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Eventi internazionali

Le grandi storie del 2019 in cinque grandi partite

Riviviamo la stagione del tennis maschile attraverso cinque momenti simbolo. Le finali di Wimbledon e dello Us Open, l'esplosione di Berrettini contro Monfils a New York, il prematuro addio di Murray in Australia e l'annuncio di Tsitsipas a Madrid

di | 06 dicembre 2019

Novak Djokovic e Roger Federer

Un anno di rivelazioni, di scoperte, di ritorni. Di immagini che creano emozioni. Il 2019 del tennis maschile ha incrociato la sconfinata tenacia dei Fab 3 (Murray è un capitolo a parte...) con la costante presenza del meglio della Next Gen.
Rafa Nadal che ha chiuso per la quinta volta da numero 1, Novak Djokovic e Roger Federer hanno intessuto di fili narrativi una finale di Wimbledon destinata a fare storia.
Con loro, Stefanos Tsitsipas, vincitore del Masters, si è tolto l'etichetta di promessa per diventare realtà. Dominic Thiem ha dimostrato di essere più del secondo miglior giocatore su terra battuta. Daniil Medvedev ha vissuto sei settimane che hanno cambiato ogni prospettiva. E Matteo Berrettini ha riportato il tennis italiano in semifinale allo Us Open e al Masters (oggi Atp Finals) dopo quarant'anni e più.
Abbiamo scelto cinque momenti chiave per raccontare la storia di questa stagione. Un viaggio che non può che iniziare dal prematuro 'addio' di Andy Murray.

Australian Open: Bautista Agut-Murray 64 64 67 67 62

“Questo potrebbe essere il mio ultimo torneo” dice Murray in lacrime prima dell'Australian Open. Non vorrebbe crederci nemmeno lui, in fondo non sa se crederci davvero. Nell'incertezza, dopo un primo turno contro Roberto Bautista-Agut perso in cinque set da romanzo, sugli schermi compare un video di addio. “Se questa fosse la mia ultima partita, sarebbe un modo speciale per chiudere la carriera” commenta lo scozzese che si sottopone comunque al secondo intervento all'anca, stavolta più invasivo.
La dottoressa Sarah Muirhead-Allwood, che ha curato anche la regina ma non aveva mai operato un atleta prima d'allora, gli ricostruisce fisico e spirito.
Murray pensa soprattutto a come tornare a camminare e allacciarsi le scarpe senza sentire dolore.

 

Sarah lo convince anche a darsi una seconda possibilità in campo. Nessuno è mai rientrato in singolare dopo l'applicazione di una placca di metallo all'anca.
“E' impossibile dire dove arriverà” spiega a giugno il fratello Jamie. “Si sta allenando per rinforzare il fisico, per darsi la migliore chance di capire cosa sia possibile e cosa no”. E rende possibile quel che appare impossibile. Vince il titolo in doppio al Queen's con Feliciano Lopez, che rivela il suo orgoglio per aver partecipato a quel successo e l'intenzione di sposarsi di nuovo.
Poi ad Anversa, nella capitale dei diamanti, Andy aggiunge un altro gioiello alla sua corona. Batte Wawrinka, lo stesso avversario che al Roland Garros 2017 aveva chiuso un capitolo della sua carriera, e vince il titolo numero 46 in carriera. E il prematuro video di Melbourne resta come il ricordo di un dolore, come una sfida a riprendere i fili interrotti della storia.

Madrid: Tsitsipas-Nadal 64 26 63

In un anno, Stefanos Tsitsipas è passato dalla vittoria alle Next Gen ATP Finals alla conquista del Masters. L'annuncio del suo passaggio al livello successivo arriva non tanto con la vittoria all'Australian Open su Roger Federer, che ha definito quel match l'unico vero rimpianto della stagione, ma nella semifinale di Madrid. Un anno prima, aveva perso al primo turno da numero 40 del mondo. Da quel momento, riesce a battere Novak Djokovic, Federer e Nadal, sempre in uno Slam o in un Masters 1000.
Nadal aveva tenuto il servizio 26 volte in 27 turni di battuta prima della semifinale, ma Tsitsipas firma tre break solo nel primo set e completa la prima vittoria in carriera contro il grande Rafa. Vince sulla terra rossa, in casa dello spagnolo, con un'esibizione di tennis d'attacco che è insieme un'epifania e un annuncio. Come a dire: è solo l'inizio, ho ancora molto da offrire. Diventerà il più giovane vincitore del Masters (oggi Atp Finals) dal 2001, in finale su Dominic Thiem che a Indian Wells aveva vinto il suo primo Masters 1000, in finale su Federer, e ha allargato orizzonti e possibilità. Nadal tornerà poi a Madrid per conquistare la prima Coppa Davis nel format “Coppa del mondo del tennis”.  Ma questa è un'altra storia.

Wimbledon: Djokovic-Federer 76 16 76 46 13-12

Come Wimbledon, c'è solo Wimbledon. Il peso della storia, le vie del futuro si incontrano sul Centre Court, dove la palla ha un suono unico. Roger Federer, il secondo uomo a superare i 100 titoli ATP in carriera, coltiva l'ambizione del nono titolo ai Championships che naufraga sull'8-7 40-15 nel quinto set della finale contro Novak Djokovic. Errore forzato sul primo match point, sul secondo gioca lo stesso punto che gli diede il titolo nel 2012, ma subisce il passante. Preludio al controbreak e al primo tiebreak sul 12 pari nella storia di Wimbledon. Djokovic è il primo a salvare un match point e vincere il torneo dal 1948, dopo Robert “Bob” Falkenburg, statunitense di 22 anni che costruirà la sua vera fortuna alla fine della carriera: aprirà “Bob's”, una gelateria a Copacabana, che diventerà il primo fast food di tutto il Brasile.

 

Djokovic è accompagnato da un applauso freddo, triste. Il pubblico si è schierato per Federer, senza contenersi. “Ogni volta che gridavano Roger, io sentivo Nole” ha confessato poi il serbo che raggiunge i cinque titoli a Wimbledon come Bjorn Borg. E come Borg-McEnroe, la finale del 1980 che racchiude il tiebreak più celebre nella storia del gioco, questa è destinata a restare un punto rosso lungo la linea del tempo. “Non gioco per dovere, gioco perché lo adoro e ho il sostegno delle persone a cui voglio bene. Spero fra cinque anni di continuare a sentire gli stessi cori” dice Djokovic, che chiude la stagione da numero 2 del mondo, fermato nel girone del Masters proprio da Federer che alla O2 Arena, nell'altro cuore tennistico di Londra, consuma una vendetta desiderata, assaporata nell'attesa che consuma e che motiva. La ferocia nello sguardo, l'assenza di ogni esultanza o espressione di distensione accompagnano una partita in cui la concentrazione sull'obiettivo è massima, totale: una partita in cui Federer torna completamente inattaccabile.

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Us Open: Berrettini-Monfils 36 63 62 36 76

Se ce la fai a New York, ce la puoi fare ovunque. Matteo Berrettini fa grande l'Italia, è il primo azzurro in semifinale allo Us Open dopo Corrado Barazzutti nel 1977. Il quarto di finale contro Gael Monfils, una maratona di cinque set, 36 63 62 36 76, in una serata umidissima, lo lascia confuso e felice. È una vittoria da cinema. “Se fosse un film sarebbe 'Django Unchained' di Tarantino. Mi ricordo di un gran bagno di sangue dove alla fine rimaneva in vita solamente una persona. Un po' come questo match” racconta in conferenza stampa. Commette anche un doppio fallo sul primo match point. “Mi sono messo a ridere, per non piangere. Poi mi sono detto 'Matteo continua a provarci e non lamentarti'. E' andata bene”.

Ha imparato a vincere perché prima ha imparato a prendere il buono dalle sconfitte. “Devi sperare che il momento peggiore arrivi il prima possibile perché la prossima volta sarai pronto” dice. Incontrare Rafa Nadal in semifinale è una difficoltà ancora troppo grande. Berrettini, che nel 2019 ha vinto tre titoli, inizia a coltivare un altro sogno. E lo realizza sempre grazie a Monfils, che perde contro Shapovalov nei quarti a Parigi Bercy. Berrettini è al Masters, e contro Thiem celebra la prima vittoria italiana in singolare nella storia del torneo. Chiude da numero 8, che è solo un altro punto di vista per contemplare l'infinito.

Us Open: Nadal-Medvedev 75 63 57 46 64

Nadal ha giocato 27 finali Slam, e solo sei sono arrivate al quinto set. Dopo l'ultima, allo Us Open, ha celebrato il diciannovesimo major. Contro Medvedev, Nadal ha sconfitto un avversario capace di togliergli il controllo del gioco dopo essere stato sotto di due set e di un break. Il russo poi si ritroverà a condurre 5-1 nel terzo set al Masters, ma si farà avvolgere dalle spire di quella tensione che lascia senza fiato, senza soluzioni, con la rabbia per l'occasione sfumata come unica compagna di viaggio.

Il match, ha scritto Gerald Marzorati sul New Yorker, “sarà ricordato come un momento di affermazione di Medvedev, che nel corso del torneo aveva generato qualche incomprensione su chi fosse davvero (...). Ma dovrebbe figurare anche come una rivalutazione di Nadal” che non è solo il re della terra rossa. “Quando in una grande finale Rafa incontra un avversario diverso da Federer e Djokovic, tutti lo considerano il grande favorito e la pressione aumenta” ha detto Francisco Roig, al suo fianco dall'inizio della sua carriera.

“In campo ho pensato di poter perdere? Se devi salvare una palla break all'inizio del quinto set, e hai perso gli ultimi due, sai che hai un problema” ha detto Nadal dopo la finale. “Ma ho cercato di evitare questo pensiero, ho continuato a credere che avrei avuto delle chances. È difficile per me pensare che sto per perdere”. Così diventa anche una fonte di ispirazione. E non c'è niente, ha detto al sito dell'ATP, che lo soddisfi di più.

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