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Si è trasferito alla IMG Academy a 12 anni per seguire la strada di Nishikori, e dopo il titolo a Wimbledon juniores e il n.1 al mondo fra i giovani, Shintaro Mochizuki è lanciato fra i “pro”. Il 17enne giapponese si è qualificato a Miami, e continua a migliorare. Con alcune doti che ricordano il mitico Fabrice Santoro
22 aprile 2021
Quando nell’aprile del 2008 Kei Nishikori diventò il più giovane dell’allora top-100 ATP, spiegò di essere cresciuto con in mente il grande obiettivo di migliorare il best ranking di Shuzo Matsuoka, al tempo il miglior tennista giapponese dell’Era Open, arrivato al numero 46 ATP. Il “Project 45” di Kei è andato alla grande, generando in Giappone un entusiasmo incredibile attorno al tennis (al quale oggi contribuisce in particolar modo Naomi Osaka) e favorendo l’arrivo di alcuni giovani intenzionati a ottenere – o magari a migliorare – i suoi stessi risultati. Il più accreditato per un ruolo da protagonista è Shintaro Mochizuki, il classe 2003 di Kawasaki che due anni fa ha conquistato il titolo a Wimbledon juniores, è salito al numero uno del ranking mondiale giovanile e poi ha trascinato il Giappone al trionfo nella Coppa Davis degli under 18. La sua ricetta per emergere? Semplice: seguire le orme di Nishikori. È per quello che già a 12 anni si è trasferito all’IMG Academy di Bradenton, proprio dove anni fa si formò il più illustre connazionale.
Nishikori arrivò in Florida senza sapere una parola di inglese e con i bagagli pieni di insicurezze, ma dalla struttura resa celebre dal mitico Nick Bollettieri ha costruito una signora carriera, con dodici titoli ATP, una finale allo Us Open e il best ranking di numero 4, che in quel periodo voleva dire primo degli umani, alle spalle soltanto di Djokovic, Nadal e Federer. Lo stesso sogna di fare il suo giovane successore, che pian piano si sta facendo notare anche fra i grandi. Malgrado abbia ancora l’età per competere fra gli juniores, e il ranking biennale lo colloca ancora al secondo posto della classifica, Mochizuki è concentrato al cento per cento sul professionismo già da fine 2019, e oggi si trova al numero 520 del ranking ATP.
Il mese scorso si è qualificato per il Masters 1000 di Miami, giocando un ottimo match contro Thanasi Kokkinakis al primo turno, mentre la seconda settimana a Reus (in Spagna) il 17enne nipponico ha raggiunto la sua prima semifinale in un torneo da 25mila dollari di montepremi. L’ha persa contro un’altra promessa, il classe 2001 statunitense Emilio Nava, ma ha mostrato di poter essere competitivo anche sul rosso, e prova a ribadirlo questa settimana al Cairo.
La storia di Mochizuki contiene qualche aneddoto particolare: a casa dei genitori ha una foto con la racchetta in mano ad appena un anno, e non appena ne è stato capace il padre l’ha portato sul campo da tennis. “Io naturalmente ero troppo piccolo per ricordare – ha spiegato – ma mia madre mi racconta che tenevo quella racchettina in mano anche per tre, quattro ore al giorno. Era facile prevedere che mi sarei innamorato di questo sport”. Tuttavia, di lì a poco papà ha abbandonato il lavoro di insegnante di tennis iniziando a fare il tassista, e a 9 anni il figlio ha pensato a sua volta di lasciare il tennis a favore del baseball. Col senno di poi è stato un bene che non l’abbia fatto: continua ad ammirare in televisione le gesta del suo idolo Masahiro Tanaka dei New York Yankees, ma lui fa il tennista, e con una viva passione per i campioni del presente e del passato. Basta dare uno sguardo al suo account Instagram per scovare una foto con Novak Djokovic al gala dei campioni di Wimbledon, una con Tommy Haas dopo un allenamento a Bradenton e persino una con Bjorn Borg, intercettato in un torneo giovanile in Egitto, dove la leggenda svedese era al seguito del figlio Leo, coetaneo di Shintaro.
Naturalmente Mochizuki – che alle ATP Finals del 2019 ha fatto da sparring partner a niente meno che Roger Federer – ha anche un ottimo rapporto con Nishikori, che continua ad allenarsi a Bradenton e col quale condivide il campo sempre più spesso, raccogliendo consigli preziosi a ogni sessione. Uno dei più attenti alla crescita di Shintaro è Max Mirnyi, che dopo un’ottima carriera da doppista (è stato n.1, vincendo sei Slam) oggi collabora con Michael Chang nella cura di Nishikori, e parlando del giovane giapponese ha suggerito un paragone decisamente stuzzicante. “Shintaro – ha detto – mi ricorda Fabrice Santoro. È un giocatore molto furbo, bravissimo a sfruttare la velocità dei colpi degli avversari, e vede il campo in maniera differente dagli altri. Sa usare tutti gli angoli, ha un buon tocco, anticipa il gioco e ama venire a rete. Ha tutto per diventare un ottimo giocatore”.
Per Mochizuki uno dei prossimi obiettivi può essere quello di provare a qualificarsi per le Next Gen ATP Finals di Milano. Magari non quest’anno, visto che il livello medio dei giovani è altissimo e a occhio e croce per avere una chance sarà necessario essere fra i primi 100 del ranking (o lì attorno), mentre nel prossimo futuro è senza dubbio un obiettivo alla sua portata. Al momento, invece, Mochizuki è al numero 23, con 29 punti che diventeranno 35 da lunedì. Meno di un quinto dei 187 di Carlos Alcaraz, il suo connazionale spagnolo che occupa l’ottavo posto, l’ultimo valido per l’accesso all’appuntamento milanese. In testa alla Race to Milan, naturalmente, il nostro Jannik Sinner campione nell’edizione 2019 (l’ultima disputata), seguito da Sebastian Korda, Felix Auger-Aliassime, l’altro azzurro Lorenzo Musetti, il vincitore dell’ATP di Cordoba Juan Manuel Cerundolo, lo statunitense Jenson Brooksby (già a segno in due Challenger nel 2021) e il ceco Tomas Machac. Gente che al momento gioca a un livello superiore rispetto a Mochizuki, ma soprattutto per una questione d’età. Presto arriverà anche il suo momento.