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Campioni nazionali

Bellucci talento genuino al primo Slam: scopriamo chi è partendo dalla racchetta

Il volto nuovo del tennis italiano, qualificato per la prima volta per il tabellone principale degli Open d’Australia, si allena a Gallarate e si fa mettere a punto gli attrezzi a Milano, da Marco Rossani, responsabile del team degli incordatori degli IBI. Gli abbiamo chiesto di raccontarci com’è mattia dietro le quinte

di | 15 gennaio 2023

Mattia Bellucci è nato a Busto Arsizio (VA) il primo di giugno del 2001

Mattia Bellucci è nato a Busto Arsizio (VA) il primo di giugno del 2001

C’è un’immagine che si lega a filo diretto con l’esordio assoluto di Mattia Bellucci nel tabellone principale di un grande torneo, addirittura di uno Slam come gli open d’Australia: è quella di un ragazzino, berretto con la visiera e sneakers ai piedi, che spicca il volo attaccato a un palloncino, sopra una piccola folla di mani tese verso l’alto, non sappiamo se protese a cercare di afferrarlo o inneggianti alla sua ascesa.

Questa immagine il 21enne di Busto Arsizio (compirà 22 anni l’1 giugno) ce l’ha tatuata sulla pelle, sul fianco sinistro, all’ombra di quel braccio da quale sta facendo uscire tanto tennis, fresco, originale, tutto suo, anche se ora che si avvicina a grandi passi alla top 100 (un anno fa era n.681) cominciano i paragoni, la ricerca delle somiglianze, a partire da quel servizio mancino dal caricamento tutto laterale che ricorda un certo John McEnroe.

Dovrà farci l’abitudine, Mattia, ai paragoni, se continuerà a progredire come ha fatto negli ultimi mesi: il mondo lo sta scoprendo più velocemente come un giocatore da tenere d’occhio di quanto lui stesso se ne renda conto.

I riflettori del Grande Slam inevitabilmente porteranno al centro dell’attenzione quella sua dimensione semplice, genuina, entusiasta del tennis e della vita che traspare del suo profilo Instagram, dove posta con parsimonia, immagini e frasi cha fanno trasparire una sensibilità non comune e tanti baci appassionati con la fidanzata Alice, studentessa alla Bocconi e ottima tennista anche lei.

L’indole però è quella e fa di Mattia Bellucci un emergente che entusiasma, che ispira vicinanza e simpatia, che sei felice di veder volare in alto perché ha tanti sogni da realizzare, le doti per riuscirci e non se la tira neanche un po’. Ce lo racconta, da un’angolazione particolare, Marco Rossani, il responsabile del team di incordatori degli Internazionali BNL d’Italia che è anche il suo tecnico delle racchette, l’uomo della messa a punto in vista del match.

Come hai conosciuto Mattia?

“Collaboro da tempo con Fabio Chiappini che è il suo coach. Quando i ragazzi della sua Accademia (la MXP di Gallarate n.d.r.) hanno bisogno di mettere a punto le racchette li indirizza da me. Mattia è arrivato così, come uno dei tanti, un bel giorno, con quel suo ciuffo di capelli e un fascio di racchette sotto il braccio. A me e mia moglie Adriana (anche lei esperta stringer) ha fatto subito una bellissima impressione. Un ragazzo pulito, molto educato, un po’ timido. Uno che dice sempre: per favore, grazie, prego, scusa”.

Che cosa ti ha chiesto?

“Il suo principale problema era che gli si rompevano le impugnature. Un problema abbastanza ricorrente, di tanti giocatori, che si verifica indipendentemente dalla marca o dal modello della racchetta. Non è un difetto dei prodotti ma dipende dal modo in cui questi ragazzi impugnano, estremamente verso il fondo all’impugnatura. Così sollecitano molto il fondello all’estremità del manico, che tende a rompersi. Per evitare questo tipo di problema bisogna fare alcune modifiche. E’ venuto essenzialmente per risolvere questo problema e poi per controllare le racchette”.

Quante racchette ha portato?

“La prima volta erano sei. Abbiamo visto che c’erano alcune differenze di peso e bilanciamento e dunque mi anche chiesto di customizzarle per allinearle perfettamente, farle diventare tutte uguali”

Ti è sembrato particolarmente attento a questo aspetto?

“Sì ma non in un modo maniacale. Che è un bene. Ci sono tanti giocatori che prendono a pretesto anche piccoli dettagli tecnici dell’attrezzo per trovare scuse che giustifichino una prestazione non ottimale: ‘non ho giocato bene perché avevo un problema alla racchetta’ è una frase che abbiamo sentito tante volte. Mattia mi è sembrato molto più concentrato su se stesso”.

Che racchetta adopera?

“Gioca con la Head Radical. Le sue ovviamente sono “pro stock”, sono realizzate con specifiche personalizzate e arrivano direttamente dalla sede austriaca di Kennelbach ma lo stampo è quello della racchetta di serie”.

Che corde usa?

“Sta facendo un ibrido con due tipi di sintetico monofilamento: Head Hawk e Head Lynx Tour”.

Mattia Bellucci con Marco Rossani

La tensione è molto alta?

“No, assolutamente: 22 kg per le verticali, 21 kg per le orizzontali. Una tensione bassa. Una cosa che mi è molto piaciuta, e che è comune anche agli altri ragazzi dell’Accademia, è che apprezzano il fatto di affidarsi a uno specialista per la taratura delle racchette. E’ un plus per loro, risolve problemi, toglie pensieri. Sanno che le racchette sono a posto, come vogliono che siano: peso e bilanciamento pareggiato, fondello rinforzato e grip montato come vogliono loro. Si possono solo concentrare sulla parte che riguarda loro, il gioco. Per esempio Mattia, oltre alla necessità di queste piccole modifiche dell’impugnatura, finisce di personalizzarsela da solo con dei giri di nastro all’estremità, un po’ alla Gasquet, ma senza arrivare a quegli eccessi. La ingrossa a livello del fondello, con due livelli di nastro, per avere maggiore sicurezza nel servizio, per sentire che non gli sfugge dalla mano quando spinge al massimo. Prima di venire da me si preparava quest’ultimo ritocco da solo. Già che era qui e dovevo fare tutto il lavoro mi ha detto ridendo: ti insegno come lo faccio io. E così ho potuto replicargli su tutti gli esemplari questo lavoretto, alla sua maniera”.

Mattia Bellucci vincitore al Challenger ATP di Saint-Tropez

Ci sono altri dettagli tipici del suo attrezzo?

“Sì, c’è da sottolineare che usa il grip in pelle, come i top player anche delle generazioni passate. In precedenza se li montava da solo: non sempre in modo ottimale perché è un lavoro che per essere fatto a regola d’arte richiede esperienza e attrezzi adatti. Lui per esempio ne metteva in eccedenza, andava oltre il limite del manico verso il cuore della racchetta e questo non creava problemi di grip ma modificava, sia pure di poco, peso e bilanciamento”.

Che cosa ti ha colpito più di lui?

“E’ un ragazzo entusiasta della vita e del tennis: di fronte alla parete delle racchette gli brillano gli occhi come a un golosone in pasticceria. Ha ancora l’atteggiamento di un fan del tennis mentre sta già diventando uno di quelli che i fans li hanno. E’ uno molto stiloso, fanatico delle sneakers: si autodefinisce ‘Sneacker addicted’. Però è fresco, un’anima pulita, per niente costruito. Sta diventando un grande quasi senza rendersene conto, senza dargli peso, mantenendo il suo entusiasmo genuino. Gli auguro di continuare così il più a lungo possibile”.

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