo set è una fine e un inizio insieme. Thiem risale col suo gioco, colpisce più forte e più vicino al campo. Anche la difesa di un Djokovic nella sua miglior versione possibile mostra i primi segni di insufficienza. In quei corridoi di speranza, Thiem si infila a suon di bordate di dritto. Firma il break al terzo game e al sesto aggira una chance di controbreak: per salire 4-2 piazza tre colpi dei suoi, tre indizi che provano il cambio di passo. Thiem ha accorciato il movimento di diritto, colpisce con meno spin e più vicino al campo.
La fretta in uscita dal servizio, indizio della pressione che Djokovic ti mette addosso nei punti su cui può girare un set e un match, torna a penalizzare Thiem che perde il break di vantaggio: 4-4.
Il serbo però si innervosisce, subisce due warning di fila nel game successivo per violazione dei 25 secondi tra due punti. Il tema è lo stesso al centro della battaglia di Nadal, per cui i 25 secondi non dovrebbero sempre partire alla fine del punto.
Ma il regolamento non prevede flessibilità dopo punti particolarmente lottati o altre eccezioni.
Sulla palla break si trova così a servire la 'seconda'. Quel piccolo spiraglio basta a Thiem, salito dal 23% al 50% di punti con la 'seconda', per riprendere in mano il gioco, andare a servire per il set e chiudere alla seconda occasione grazie a un rovescio dal centro di Djokovic, più 'largo' del corridoio. E' il suo 13mo errore gratuito del set.
Pur con qualche incertezza nel turno di battuta che chiude il parziale, Thiem alla quarta occasione sale due set a uno. Djokovic, in otto finali disputate a Melbourne, non si era mai trovato in questa situazione da cui ha rimontato 16 volte su 36. Mai però in una finale Slam (0-7 prima di questa). Con l'andar del match, il serbo ha spinto sempre meno con la 'seconda' e l'austriaco, più vicino al campo, prende il comando del gioco.
Thiem ha vinto 28 delle 30 partite in cui è stato in vantaggio di due set a uno, battuto solo da Verdasco a Wimbledon 2015 e Del Potro allo US Open 2017.
Djokovic, che già sull'1-4 ha fatto entrare il fisioterapista ma senza far scattare il medical time out, esce dal campo per un MTO alla fine del set. Il dj riempie la pausa con "Living on a prayer", "Vivendo su una preghiera". Tutto sommato, una scelta appropriata che prende consistenza nel momento in cui il serbo, in avvio di quarto ser salva una palla break con un, per lui, inusuale serve and volley, prima di salire 2-1.
Djokovic si scioglie, torna a muoversi meglio e a Thiem l'importanza del momento torna a pesare. Un break di Nole indirizza il quarto set, e per la terza volta di fila una finale Slam si decide al 'quinto'.
Il serbo, che ne ha vinti 30 su 40, amministra le energie, prende il centro, allunga gli scambi senza alzare il ritmo varia con il back verso il rovescio di Thiem. L'austriaco, che ha un record di 8-6 al quinto, si affida al servizio ma perde un po' di sicurezza nelle accelerazioni di rovescio lungolinea.
Perde anche il servizio (2-1), Djokovic gli concede un'occasione di contro-break ma estrae il colpo del campione, il jolly che non t'aspetti, il trucco del prestigiatore: 'serve and volley' prima, smorzata che costringe all'errore poi: "A me gli occhi, please".
Novak Djokovic esegue uno smash nella finale contro Dominic Thiem