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Eventi internazionali

Le 5 sfuriate memorabili dell'Era Open

Dal celebre “You cannot be serious” di John McEnroe a Wimbledon 1981, agli schiaffoni della moglie di Jeff Tarango a un giudice di sedia. Tutte le volte che i giocatori (e non solo loro) hanno perso la testa con l'arbitro.

di | 25 settembre 2019

John McEnroe

Ha sfoderato come una spada il suo ruolo di mamma e icona dell'uguaglianza, ha dato all'arbitro Carlos Ramos del ladro, ha preteso delle scuse, ha spaccato una racchetta. In cambio ha ricevuto un warning, un penalty point e un penalty game, come da regolamento. Ma il famoso sfogo in mondovisione di Serena Williams nella finale dello Us Open 2018 impallidisce di fronte alle proteste dei bad boys che hanno fatto a loro modo la storia del gioco. Ne abbiamo selezionate cinque.

You cannot be serious

È da poco iniziato il suo match d'esordio a Wimbledon 1981 quando John McEnroe conia la frase forse più conosciuta e immortale del tennis moderno: “You cannot be serious!”. Un anno prima, ha perso contro Borg una finale da leggenda ai Championships ma i giornali inglesi hanno cominciato a soprannominare McEnroe “Superbrat”, ossia “Supermoccioso”, perché è un bambino capriccioso e la vuol sempre vinta lui. Quel 23 giugno 1981 affronta Tom Gullikson, un ottimo doppista che vincerà dieci titoli con il gemello Tim, futuro coach di Pete Sampras, morto per un tumore al cervello nel 1996. Sull'1-1 e 15-30 nel primo set, l'arbitro scozzese Edward James chiama un suo colpo fuori. McEnroe esplode. “C'è il gesso dappertutto, si è visto, come fai a chiamarla fuori? L'hanno visto tutti nello stadio e tu la chiami fuori? Non puoi dire sul serio!”. James gli assegna un penalty point, il secondo del match per McEnroe che chiama invano il referee Fred Hoyles. “Sei un incompetente, un'offesa al mondo”, gli dice, come riporta la Reuters che ricorda l'episodio nel trentennale di quella scena. 'Superbrat' vince il torneo, ma non ottiene il titolo di socio onorario del club che spetta di diritto ai campioni. Per protesta, diserta il ballo di gala. Sceglierà proprio quella frase, You cannot be serious, come titolo della sua autobiografia. La scena del 1981 sarà ricreata per la pubblicità di un'auto: McEnroe la ripete a un poliziotto che lo multa perché la ruota della macchina parcheggiata sul marciapiede è fuori dalla linea bianca.

La squalifica in Australia

È una tipica domenica australiana a Melbourne. Il 21 gennaio 1990 McEnroe affronta negli ottavi Mikael Pernfors, uno svedese atipico che si è formato all'università della Georgia, finalista al Roland Garros 1986 ma sceso al n.63 del mondo. Nel secondo set, l'arbitro Gerry Armstrong lo ammonisce, perché si è messo a palleggiare e fissare con sguardo intimidatorio una giudice di linea. Sul 2-3 e parità, nel quarto set, McEnroe mette fuori un dritto e sbatte la racchetta a terra. Armstrong non ha scelta: penalty point. McEnroe non ci sta, ma né il referee Peter Bellenger né il supervisor Ken Farrar, un ex arbitro di hockey universitario, invertono la decisione. “Figlio di p...”, urla McEnroe. Non sa che da quel torneo la regola è cambiata. Dopo il penalty point, alla terza violazione non c’è più il penalty game, il game di penalità, ma scatta direttamente la squalifica. “Default. Game, set and match Pernfors”, annuncia Armstrong mentre il pubblico protesta. McEnroe diventa il primo giocatore squalificato in uno Slam nell’Era Open, e in assoluto il primo da Willie Alvarez al Roland Garros del 1963.
Australia, 1990. Dopo il penalty point, alla terza violazione non c’è più il penalty game, il game di penalità, ma scatta direttamente la squalifica. “Default. Game, set and match Pernfors”, annuncia Armstrong mentre il pubblico protesta. McEnroe diventa il primo giocatore squalificato in uno Slam nell’Era Open, e in assoluto il primo da Willie Alvarez al Roland Garros del 1963.

Lo show con Nastase

Avrebbe dovuto essere squalificato anche Ilie Nastase, al secondo turno dello Us Open 1979. Il rumeno, ormai 33enne, non è più il genio ribelle che appassiona e divide. Ha vinto lo Us Open 1972 e il Roland Garros 1973, ha conquistato quattro volte il Masters, l'ultima nel 1975 nonostante la doppia squalifica e doppia sconfitta senza precedenti nel round robin contro Arthur Ashe (che si appellerà e avrà partita vinta). Nastase affronta un giovane McEnroe, viene punito con un penalty point nel terzo set e un penalty game sul 3-1 nel quarto. Dagli spalti volano lattine, bicchieri, carte, bottiglie. Nastase urla, McEnroe grida di più. L’arbitro Frank Hammond, che è stato scelto proprio per le capacità di tenere a bada giocatori di temperamento e tifosi esagitati, ordina a Nastase di riprendere il gioco. Il rumeno si rifiuta e viene squalificato. Il pubblico, defraudato dello show, protesta ancora più forte. Per 17 minuti, è caos. Il direttore del torneo Bill Talbert sostituisce il giudice di sedia con il referee Mike Blanchard, cancella la squalifica e fa terminare la partita. McEnroe vince e Nastase, la sera, lo invita a cena. Superbrat, manco a dirlo, accetta.

Lo schiaffo a Rebeuh

Un episodio ha segnato la carriera di Jeffrey Gail Tarango, per tutti “Jeff”. Lo statunitense, mai andato oltre la posizione numero 42, ha vinto due titoli in singolare nel 1992 e affronta al terzo turno di Wimbledon 1995 Alexander Mronz, ex fidanzato di Steffi Graf, che vince il primo set al tie-break. Sotto 1-2 e 15-30 nel secondo, un giudice di linea chiama fuori una prima di Tarango, poi si corregge. L'arbitro francese Bruno Rebeuh, uno dei più rispettati all'epoca, fa giustamente ripetere il punto. Tarango vorrebbe l'ace. “È stata una chiamata terribile”, protesta. La discussione continua anche durante il cambio campo, qualcuno dal pubblico gli urla di smetterla. “Stai zitto”, risponde Tarango, che riceve un warning. “Perché gli altri possono dire tutto e non vengono puniti, e a me fai questo?”, grida Tarango che chiede invano di parlare con il supervisor. Non accontentato, se ne va dal campo e abbandona la partita. Per Rebeuh non finisce qui, perché la moglie dello statunitense entra in campo e lo schiaffeggia. “È corrotto - accusa Tarango in conferenza stampa - e usa la sua posizione per favorire i giocatori che gli sono amici”. Verrà multato di 15.500 mila dollari, la sanzione più alta mai vista fino a quel momento a Wimbledon, e squalificato anche per l'edizione successiva.

Connors furioso

Nemmeno il trentanovesimo compleanno riesce a placare Jimmy Connors. Lo festeggia in campo, in una delle partite più celebri e più replicate in tv nella storia degli Us Open, battendo il connazionale Aaron Krickstein, di 15 anni più giovane, in 4 ore e 42 minuti. Sul 7-7 nel tie-break del primo set, l'arbitro David Littlefield inverte una chiamata e dà il punto a Krickstein. “Levati da quella sedia - sbotta Connors verso l'arbitro, come riporta Thomas Bonk nel suo articolo sul Los Angeles Times il giorno dopo -. Io a 39 anni (era lo Us Open 1991, ndr) sono ancora in campo a sudare e tu fai una cosa del genere?”. Poi lo definirà “un aborto”, salvo rassicurare i tifosi a casa scandendo a favor di telecamera: “Sto meglio di quanto sembri, non vi preoccupate”. Littlefield decide di non sanzionarlo. I tifosi, che per Connors hanno diritto allo show avendo pagato il biglietto, a fine partita gli cantano l'happy birthday più famoso nella storia del tennis.

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