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Campioni nazionali

Non solo Seppi: l’altra Italia che dice basta, da Viola a Vilardo

Il ritiro di Andreas Seppi è stato il più illustre, ma nel 2022 del tennis italiano ci sono stati altri addii che meritano di essere ricordati. Hanno terminato la propria carriera Matteo Viola e Martina Di Giuseppe, entrambi capaci di arrivare nei primi 150 al mondo, oltre alla 25enne Bianca Turati e il sindacalista giramondo Francesco Vilardo

16 dicembre 2022

Matteo Viola, classe 1987, è stato numero 118 della classifica mondiale ATP (foto Antonio Milesi)

Nel piccolo grande mondo del tennis, il 2022 è stato l’anno di tantissimi ritiri di spessore. I primi che vengono in mente sono quelle delle superstar Roger Federer e Serena Williams, ma anche di Ashleigh Barty che ha detto basta quando era numero uno al mondo, o di tre ex top-10 come Jo-Wilfried Tsonga, Gilles Simon e Tommy Robredo, più altri ancora. In Italia, invece, l’addio al tennis giocato più importante è stato quello di Andreas Seppi, uno dei volti simbolo del nostro movimento negli ultimi vent’anni o poco meno. Ma l’altoatesino, che si è ritirato al Challenger di casa a Ortisei dopo 215 settimane da numero uno d’Italia e 810 nella top-100 (record nazionale), non è stato l’unico tennista italiano ad appendere la racchetta al chiodo nel corso della stagione.

Volendo andare in ordine di miglior classifica raggiunta, il secondo addio più illustre è stato quello di Matteo Viola, una sorta di Seppi in miniatura (in termini di risultati) grazie alla sua capacità – comune ad Andreas – di spremere al massimo tutto ciò che madre natura gli ha dato, con dedizione, tanto allenamento e un timing sul rovescio da fare invidia a tanti. Il tennista veneto, classe 1987, si è ritirato al termine di una carriera che l’ha visto arrivare al numero 118 del ranking mondiale ATP, vincere tre tornei Challenger fra 2011 e 2014 oltre a 14 Futures, e qualificarsi per l’Australian Open del 2012.

Matteo Viola con Andy Murray: contro lo scozzese ha colto la più importante vittoria in carriera

Da tempo Viola continuava a girare il mondo pur avendo una moglie e una figlia a casa, poi a luglio è nato il suo secondogenito (Tommaso) e a settembre si è reso conto che – parole sue – l’obbligo di rimanere a lungo lontano dalla famiglia era diventato un sacrificio troppo grande. Così ha voltato pagina. “Auguro a tutti – ha scritto nel suo messaggio d’addio al tennis pubblicato sui social – di poter vivere il tennis come l’ho vissuto io o magari ancora più intensamente. Viaggiare per il mondo e riuscire a vivere con la propria passione è cosa rara: averlo fatto da professionista è stato un grande privilegio”.

Fra la tante soddisfazioni che si porterà dentro per sempre c’è la sua serata da top player, tre anni fa al Challenger di casa Nadal a Manacor, quando in un Centrale gremito si prese il lusso di battere l’ex numero uno del mondo Andy Murray. Le condizioni dello scozzese erano quelle che erano, ma al tie-break del terzo set, quando la palla scotta, si vince più di testa che di tennis. Dopo l’addio, Viola è passato in fretta dall’altra parte della barricata iniziando un progetto affascinante con Melania Delai, veneta come lui, in cerca della strada che porta fino al tennis di vertice.

Matteo Viola in versione coach: dopo il ritiro ha subito iniziato a lavorare con Melania Delai

L’addio al tennis più fresco è invece quello di Martina Di Giuseppe, che come teatro dell’ultima partita ha scelto le finali del Campionato di Serie A1 col suo Tennis Club Parioli, da vera romana de Roma. Quell’incontro la 31enne laziale l’ha perso e quando è arrivato il momento dei saluti qualche lacrima è scappata, ma sul suo volto illuminato dal sorriso era impossibile non scorgere la felicità per tutte l’emozioni che in 25 anni di tennis hanno riempito il suo cuore grande, anima – insieme a uno stile di gioco d’altri tempi – di una carriera che l’ha vista vincere 7 titoli internazionali e arrivare al numero 149 del mondo nel 2019.

In una decina di tentativi nelle qualificazioni dei tornei del Grande Slam non è mai riuscita a raggiungere il tabellone principale, ma si è rifatta nel 2019 a Bucarest quando grazie a sei vittorie si è spinta fino alla sua prima semifinale nel circuito maggiore, battendo una dopo l’altra le future top-10 Barbora Krejcikova e Veronika Kudermetova. Resterà quello il risultato più significativo di una carriera più volte frenata da problemi fisici, alle ginocchia ma anche o soprattutto a una mandibola che per oltre un anno le ha aveva reso una battaglia ogni pasto, fino a farle perdere parecchi chili e prendersi tutte le sue attenzioni, rubandole al tennis.

Poi, un intervento chirurgico ha risolto il problema e lì è iniziata la parte più felice della sua carriera, che a suon di slice e palle corte l’ha vista mandare ai matti il 99% delle avversarie che si è trovata dall’altra parte della rete. Col suo stile tanto raro da sembrare unico è stata una piacevole eccezione in un modo un po’ troppo omologato a certi canoni, perciò mancherà. Ma la buona notizia è che ha intenzione di rimanere nell’ambiente, magari per insegnare a qualche giovane la sua tanto cara “smorza”.

Martina Di Giuseppe, classe 1991, è stata numero 149 della classifica WTA (foto Giampiero Sposito)

Mentre Viola e Di Giuseppe hanno mollato dopo i trent’anni, Bianca Turati l’ha invece fatto ad appena 25, nel pieno dell’attività e in una stagione che peraltro l’aveva vista centrare la prima qualificazione per un torneo del circuito maggiore, ad Abu Dhabi. Tuttavia, nell’ultimo anno la lecchese di Barzanò si è resa conto che il tennis professionistico non le dava più le soddisfazioni di un tempo e ha ceduto – una seconda volta – al richiamo degli Stati Uniti, dove era già stata dal 2016 al 2020, completando la laurea in Sport Management alla University of Texas di Austin, insieme alla gemella Anna (anche lei tennista).

Così, con otto titoli internazionali nel palmarès e un best ranking di numero 259 Wta nel 2021, la lombarda ha preferito cambiare percorso, decidendo di accettare il posto da assistant coach della squadra femminile di tennis alla University of Missouri, nella città di Columbia.

Bianca Turati: dopo la laurea al college in Texas, la lombarda ha deciso di tornare negli Stati Uniti da allenatrice (foto GAME)

Un altro ad aver detto basta da pochissimo come Martina Di Giuseppe è Francesco Vilardo, classe 1989 da Fuscaldo (Calabria), uno che la sua vita da globetrotter col borsone l’ha voluta davvero vivere a pieno pur rimanendo sempre lontano da certi livelli. È stato il giramondo dei giramondo, con 54 paesi nazioni visitate grazie alla racchetta – come scrive fiero sulla propria bio di Instagram – e la capacità di raccogliere esperienze, imparare, assorbire culture e farsi apprezzare in ogni angolo del pianeta. Da qualche anno è stato anche uno dei “sindacalisti” del circuito, grazie al ruolo nell’ITF World Tennis Tour Player Panel, il board che lavora per garantire condizioni migliori ai giocatori di seconda o terza fascia, abituati a frequentare tornei avari di montepremi e visibilità.

Di recente, invece, il calabrese si è sposato ed è diventato padre, fino a maturare la decisione di cambiare vita e chiudere l’attività “pro”, con un best ranking da numero 455 Atp, due titoli Futures in singolare (entrambi nel 2018: in Israele e Bielorussia) e una quindicina in doppio, cinque dei quali quest’anno. “Ho riposto centinaia di esperienze vissute in giro per il mondo in una valigia stracolma, pesante ma non di certo ingombrante”, ha scritto sui social nel lungo messaggio col quale ha salutato tutti i suoi compagni di viaggio, e ora un po’ di quelle esperienze proverà a metterle al servizio degli stessi ragazzi che fino a qualche giorno fa erano i suoi compagni d’allenamento, sui campi dell’Enjoy Tennis Center di Roma. Conoscendolo, non farà fatica a farsi apprezzare anche come coach.

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