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Dopo la finale di Wimbledon si è parlato molto di set lunghi e tie-break decisivo: prima che anche i tradizionalisti di Londra optassero per la soluzione ‘rapida’ (solo il Roland Garros resiste…) vediamo che effetto hanno avuto i quinti set lunghi su tornei e giocatori
di Alessandro Mastroluca | 26 luglio 2019
Sulla base di questi dati, si evince che a New York chi arriva da un 7-6 al quinto, passa il turno successivo nel 27,8% dei casi, nel periodo considerato. Negli altri Slam, la percentuale di vittorie ottenuta da chi emergeva da un long set era, nel complesso, più alta. Il 33%. La superficie, quindi, non è un fattore irrilevante.
I successi infatti toccavano il 37,4% a Wimbledon, il 36,2% a Melbourne e solo il 23.4% a Parigi. Sul rosso, dove la fatica fisica è più intensa a parità di durata del match, l'impatto di un set decisivo da 14 game (o più) è decisamente maggiore.
Tuttavia, analizzando qui numeri, la percentuale di successi al turno successivo non sembra in diretta relazione con il numero di game del long set giocato prima: nei tre Slam senza tie-break al quinto si registravano il 18,9% di vittorie dopo un 8-6, il 32,1% dopo un 9-7, 47,2% dopo un 10-8, 43,4% dopo un 11-9, 46,7% dopo un 12-10.
A una prima impressione, sembrerebbe più probabile vincere un match dopo un 12-10 al quinto a Wimbledon che dopo un 7-6 al quinto a New York.
I vincitori di long set, dunque, chi avevano affrontato al turno successivo?
Chiaramente le sconfitte di Struff contro Federer a Wimbledon 2018, o di Kokkinakis contro il Djokovic ai limiti dell'imbattibile nel 2015 ai Championships, o di Zeballos contro Nadal al Roland Garros 2010, si possono imputare più all'avversario che alle conseguenze del turno precedente.
Una seconda analisi, ristretta al periodo 2010-2018, fa emergere il peso di un long set per un giocatore al turno successivo, e quale effetto avesse sull'equilibrio competitivo. In quelle nove edizioni dell'Australian Open, del Roland Garros e di Wimbledon si sono giocati 106 long set: il vincitore si è imposto al turno successivo in 15 occasioni ai Championships, in 10 a Melbourne, a 6 a Parigi.
L'analisi della media delle quote dei bookmakers autorizzati, eseguita confrontando differenti aggregatori, fornisce un'indicazione tutto sommato affidabile per considerare le probabilità di vittoria, per quanto nella definizione delle quote la stanchezza per il match precedente possa giocare un ruolo.
Giocare un tie-break al quinto set (come succede da tempo a New York) comporta due effetti apparentemente in controtendenza: il vincitore perde cinque volte su sette al turno successivo giocando da favorito e cede complessivamente undici volte in tre set. Ma in 2 delle 4 vittorie ottenute al turno successivo, nel periodo 2010-2017, giocava da sfavorito. Negli altri Slam chi ha vinto un long set non ha mai ottenuto una vittoria così ‘sorprendente’.
La versione moderna della ‘sudden death’ sembra, in ultima e comunque approssimata analisi, mantenere di più le possibilità di sorprese nel turno successivo, e a cascata nel resto del torneo.
Giocare a oltranza certifica maggiormente i valori pregressi (cioè favorisce i favoriti...) e toglie un po' del fascino immutabile dello sport, in cui i pesci piccoli possono ancora mangiare i pesci grandi.