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Campioni next gen

Maestrelli: "Vi racconto i miei 7 giorni sulla luna"

Pisano, classe 2002, Francesco Maestrelli sta vivendo una stagione da sogno. Un balzo da inizio anno di 580 posizioni nel ranking Atp e poi la chiamata di capitan Volandri come sesto uomo aggregato alla squadra di Davis a Bologna. Rincorrendo le Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals di Milano

20 settembre 2022

“Tempo al tempo e lo vedrai”, cantava Paolo Conte nella sua canzone 'Sparring partner'. Sembra che questo augurio, preso a prestito al celebre cantautore astigiano, calzi a pennello al giovane Francesco Maestrelli, che sta scalando il ranking mondiale senza voltarsi indietro, con il coraggio e la grinta di un pugile.

Ha impugnato la prima racchetta a 4 anni perché voleva battere la sorella Valentina, che di anni ne aveva 8, ma fino ai dodici è stato anche calciatore tra i ragazzini del Pisa (“però il pallone - dice - non ha mai avuto la priorità sul tennis”).

Ma Francesco non è solo tennis: dopo essersi diplomato al liceo scientifico pubblico (“con molta fatica, non lo nego”) ha deciso di iscriversi alla facoltà di Economia e commercio nella sua città, a Pisa (“perché voglio farmi una cultura”).

Alto 196 centimetri per 80 chili di peso, rovescio solido, servizio che viaggia a 215 km/h di media, Maestrelli è il prototipo del tennista moderno: “Ma a dispetto delle mie caratteristiche fisiche - spiega - non amo giocare su pochi colpi. Anzi, mi piace correre, soffrire, sudare e adoro l’intensità degli scambi lunghi. Se dovessi immaginare il ‘me’ più forte di quello che sono ora, sarebbe un giocatore che riesce a tenere il ritmo alto, più a lungo”. Intanto, a inizio anno era 759 nel ranking Atp, oggi è 178.

Aggregato come sesto uomo alla squadra di Davis a Bologna, il 19enne toscano ha potuto vivere l’atmosfera dello squadrone azzurro che, se non è il più forte di tutti i tempi, poco ci manca. Salire su un palcoscenico tanto importante lo ha, certo, emozionato (“Ieri ero in Facoltà e uno studente mi ha riconosciuto e ha voluto fare una foto con me: che bello!”) ma gli ha anche dato quella consapevolezza necessaria per fare il grande salto nei top 100.

Quando è arrivata la telefonata di capitan Volandri?

“Ero a Cassis, in Francia, dove avevo appena perso la semifinale, ed ero incavolato come una iena. Si apre la porta dello spogliatoio ed entra Gabrio (Castrichella, il suo coach) che mi dice: ‘Guarda, devo dirti una cosa. Non torni a casa, c’è da fare una tappa intermedia’. Dopo sei settimane lontano… ero ancora più nero. Poi: ‘Ti ha convocato Filippo per andare a Bologna e fare il sesto di Coppa Davis’. In un attimo sono passato dall’inferno al paradiso”.

Come l'ha accolta lo staff della Nazionale?

“Benissimo. Devo ringraziare tutti. Sono entrato in punta di piedi e non sapevo come comportarmi, ma dopo un paio di giorni tutto lo staff mi abbracciava. Mi hanno trattato come uno di loro. Anche i giocatori sono spettacolari, mi hanno fatto sentire come se fossi uno che sarebbe potuto scendere in campo il giorno dopo”.

Ha fatto da sparring a una Nazionale fortissima, tremava un po’ il braccio?

“Beh, a mezzogiorno della prima domenica mi sono trovato nella Unipol Arena e mi girava un po’ la testa. In campo ero un po’ rigido ma alla fine ho pensato più ad allenare bene gli altri piuttosto che alla mia prestazione”.

Francesco Maestrelli

Cosa l'ha colpita di ogni giocatore con cui si è allenato?

“Di Matteo che è forte, forte, forte. Di diritto e servizio gioca un altro sport. Ma capisci quanto sia un giocatore ‘pensante’ e quanto anche fuori dal campo sia un punto di rifermento per la squadra. Di Jannik mi ha impressionato quanto è quadrato, al cento per cento concentrato sull’allenamento, con voglia di migliorarsi su ogni aspetto del gioco. Lorenzo è arte pura. In allenamento prova veramente di tutto: dalle smorzate alle palle che tornano indietro. Ti rendi conto che quelle che fa in partita non sono soluzioni improvvisate ma il frutto di colpi provati e riprovati. Con Fabio e Simone ho giocato un po’ meno perché si allenavano più tra loro, ma posso dire che sono due persone spettacolari”.

Cosa si è messo di nuovo in valigia lasciando Bologna?

“Mi sono goduto ogni minuto di questa esperienza, quasi fossi una spugna. Ho cercato di assorbire tutti gli insegnamenti possibili. Faccio un esempio per tutti, quello dell’ultimo match perso da Jannik. Quando pensi a questi campioni immagini che siano quasi perfetti, invece standogli accanto ti accorgi che anche loro hanno le tue stesse difficoltà, debolezze che io magari non volevo accettare. Osservare la meticolosità con cui si preparano al match, la loro mentalità mentre giocano e come si gestiscono dopo, non ha prezzo”.

A inizio anno era 759 nel ranking Atp, 12 mesi fa addirittura fuori dai mille, adesso è 178. Il 2022 è un po’ il suo anno. Cosa è scattato per fare questo balzo?

“Dopo un primo periodo di assestamento, la differenza l’ha fatta poter vivere da professionista al cento per cento. Ho cominciato a pensare al tennis come al mio lavoro e ho preso consapevolezza dei miei mezzi. Mi ha aiutato anche il mental coach Danilo De Gaspari”.

A Verona, a metà luglio, ha vinto il suo primo Challenger battendo in finale il primo top 100, l’argentino Pedro Cachin.

“Entri in campo con paura. C’è tanto pubblico sulle tribune e non vuoi sfigurare. Il salto di qualità è quello di credere di poterle vincere, queste partite. A Verona è stata un’emozione fortissima, la più grande fino a oggi. Mi sforzavo di giocare non ‘punto su punto’, come si dice in gergo ma ‘colpo su colpo’ per non pensare al traguardo che stavo per tagliare”.

Ha mancato la qualificazione per il primo Slam recentemente allo Us Open contro Nuno Borges, vincitore al tie-break del terzo: più la rabbia o la consapevolezza di essere a livello dei top 100?

“In quei giorni a New York ero molto teso e nervoso, non mi allenavo bene. Per fortuna ho potuto parlare un po’ con Berrettini che mi ha dato una mano. Piano piano sono riuscito a ingranare e la terza partita, quella decisiva, è stata un fiume di emozioni. Tante interruzioni per pioggia e poi quando sono entrato per la terza volta nello spogliatoio e ho realizzato che ero solo a un tie-break dal tabellone principale di uno Slam: non ho saputo gestire la situazione e sono uscito ‘inchiodato’. Alla fine ho pianto come un bambino. Quindi, per rispondere alla domanda, tanta rabbia, niente sonno ma a bocce ferme anche la gioia per un’esperienza bellissima”.

Francesco Maestrelli con il titolo vinto al Challenger di Verona

Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals di Milano a novembre: ci crede?

“Non mi vergogno a dirlo: quest’anno sto andando un po’ sopra le aspettative, per cui le Finals sarebbero la ciliegina sulla torta, un premio alla mia stagione. Detto questo, la partecipazione o meno a Milano non cambierebbe la valutazione del 2022, che resta molto positivo. Certo sarei molto orgoglioso di potermi confrontare con ragazzi che fanno quello che faccio io, però un po’ meglio”.

Quanto manca per vederla in campo da titolare con la maglia azzurra?

“Temo che ci vorrà un po’ (ride, ndr). Sappiamo che stiamo vivendo un grande momento del tennis italiano, con tanti ottimi giocatori. Spero di riuscire a scalare le gerarchie. Mi giocherò le mie carte anche perché questa esperienza a Bologna mi ha fatto innamorare dell’atmosfera della Coppa Davis”.

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