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Eventi internazionali

L'orso Medvedev fa paura: adesso è n.5

Il russo, alla terza finale in tre settimane, batte David Goffin. Vince il quinto titolo in carriera e salirà al numero 5 del mondo. Diventa il più giovane campione a Cincinnati dopo Andy Murray nel 2008

di | 19 agosto 2019

Daniil Medvedev

Cinque è il numero magico di Daniil Medvedev. Alla terza finale in tre settimane, il russo supera David Goffin 76 64 a Cincinnati e si assicura il primo Masters 1000 della carriera. Dopo le sconfitte a un passo dal titolo a Washington (contro Kyrgios) e Montreal (contro Nadal), Medvedev si annuncia come prossimo grande campione in Ohio.

Primo finalista russo nella storia del torneo, iniziata nel 1899, è il più giovane a vincere il Western & Southern Open dai tempi di Andy Murray nel 2008. Conquista il suo quinto trofeo in carriera nel circuito maggiore e grazie a questo successo diventerà numero 5 del mondo, primo russo in top 5 dal 2010 (l'ultimo fu Nikolay Davydenko). E' il quinto russo a vincere un "1000" dopo Marat Safin (5), lo stesso Davydenko (3), Andrei Chesnokov (2) e Karen Khachanov (1). 

Ha completato la finale con un vincente in più (21 a 20) e la metà degli errori. Come contro Djokovic, il dritto è risultato il più efficiente dei due colpi da fondo, nel bilancio tra incenti e gratuiti. Ha fatto la differenza col servizio, due punti diretti ogni tre 'prime' è misura di continuità da top player, e con la risposta. In una sfida tra due dei migliori interpreti nel circuito di questo fondamentale, ne ha messe in campo di più e una volta ogni due ha scelto di giocare in lungolinea, che toglie il controllo dello scambio all'avversario. La conseguenza è nei numeri: Medvedev ha vinto 18 punti in più di Goffin negli scambi sotto i quattro colpi. La chiave del match è qui.

"E' difficile trovare le parole adesso" ha detto a Brad Gilbert di ESPN subito dopo il match. "Il duro lavoro sta pagando. Non sarebbe stato bello perdere tre volte di fila in finale, sono davvero felice. Peraltro sul 5-3 ho iniziato ad avere i crampi, e non mi era mai successo in tre settimane. Ma ho messo dentro quattro servizi a cui Goffin non ha risposto, è stato incredibile".Con un tennis certo poco ortodosso e uno dei rovesci  più piatti del circuito, il russo "vince sporco", come insegna proprio Gilbert, e vince tanto, più di tutti quest'anno: 44 successi, di cui 31 sul duro, undici in più di Roberto Bautista Agut e Stefanos Tsitsipas.

"Ha un tennis strano" ha detto il greco, "e non lo dico in senso negativo. Ti fa sentire a disagio in campo, se giochi contro di lui. Ti fa apparire sciatto. All'improvviso ti ritrovi a sbagliare colpi che normalmente non sbagli senza nemmeno capire perché". Non ha un colpo di impatto decisivo, non ha il servizio di Ivanisevic, il dritto di Sampras, la volée di Edberg. "Non servo male, ma non tiro oltre i 210 chilometri orari" ha aggiunto, "la mia tattica è far soffrire i miei avversari". Chiedere per credere a Goffin che ha messo in campo una delle prime nove risposte della finale. E ha visto via via sgretolarsi il suo desiderio di essere il primo belga a vincere un Masters 1000 (22 nazioni vantano almeno un titolo sui 268 eventi di questa categoria disputati dal 1990).

 

"La sua tecnica, le braccia lunghe e snodate, lo swing quasi da golfista producono colpi piatti che ricevono giudizi contrastanti" ha scritto Ben Rothenberg del New York Times. "Metà dicono che ho un tennis brutto, metà che sono divertente perché comunque anche così riesco a tenerla in campo" ha detto. In un video per l'ATP dello scorso marzo, però, ha riconosciuto che a volte quando si rivede quasi non si riconosce. "Mi capita di pensare cose tipo: ma che sto facendo? Però questo è il mio gioco, questa la mia tecnica e spero che alla gente piaccia".

Di sicuro, porta un annuncio di novità. Per il terzo anno di fila, infatti, ci sono almeno tre vincitori che festeggiano il primo 1000 in carriera. Si aggiunge nel 2019 a Dominic Thiem (Indian Wells) e Fabio Fognini (Montecarlo). Rinforza l'avanguardia dei giovani che bussano alle porte del paradiso tennistico ma finora non sono andati oltre una sbirciatina fugace, un'occhiata al di là del muro. 

In finale ha confidato nella velocità, e dopo i primi game, dopo il primo allungo sul 3-1, gli affanni di Goffin nel contrastare il suo ritmo da fondo gli davano ragione. Ma il belga ha imposto un altro passo e traiettorie più strette sulla diagonale del rovescio. Medvedev, al diciottesimo incontro in venti giorni, si è trovato in difesa, forzato a reagire, a salvaguardare le energie mentre Goffin completava l'aggancio sul 4-4. Il preludio di battaglia, comunque non paragonabile ai cinque set dell'ultimo confronto diretto che son serviti al belga per raggiungere il primo quarto di finale a Wimbledon, si traduce in tiebreak dominato 7-2. Con il break in apertura del secondo set, l'epifania del vincitore assume concretezza tangibile. Anche se, quando serve per il match, deve cancellare due palle break. La prima, mentalmente la più importante, la cancella con una seconda di servizio a 196 chilometri orari. Praticamente una prima. Così aveva ribaltato la semifinale contro Djokovic, così per lunghi tratti aveva impostato il piano di gioco contro Goffin ai Championships.
 

"Ogni tanto lo faccio" ha detto Medvedev, sempre più maestro nell'intuire le insicurezze degli avversari e nell'innestare i suoi colpi forti in modo che quelle debolezze diventino crepe in grado di far crollare l'intero edificio del loro gioco. Peraltro, con l'aggiunta della mentalità russa che, parola di Svetlana Kuznetsova, comporta il non aver paura di prendersi dei rischi. "Ultimamente, direi che il mio piano di gioco è più orientato sul non correrne così tanti" ha spiegato dopo la vittoria su Djokovic. "Però se guardi a come ho spinto la seconda al servizio, certo non ho avuto paura di tirare forte. Mi sono preso bei rischi, e magari, sì, ha qualcosa a che fare con la mentalità russa".
 

Il suo tennis è una forma d'espressione. Galleggia su un equilibrio instabile, sostenuto dall'ispirazione e da un certo istinto per l'improvvisazione. Perché essere anti-convenzionali è un'opportunità per distinguersi, ma solo se il piano di gioco è sostenuto da sufficiente qualità ed efficacia perché le deviazioni dal paradigma non si risolvano in estemporanei accenti circensi, non si traducano in semplice passeggera bizzarria.

Non è, evidentemente, il caso di Medvedev, russo "di Francia" che da anni si allena a Cannes nell'accademia fondata dal monegasco Jean-René Lisnard, ex numero 98 del mondo e semifinalista a Chennai nel 2003 (il suo anno migliore). Nello staff c'è Gilles Cervara, diventato suo allenatore a tempo pieno, che al sito dell'ATP ha confessato come a volte nemmeno lui comprende fino in fondo le ragioni che spingono Medvedev a tentare una particolare mossa. 

La polifonia delle suggestioni alla base del suo tennis rispecchia una formazione altrettanto eclettica. Da piccolo mia madre mi portava in un sacco di posti, a vedere mostre, a praticare diversi sport. Ho fatto anche nuoto, e in piscina c’era una pubblicità per andare a provare una lezione di tennis. Ci sono andato e ho capito di essere portato per questo sport" raccontava nel 2016. Certo, le difficoltà non sono mancate. "I miei genitori mi hanno sostenuto per la mia carriera, mio padre ha chiesto soldi in prestito per permettermi di giocare. Il passaggio da junior a pro è stato difficile. A un certo momento ho lasciato la Russia, era difficile continuare lì per diverse ragioni. In Francia mia sorella già viveva da sei anni e così abbiamo deciso con i miei genitori",

Negli ultimi venti mesi, Medvedev è passato dall'indulgere verso il disordine e il caos, nemmeno troppo calmo, a un approccio metodico indirizzato al successo. Ha smesso per esempio di concedersi piccoli peccati di gola. Adora la panna cotta e le caramelle gommose e in passato ne mangiava anche nell'immediata vigilia delle partite. Nell'ultimo anno e mezzo limita queste forme di gratificazione alla fine dei tornei, come un premio accessorio. I cinque titoli vinti da gennaio 2018 a oggi non sono un caso.

"Medvedev ha giocato un tennis incredibile nelle ultime tre settimane" ha detto nella cerimonia di premiazione David Goffin, che risalirà al numero 15 del ranking dopo aver incassato la nona sconfitta in tredici finali ATP in carriera. "E' solido, non sbaglia mai. E' come giocare contro un muro, per questo tutti fanno fatica contro di lui. Poi adesso ha anche molta più fiducia. E' difficile fargli un vincente, su una superficie che non ti consente di controllare agevolmente la palla". 

 

L'ascesa di giocatori come Medvedev rappresenta una delle principali ragioni per cui, secondo il suo coach Thomas Johansson, per Goffin adesso sarà più difficile pensare di tornare tra i primi dieci del mondo. "E' una sfida ancora più dura" diceva a marzo al sito dell'ATP, "perché i giovani stanno guadagnando le prime posizioni e non era successo negli ultimi anni. Ma questo rimane il nostro obiettivo".

Medvedev, nuovo numero 5 del mondo, si accontenta per ora di godersi un mese che ridefinisce i confini delle sue possibilità. "Devo dire che sono state le settimane migliori della mia vita, e lo sarebbero state anche se non avessi vinto questa finale. Certo, col trofeo in mano è ancora meglio. Se avessi perso non avrei iniziato a dubitare di me, questo no" ha spiegato nella cerimonia di premiazione. "Però avrei iniziato a farmi delle domande: come è possibile perdere tre finali di fila? Cosa dovrei fare di diverso? Per fortuna non devo trovare le risposte a queste domande. Sono solo estremamente felice".

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