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Dopo aver provato prematuramente il salto fra i “pro”, Leo Borg, figlio della leggenda svedese Bjorn, si sta dedicando all’attività under 18. Nei primi mesi del 2021 ha vinto due tornei ed è entrato fra i primi 20 al mondo. Una scelta saggia, per crescere lontano da troppe attenzioni. Per il tennis dei grandi c’è tempo
09 marzo 2021
Dagli ultimi trionfi di papà Bjorn sono passati la bellezza di quarant’anni, ma il cognome Borg resta troppo importante per il mondo della racchetta. Ecco perché al suo esordio in un Challenger il giovane Leo, nato dal matrimonio (il terzo) dell’ex campione svedese con Patricia Östfeldt, ha trovato a Bergamo le telecamere di Sky Sport e la curiosità del Corriere della Sera, mentre gli è bastato vincere un torneo giovanile di livello medio-alto – il Grado 1 di Porto Alegre, in Brasile – per finire sui siti specializzati di tutto il mondo. Il risultato ha avuto parecchia visibilità perché a premiarlo per il successo nella Brasil Juniors Cup è stato proprio papà, ma la vera notizia è che lo svedese classe 2003 quel torneo l’ha vinto, battendo avversari competitivi e mostrando qualità che sino ad ora non si erano intraviste così spesso.
Le sue prime esperienze fra i professionisti, infatti, erano state decisamente avare di soddisfazioni: nel 2020 a Bergamo, in quello che prima di diventare il torneo dello stop per la pandemia era stato il torneo dell’esordio di Borg junior nel tennis dei grandi, il giovane era durato appena 45 minuti, e anche nei quattro tornei successivi aveva raccolto solo sconfitte al primo turno.
Ma invece che abbattersi Leo ha saggiamente scelto di cambiare aria, mettendo in standby certe ambizioni per dedicarsi alla crescita. Dopotutto, visto che esiste un circuito strutturato ad hoc per garantire la formazione degli juniores, perché non sfruttarlo per giocare il più possibile e fare esperienza in giro per il mondo? Borg lo sta facendo e rispetto al passato ha trovato un deciso cambio di rotta, che potrebbe rappresentare il punto di svolta.
Baby Borg, che lo scorso anno raccontò ai giornalisti presenti a Bergamo di non aver mai riguardato una sola volta una partita del padre (difficile credergli), aveva già vinto un Grado 5 a gennaio in Costa Rica, e in Brasile ha fatto il colpaccio partendo addirittura dalle qualificazioni.
Non pago, ha giocato anche la settimana seguente e giocherà pure questa, a Santo Domingo, partendo da una sfida contro il laziale Niccolò Ciavarella, campione italiano under 16 in carica. Si tratta del suo settimo torneo juniores nelle ultime otto settimane, prova provata della volontà del biondo svedese di rimanere il più possibile celato nell’universo under 18, lontano da troppe attenzioni, per ripresentarsi fra i grandi solo quando sarà davvero pronto.
Dovrà farlo necessariamente il prossimo anno, visto che a maggio festeggerà 18 anni e quindi potrà restare fra gli juniores solo fino al termine del 2021, ma intanto può continuare a competere, vincere e raccogliere fiducia in una dimensione più tranquilla e meno esposta mediaticamente.
Grazie alla vittoria in Brasile, Leo è salito al numero 20 della classifica mondiale juniores, alle spalle del connazionale Mans Dahlberg. Vuol dire che, conseguenze della pandemia permettendo, potrà giocare anche i tornei giovanili del Grande Slam: una buona notizia per lui e anche per la Svezia, che dopo i ripetuti successi degli anni d’oro ha vissuto un lunghissimo periodo senza stelle.
Dopo il ritiro prematuro di Soderling hanno faticato a trovare qualche giocatore in grado di arrivare anche solo nel circuito maggiore Atp, poi il 22enne(di genitori etiopi) Mikael Ymer ha riportato una bandiera svedese fra i primi 100 del mondo, restituendo la speranza a un paese intero. Per il futuro sperano di poter fare ancora meglio, ma questo a Leo Borg deve interessare relativamente: ciò che conta, per lui, è provare a godersi i suoi 17 anni, smarcandosi il più possibile dal seppur inevitabile paragone con papà.
Non è scritto da nessuna parte che il giovane, che la scorsa estate ha lasciato Stoccolma per iniziare ad allenars alla Rafa Nadal Academy di Manacor, debba diventare a tutti i costi come il padre. In passato lo è stato sul set cinematografico, interpretandone il personaggio in alcuni passaggi del noto film “Borg vs. McEnroe”, mentre in futuro può provare a fare il tennista senza dover per forza diventare numero uno al mondo o vincere vari titoli del Grande Slam.
Per essere fenomeni non bastano i geni buoni, serve molto altro e le chance di non farcela sono altissime. Ma i risultati recenti dicono che Leo una buona carriera se la può costruire, e non è detto che quel cognome che sin qui ha rappresentato soprattutto un peso non possa presto trasformarsi in un aiuto, magari per accaparrarsi qualche wild card per dei tornei importanti. Molto passerà anche dalla sua capacità di ottenere altri risultati incoraggianti, ma a occhio e croce non dovrebbe servirgli chissà cosa. Perché la dimensione trovata sembra finalmente quella corretta.