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Match of the day: Moutet passerà il test Johnson?

Il giovane mancino francese, è uno dei candidati per le Next Gen ATP Finals di Milano. Affronta per la prima volta in carriera Steve Johnson: un avversario che può offrire la misura dei suoi miglioramenti

20 agosto 2019

Corentin Moutet

Corentin Moutet ha imparato a governare le emozioni. Il mancino francese che ama lo spettacolo, ma non l'arte per l'arte, ascolta Chopin e suona il pianoforte. Tira piano e pensa forte, Moutet, che oggi affronta per la prima volta in carriera Steve Johnson. Il mancino ventenne, ora numero 83, al momento è nono nella Race to Milan, la classifica che qualifica per le Next Gen ATP Finals. Vederlo in campo a Milano è una prospettiva concreta. Per chi ancora non lo conosce, questa è un'occasione interessante per vederlo all'opera.

È uno degli ultimi match di primo turno che ancora si devono completare, insieme a Hoang-Dzumhur, che determinerà l'avversario di Lorenzo Sonego, e Fabbiano-Rublev. È una partita che può misurare l'evoluzione del francese, al ritorno in campo un mese. Non gioca da Gstaad, non vince da Wimbledon. L'avversario porta un tennis costante, solido, di ritmo. Certo, non è più il giocatore che tre anni fa ha sfiorato l'ingresso tra i primi 20 del mondo (best ranking di numero 21 raggiunto nel luglio 2016). Ma è comunque il finalista dell'ultima edizione. La superficie lo agevola, giocare in casa potrebbe rappresentare un ulteriore fattore.

 

Si appoggia su servizio e dritto, Johnson, giocatore classicamente americano, magari un po' demodé, non troppo elegante ma con buona sostanza di base nei colpi di inizio gioco. Lo statunitense, numero 82 del mondo questa settimana, può governare una maggiore potenza e potrebbe costruire un maggiore vantaggio competitivo attraverso l'utilizzo costante della profondità, attraverso un pressing continuo che mandi Moutet lontano dal campo, lo costringa a reagire, non a proporre.

Moutet soffre questo tipo di giocatori, gli avversari resistenti che sbagliano poco, comandano da dietro e gli rendono difficile entrare nello scambio per cambiare ritmo, come dimostrano le sconfitte recenti con Auger-Aliassime e Bautista-Agut. In genere, soffre chi gli toglie il controllo del gioco, chi ne ostacola il passaggio dalla difesa al contrattacco che avviene per improvviso scarto dalla norma, con la palla corta, la discesa a rete, lo slice ad un angolo insostenibilmente acuto.

 

Gioca un tennis da racchette di legno nell'epoca dell'iper-efficienza fisica. Per anni, ha detto all'Equipe Nicolas Coutelot, che l'ha allenato dai dodici ai sedici anni, “preferiva buttarsi via, tirarsi una palla suo piedi invece di provare a far di tutto per riuscire e magari non arrivare comunque al risultato. È una forma di protezione, che in Corentin era molto esacerbata perché aveva un'enorme paura del giudizio degli altri”.

La sfida più difficile, per lui, resta accettare l'errore, smussare gli spigoli di un carattere esigente con se stesso e con gli altri che l'ha portato in passato a litigare con avversari e soprattutto allenatori. Col tempo ha imparato a governare il suo tempo, a esaltarsi nella libertà che i confini netti e rigidi del tennis impongono ma dentro i quali si muove con più agio. È un artista con la voglia di piacere senza per forza doversi trasformare in poeta maledetto, che ha pensieri profondi ma non si atteggia a filosofo men che meno esistenzialista. Ma si pone domande, anche profonde, che si è dato ambizioni alti consapevole che non li avrebbe centrati tutti. Ha camminato sul filo tra il perfezionismo e l'auto-accettazione, la motivazione a migliorarsi e l'insoddisfazione.

Il nuovo coach, Emmanuel Planque, sembra aver trovato il giusto linguaggio per stimolarlo e proteggerlo, perché dia tutto sempre, anche in allenamento, perché non si abbatta nei momenti difficili e non permetta al suo desiderio di perfezione di guidare il suo destino. Non è facile mantenere la lucida visione che sottende lo spirito creativo nei momenti difficili. Ma in fondo, come insegnava un grande poeta francese come Musset, i canti più belli sono quelli più disperati. La bellezza si può generare in qualunque situazione. Stasera potrebbe essercene abbastanza per uno spettacolo di qualità.

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