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Campioni internazionali

“Tsitsipas è un vulcano attivo e l'atleta più forte di tutti”

Lo afferma Kostas Pergantis, lo psicologo dello sport che lavora con lui da quando era piccolo, in un'intervista rilasciata al sito Sport DNA. “E’ come un attore da Oscar e in questo momento è l’atleta più forte del circuito”

di | 21 aprile 2021

Stefanos Tsitsipas ha conquistato a Monte-Carlo il suo primo ATP Masters 1000

Stefanos Tsitsipas ha conquistato a Monte-Carlo il suo primo ATP Masters 1000. Ora è il n.1 nella classifica Fed Ex Race to Turin

La grande autorevolezza con cui Stefanos Tsitsipas nella finale del Rolex Masters di Monte-carlo, specie nell’attesissima finale contro Andrey Rublev, ha impressionato il mondo.

Che il 22enne greco fosse uno dei grandi pretendenti alla successione dei Fab Four, era già chiaro dalle prime vittorie su Djokovinc, Nadal e Federer. Le semifinali in Australia, al Roland Garros, la vittoria alle Nitto ATP Finals 2019 parlavano chiaro.

Ma dal faccia a faccia con un avversario che aveva appena preso a pallate sulla “sua” terra battuta Rafael Nadal e raggiunto almeno i quarti di finale in tutti tornei disputati nell’anno, ci si aspettava uno scontro tiratissimo, una sfida fra pari.

Invece il mondo ha assistito allo splendido monologo di un protagonista che è parso già proiettato in un’altra dimensione. Quella del candidato leader assoluto. Per qualità tecniche e atletiche ma anche per atteggiamento, per sicurezza sul campo.

Non è un caso che a fine partita abbia sottoscritto sul vetro della telecamera una sorta di promessa: tutto comincia da Monte-Carlo. Come se la vittoria del suo primo Masters 1000 fosse l’arrivo al campo base e ora non si attenda che il momento più adatto per raggiungere la vetta assoluta.

A confermare la sensazione ecco il racconto di Kostas Pergantis, il mental trainer del team di Tsitsipas, lo psicologo dello sport che gli sta vicino e lo aiuta a crescere da quando aveva 12 anni. Dopo il successo nel Principato ha rilasciato un’ampia intervista a Vicky Georgatou del sito in lingua greca SportDNA.

Vale la pena di andarsi a leggere alcuni dei passaggi più interessanti.

Il mental trainer Kostas Pergantis con Stefanos Tsitsipas

 "Si potrebbe dire che il mio è un lavoro da consulente – esordisce Pergantis - ma in sostanza parliamo di formazione. Gli inglesi parlano di mental trainer, cioè di allenatore mentale, che però va inteso in senso allargato, all’intera formazione della persona, alla sua crescita umana, spirituale, complessiva. Chi fa il mio lavoro deve aiutare l'atleta a esprimere il potenziale che esiste in lui. E ad evolversi, a lavorare, ad allenarsi. Questo è letteralmente allenamento spirituale. "Mentre esercitiamo il corpo, dobbiamo anche esercitare ‘il muscolo che non si vede’, come mi piace chiamarlo, cioè la mente. "

"Ci siamo messi a lavorare ancor più in profondità, soprattutto dopo la sconfitta di Miami contro Hurkacz, una partita che Stefanos avrebbe dovuto vincere e invece ha perso. – spiega il mental coach - Si poteva liquidare la questione dicendo che aveva perso, capita spesso a un tennista. Il punto però era che un atleta come lui, che è in cima al mondo, vive una pressione diversa da quella che ci si immagina. Stefanos da più giovane ha sempre gestito molto bene la pressione e il fuoco della lotta. Ultimamente, però, sembrava incapace di farlo. A Miami, in particolare. Quindi abbiamo dovuto metterci al lavoro, appena tornato in Europa, prima del torneo di Monte-Carlo. Alla fine di ogni giornata abbiamo fatto “decompressione” ripartendo dall’energia che appoggiarci all'energia che sin da bambino ha sempre avuto, un’energia enorme. Potrei paragonarlo a un vulcano attivo quando tutto va bene. Essere un vulcano non è la forma ideale, bisogna potersi controllare. Non puoi esplodere e spaccare tutto, devi gestire questa grande energia. E’ quello che abbiamo fatto ogni sera. E lo abbiamo fatto in più modo naturale, che è respirare. Lo chiamo ‘messa a terra ".

"In questo momento è l'atleta più forte del tour. Medvedev, ad esempio, che lo precede in classifica, è più alto ma non ha le caratteristiche antropometriche di Stefanos, le proporzioni e la forza che questo ragazzo sa tirare fuori e non ha il gioco a tutto campo che Stefanos riesce ad esprimere".

Il risultato è uno Stefanos Tsitsipas al massimo dell’energia ma anche della calma e concentrazione. Uno che a Monte-Carlo non ha perso nemmeno un set.

Il nostro allenamento è basato sull'interazione e sul rapporto che costruiamo. E’ basato sull’auto-coscienza, sulla capacità di essere nel presente con tutto il tuo essere, con il tuo sistema al 100%. Potremmo dire che entri in un flusso, uno stato mentale particolare. Entri in una ‘zona’, ci sono vari termini che descrivono questa condizione nello spor,t ma rimandano tutti al medesimo stato mentale. In generale, quando riesci a essere in contatto e in accordo con te stesso, qualunque cosa tu faccia, qualunque sia il campo in cui operi, puoi ottenere prestazioni elevate e non solo. Raggiungi anche una forza calma, una capacità di controllare effettivamente la tua energia. Questo è ciò che abbiamo visto realizzare da Stefanos. E se descriviamo questa relazione come quella tra il regista e l’attore, un buon regista può dirigere bene, ma è l'attore al top che esprime la grande prestazione, come Stefanos, che è come un attore da premio Oscar. "

Secondo Pergantis Tsitsipas ora è in grado di fare già la differenza a livello assoluto.

"In questo momento è l'atleta più forte del tour. Medvedev, ad esempio, che lo precede in classifica, è più alto ma non ha le caratteristiche antropometriche di Stefanos, le proporzioni e la forza che questo ragazzo sa tirare fuori e non ha il gioco a tutto campo che Stefanos riesce ad esprimere. La sua squadra ha lavorato bene, a partire da suo papà Apostolos, il suo coach. Era molto ben preparato per la finale, sapeva benissimo cosa doveva fare in campo e ha disarmato Rublev”.

Kostas Pergantis ha conosciuto Tsitsipas quando era un ragazzino.

"Avevo finito i miei studi, ero tornato in Grecia e stavo lavorando con un altro giovane tennista che aveva 16 anni ed era il numero 1 nel Paese. A un certo punto ho visto un dodicenne impegnato nella semifinale degli Under 14. Ho lasciato il campo dove giocava il mio allievo per andare a vedere questo che mi è parso un brillante splendente. A bordo campo ho incontrato suo padre. Non ci vedevamo da anni: era stato mio compagno di classe a scuola. Gli ho chiesto cosa facesse lì e mi ha detto che stava guardando giocare suo figlio. Tutto è iniziato così. Non appena la partita è finita e Stefanos si è qualificato per la finale, sono entrato in campo, gli ho stretto la mano e gli ho detto "da oggi sarò il tuo più grande tifoso". Qualunque cosa gli vedete fare oggi, la faceva già allora, solo a una velocità inferiore. Ma il carisma era lo stesso".

Stefanos aveva dentro una scintilla…

"Nei nostri primi incontri, gli ho chiesto, come faccio con tutti i bambini, qual era il suo obiettivo. Mi ha guardato negli occhi e ha detto: Voglio arrivare al n. 1 del mondo. Era assolutamente serio in quello stava dicendo! Per capirci: quando è diventato n.1 del mondo under 18, gli ho detto: hai raggiunto il tuo obiettivo. E lui mi ha risposto: No, non è questo il mio obiettivo! Lì si ho capito che faceva davvero sul serio.  Vuole diventare n.1. Non si accontenta del n.5 o del n.2 o del n.3. Gli ultimi gradini sono però i più difficili da scalare. Perché ora sei di fronte alla vetta. Quando si è reso conto di questa cosa è andato troppo “avanti veloce” e ha cominciato a domandarsi: che cosa farò per arrivare lassù, quando succederà, quando vincerò un grande torneo? Una pressione che lo portava ben lontano da essere quello che abbiamo visto a Monte-Carlo. Nei giorni precedenti al torneo siamo riusciti a rimetterlo sui binari".

In teoria avrebbe dovuto subire ancora di più la pressione, dopo l’uscita di scena dei grandi: Djokovic, Nadal. E invece…

Lui non ci ha più pensato. Quello che pensava ogni giorno era la partita, il presente della partita, contro qualsiasi avversario. Ci siamo riusciti. E sono contento di parlare al plurale, come team di cui mi sento parte. Il fatto che l'atleta sia riuscito a mettere la sua energia indisturbato, è anche il risultato del lavoro. Ma era lui ad avere quell'energia, gliel'ho detto ogni giorno. Non faccio niente, gli ho detto, ti faccio vedere chi sei, che cosa sei in grado di fare. Questo è ciò che conta e vale per tutti i bambini. Dobbiamo aiutarli ad esprimersi, a diventare quello che già sono".

Mi piace dire a Stefanos – conclude Pergantis - che avrò fatto bene il mio lavoro quando non avrà più bisogno di me. Sono convinto che quando diventa davvero forte e questa condizione diventa uno status, allora non ha bisogno di parlare con me. Non sono io quello che deve essere centro: al centro c'è l'atleta. E stiamo parlando di un atleta che ha tutto quello che serve per essere in vette. Se l’è guadagnato, lo aveva come obiettivo sin da bambino e in questo momento sta diventando quello che… già è".

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