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Wimbledon è la cattedrale del silenzio. Anche da lunedì, quando il torneo inizia: prima di un punto importante, prima dello scoccare di un servizio, prima di un'azione di gioco, veloce e vincente. Tutta la magia e l'emozione di un luogo unico, che adesso diventa il centro del mondo
di Marco Mazzoni | 25 giugno 2019
Non so se capita anche voi, ma uno dei pensieri più frequenti della giornata è: che cosa mi sono dimenticato? Che cosa mi sto dimenticando di fare? Qualcosa ce lo siamo persi di sicuro. O ci sta sfuggendo. E non lo prenderemo mai più. Come quel passante di Boris Becker agli Us Open 1989 che era lì, in viaggio per la racchetta di Derrick Rostagno che l’aspettava a rete per chiudere il match-point, ma ha toccato il nastro, si è impennato e ciao.
Però a rete ci dobbiamo andare lo stesso, tutte le volte che possiamo, decisi a fare punto. I punti che seguono sono presi al volo dalla settimana appena passata. E’ domenica mattina e la colonna sonora per un momento pacifico di lettura poterebbe essere proprio l’attacco di ‘Sunday morning’, storica hit dei Velvet Underground.
Oggi quello che non ci possiamo perdere è un'emozione silenziosa. Quella di un viaggio dell'anima nel tempio del tennis alla vigilia della Funzione. I Championships a Wimbledon, sui prati, all'interno dei Doherty Gates, che stamattina sono ancora un silenzioso giardino dei desideri. Attraverso il quale ci facciamo accompagnare dalla passione tennistica di Marco Mazzoni. Una 'London walk' virtuale su un palcoscenico unico,prima che lo spettacolo cominci. Andiamo. Insieme (e.a.)
All England Lawn Tennis and Croquet Club, sud ovest di Londra. Sui prati del più famoso tennis club al mondo domani scatterà il main draw dell'edizione 2019 dei Championships. L'elegante quartiere londinese, ricco di verde e piccole perle ottocentesche, sarà meta del classico pellegrinaggio degli appassionati della racchetta, per le due settimane di tennis più attese della stagione. Ma il nostro Wimbledon è già iniziato. Possibile? Sì, se ci catapultiamo già oggi sul Centrale. Avvolti dalla quiete e dal silenzio.
Un privilegio sognato da una vita, fin da quando una vetusta tv 14 pollici portava in casa le prime incerte immagini in bianco e nero dei Championships, con le velocissime falcate di Borg a rincorrere i tocchi d'autore di McEnroe. Poi venne la potenza di Boris a far saltare il banco, le eleganti volée dell'angelo svedese, fino agli ace di Pete e le pennellate di Roger. Leggende.
Quel lembo di mondo ne ha viste di giocate, è stato teatro della storia della disciplina, torneo dopo torneo, ma oggi il tempo sembra non scorrere. Seduto sugli spalti, vivi quei momenti sospeso, con gli occhi che lavorano di fantasia, immaginando i rimbalzi delle prossime palle sull'erba vergine.
Sembra di percepire quel suono ovattato che non ha eguali al mondo. La palla scivola via, attratta dalle corde di un giocatore che con tutta la sua velocità la intercetta e la doma, trovando un angolo scoperto, un colpo vincente.
Che ne sarà di Wimbledon 2019? Chi alzerà il piatto al sabato e la coppa la domenica? Sarà di nuovo la classe di Roger, o la potenza rinata di Rafa spazzerà via tutti? E se mai fosse un giovane ad “entrare in società”? L'eleganza di Tsitsipas, l'esplosività di Medvedev o di Shapovalov, le geometrie di Zverev... E se invece il “Djoker” confermasse il titolo 2018, sul campo che certificò la sua rinascita dopo due anni di crisi nera? Chissà. E alla fine, che importa.
A noi che amiamo profondamente il tennis e viviamo Wimbledon come un dono, non importa chi vincerà il torneo. A noi che abbiamo il privilegio di sostare sul centrale la domenica prima dell'inizio, anche solo con l'anima ed il cuore se si è fisicamente lontani, interessa la bellezza del gioco e la storia che si sta per scrivere e rinnovare.
Chiudiamo gli occhi, aspettando le 14 del lunedì, con il campione in carica che entra in campo, ad aprire simbolicamente la nuova edizione.
Sogniamo una palla che flirta con la riga, un Ace al centro imprendibile. Immaginiamo il brivido per un dritto vincente in avanzamento, bellissimo.
L'emozione per una volee perfetta che muore appena al di là della rete, figlia di gesta antiche, come l'esaltazione per un passante disperato tirato in corsa, fuori dal campo, fuori dal mondo.
Noi amiamo Wimbledon perché ritroviamo sprazzi della bellezza del gesto, che nel bianco immacolato (o quasi) del rigido dress code dei Championships ci riappacifica con un'arte ormai piegata a logiche estremizzate sul piano atletico e commerciale. Wimbledon resta l'essenza del gioco.