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Murray e Duckhee Lee: la storia siamo noi

A Winston-Salem lo scozzese cede contro Tennys Sandgren mostrando una condizione migliore rispetto alla scorsa settimana. Il coreano è il primo giocatore sordo a passare un turno in un torneo ATP. La pioggia condiziona il programma

di | 20 agosto 2019

Duckhee Lee

Non tutte le sconfitte sono uguali. Andy Murray ha perso per la seconda volta consecutiva al primo turno in singolare. Dopo Richard Gasquet a Cincinnati, anche Tennys Sandgren a Winston-Salem l'ha battuto in due set, 76 75. Nel match che aprirà la sessione serale della seconda giornata, stanotte affronterà Denis Shapovalov (non prima dell'una ora italiana, sul Centrale, con diretta su SuperTennis).
Dopo una giornata condizionata per quasi cinque ore dalla pioggia, il match è iniziato quando in Italia era quasi l'alba e in North Carolina erano appena passate le 22. Il primo game, con Sandgren al servizio, dura 14 minuti. E' un primo segnale. Murray sta meglio della settimana scorsa, difende i suoi turni di battuta fino al tiebreak, salva tre set point e ne manca uno, poi alla quarta occasione gioca una palla corta rivedibile e perde il set.

L'inizio del secondo è il momento più critico. Subisce il primo break, Sandgren allunga 3-0 poi 5-3, Murray appare in difficoltà nello scambio da fondo contro i colpi piatti dello statunitense. Il puzzle del gioco dello scozzese offre lampi di brillantezza e tenacia competitiva sicuramente vintage, di nostalgico orgoglio opposto allo scorrere del tempo. 
Rotazioni in slice e discese a rete costanti, quasi a ogni punti, segnano il finale del match. Anche a rischio di incassare il passante o di mettere in rete una volée comoda perché i movimenti poi restano ancora un po' legati e la velocità nello scatto in avanti non può essere la stessa dei giorni di gloria. Murray allunga un po' la partita, recupera il break quando l'avversario serve per il match sul 5-4 ma lo perde subito dopo. Aveva grandi speranze e poche aspettative, diceva, prima del match. Può mantenere le prime e alzare le seconde.
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Nemmeno tutte le vittorie sono uguali. Il passaggio al secondo turno a Winston-Salem di Duck-hee Lee accelera il tempo della storia. Il coreano, grande amico di Hyeon Chung, è il primo giocatore sordo a vincere un match nel circuito maggiore.

Il 76 61 allo svizzero Henri Laaksonen è un punto d'orgoglio, una prima volta epocale. "Molti mi prendevano in giro, mi dicevano che non avrei dovuto giocare" ha raccontato Lee, primogenito di Mi-ja Park e Sang-jin Lee, coppia di Jecheon che si è accorta subito delle sue difficoltà. 

Quando aveva due anni, la sordità gli viene diagnosticata in maniera definitiva. Frequenta un istituto per bambini disabili a Chungju ma i genitori lo iscrivono anche a una scuola per normodotati. Vogliono renderlo indipendente, non che impari solo il linguaggio dei segni, che infatti non conosce così bene. Si affida alla lettura delle labbra. 
Contro Istomin, in una partita di Coppa Davis, aveva continuato a giocare dopo che una palla era stata chiamata out: non se n'era accorto. Durante la partita con Laaksonen, sul 5-1 nel secondo set, il tabellone mostra il punteggio sbagliato: 40-15, invece di 30-15. Serve che un volontario gli mostri le tre dita perché capisca l'equivoco. Per questo il coach, che poi è suo cugino, mantiene un contatto visivo costante con lui.

In Corea, ha detto, lo chiamano "il ragazzo dell'estate", giocare nel caldo umido non gli crea problemi, anzi. Non sentire, ha spiegato, gli permette di concentrarsi sul suo gioco, lo isola dai fattori esterni. "Atleti nella nostra condizioni sviluppano di più la vista o il tatto, perché il corpo cerca di compensare le perdite quando uno sei sensi non funziona" ha detto Brian Ehlers, come riportava in un articolo del 2015 su Lee.

Ehlers è stato il primo giocatore sordo della nazionale Usa di volley e ha partecipato alle Olimpiadi del 1980 e del 1984. Gli avversari di Lee, non a caso, ne hanno spesso esaltato il senso dell'anticipo. Non potendo sentire il suono della palla, deve quasi leggere nella mente degli avversari. "Il mio messaggio per chi è sordo come me è di non scoraggiarsi. Niente è impossibile".

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