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Diriyah Cup: Fabio d'Arabia, una prima volta storica

Il tennis Fabio Fognini ha battuto John Isner nel match inaugurale della Diriyah Cup, primo evento tennistico in Arabia Saudita. Si gioca nella prima capitale del regno saudita, patrimonio dell'Unesco, in uno stadio da 15 mila posti. Rimasti però in gran parte vuoti.

di | 13 dicembre 2019

diriyah cup

Il tennis in Arabia Saudita comincia con Fabio Fognini. Il Fabio d'Arabia, vestito in presentazione con tanto di lunga tunica bianca, la dishdasha usata in tutto il mondo arabo con sottili differenze di stile, ha battuto John Isner nella prima partita di tennis mai giocata nella storia della nazione. Fognini, che tornerà a Barcellona dove resterà fino alla gravidanza di Flavia Pennetta prevista dopo la prossima settimana, ha così raggiunto la semifinale della Diriyah Cup: affronterà Gael Monfils. Nell'altra invece si sfidano Daniil Medvedev e David Goffin. I quattro sconfitti nei quarti (Stan Wawrinka, Lucas Pouille, Isner e Jan-Lennard Struff) proseguono in un inusuale tabellone di consolazione.

 

In questo modo i tifosi locali, non esattamente numerosi nella prima giornata, hanno comunque l'occasione di vedere tutti i giocatori almeno due volte. Le prime partite si sono giocate in uno stadio quasi vuoto. Uno scenario che risalta perché, quattro giorni fa, nello stesso impianto, il gigante inglese Anthony Joshua ha riconquistato contro il messicano Andy Ruiz i quattro titoli mondiali di pugilato (WBA, WBO, IBF e IBO) che aveva perso nello scontro di New York lo scorso giugno. E i posti erano tutti occupati.

Portare il tennis a Diriyah, prima sede della Dinastia Saudita, è un'operazione in cui lo sport diventa veicolo di un tentativo di riposizionamento identitario nazionale. La riqualificazione di Diriyah e, al suo interno, del distretto di al-Turayf, centro del potere saudita tra fine Settecento e inizio Ottocento e patrimonio dell'Unesco, rientra tra gli obiettivi del programma Vision 2030 del principe Mohammad bin Salman Al Sa’ud. Il principe ha cancellato una serie di norme discriminatorie verso le donne: il divieto di guidare automobili, di viaggiare all'estero senza il permesso del “custode”; di soggiornare in albergo da sole; di entrare nei ristoranti dalla stessa porta degli uomini. Secondo l'Onu, l'Organizzazione delle Nazioni Unite, bin Salman sarebbe anche collegato all'omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, fortemente critico verso la corona saudita, ucciso all'interno consolato dell'Arabia Saudita in Turchia il 2 ottobre 2018.

Tra gli obiettivi della famiglia reale saudita c'è la diversificazione economica di un sistema finora dipendente dal petrolio. Ed è proprio il gigante petrolifero Saudi Aramco, di proprietà al 98,5% del governo, lo sponsor del torneo responsabile in larga misura del montepremi complessivo da tre milioni di dollari. Saudi Aramco oggi vale quasi due triliardi di dollari, più di Apple: non esiste altro marchio quotato in Borsa che valga di più. Il colosso del petrolio ha debuttato in questi giorni alla Borsa di Riyadh e ha lanciato un'offerta pubblica iniziale (IPO) per il restante 1,5% delle azioni acquistate per oltre 25 miliardi di dollari: è l'IPO più cospicua di sempre.

 

Secondo i piani, le entrate generate dalla quotazione dovranno essere utilizzati per megaprogetti infrastrutturali. Anche se, sottolineano gli analisti, gran parte degli investitori arrivano dal Kuwait e dagli Emirati Arabi, e la quotazione rischia di essere sopravvalutata a meno che il prezzo del petrolio non torni a salire.

L'organizzazione di eventi sportivi, non è certo una novità, rappresenta uno strumento per incrementare la credibilità internazionale. Diriyah, conosciuta anche come la casa dei re e degli eroi, che da due anni ospita anche un gran premio di Formula E, il Mondiale automobilistico per auto elettriche, partecipa di questa volontà.

 

Il programma della Diriyah Cup prevede anche, prima della finale del 14 dicembre, un'esibizione tra Ammar Al Haqbani e Michael Mmoh. Al-Haqbani, 21 anni, è figlio di Faleh Haqbani, diplomatico saudita negli Usa. Studia all'Università della Virginia e ha un record di 15 vittorie su 17 in Coppa Davis per l'Arabia Saudita. È l'unico giocatore di un qualche rilievo della nazione.

Mmoh, statunitense che deve il nome a Michael Jordan, è nato e cresciuto a Riyadh, capitale dell'Arabia Saudita. Suo padre, Tony, nigeriano che è stato numero 105 del mondo, è stato capitano di coppa Davis per la nazionale saudita. Mmoh ha lasciato il regno saudita a 13 anni, è entrato alla IMG Academy di Nick Bollettieri, è diventato numero 2 junior entrando poi tra i primi 100 del mondo nel 2018.

 

Il tennis, dopo la grande apertura all'Asia, sta cercando nuove vie di espansione. La prossima porta verso il Medio Oriente. L'apertura in Kuwait di un mega-centro dell'accademia di Rafa Nadal, con 18 campi 18 campi di cui uno coperto polivalente da cinquemila posti, va evidentemente in questa direzione. Il tennis è sempre più uno sport globale.

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