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Campioni internazionali

Ucraini e russi insieme in doppio: così il tennis rifiuta la guerra

Nei giorni in cui la Russia stava preparando l'invasione dell'Ucraina, Andrey Rublev e Denys Molchanov vincevano il torneo Atp 250 di Marsiglia. Da allora, i doppi con un giocatore ucraino e uno russo (o bielorusso) sono diventati casi rari. Ma ancora c'è chi resiste e prova a mandare un messaggio

di | 23 marzo 2023

Venti febbraio duemilaventidue: la guerra in Europa non è ancora un fatto certo, ma che sia più di un'ipotesi lo dicono i fatti. Gli Stati Uniti chiedono ai connazionali di lasciare la Russia, non potendo più garantire la loro sicurezza. Nel Vecchio Continente si cerca di capire come muoversi di fronte a un'eventuale invasione dell'Ucraina, che appare sempre più vicina. Nel mentre, a Marsiglia, il russo Andrey Rublev e l'ucraino Denys Molchanov vincono il torneo di doppio dell'Atp 250 francese, regalando uno spot alla fratellanza e alla pace. Andrey e Denys sono amici da quando erano bambini, e di bandiere e conflitti non vogliono nemmeno sentir parlare.

Quattro giorni dopo, il mondo vedrà l'inizio di quell'invasione russa che ancora oggi provoca tragedie e sofferenza. Come tutti i settori della vita, anche lo sport ha patito le ricadute del conflitto: una di queste, magari poco appariscente ma emotivamente impattante per i diretti interessati, è la divisione forzata delle coppie russo-ucraine, che nel tennis erano la norma, più che l'eccezione. Seguendo peraltro quello che è il percorso di due Paesi fratelli, con una storia per lunghi tratti comune e lacerata dagli avvenimenti recenti.

Dal 24 febbraio 2022 in poi, vedere nel circuito Atp, Wta o Itf una coppia composta da giocatori russi (o bielorussi) e ucraini è diventato tristemente complicato. Ma, in ogni caso, non impossibile. La vicenda più sorprendente riguarda l'ucraina Valeriya Strakhova, che nel corso di questi primi tre mesi dell'anno ha vinto altrettanti tornei Itf, sempre accanto a compagne russe: per due volte (a Buenos Aires, 25 mila dollari di montepremi) con Amina Anshba, la terza – domenica scorsa ad Anapoima, in Colombia – con Irina Kromacheva, 27 anni, già top 100 in singolare nel 2017. La Strakhova viene da Kerc, in Crimea, regione annessa (tramite referendum) dalla Russia nel 2014 ma ancora parte dell'Ucraina per la maggioranza della comunità internazionale, che quel referendum non lo ha mai considerato legittimo.

Così come ucraina è rimasta la bandiera accanto al nome della 27enne Valeriya, attuale numero 130 del ranking mondiale di specialità. La quale, peraltro, non si è limitata a questo: dal momento dell'invasione russa a oggi, ha messo insieme otto diverse compagne del Paese vicino eppure – oggi – ostile: si tratta, oltre che di Anshba e Khromacheva, di Alena Fomina-Klotz, Sofya Lansere, Natalia Vikhlyantseva, Aleksandra Pospelova, Anastasia Tikhonova ed Ekaterina Yashina. Con quest'ultima, in particolare, la coppia si formò ad Astana, in Kazakistan, il 28 febbraio 2022, appena quattro giorni dopo l'avvio di quella che i russi chiamano operazione militare speciale.

Se in questo caso la provenienza della giocatrice – quella Crimea che tuttora è motivo di disputa tra Russia e Ucraina – può aver giocato un ruolo, in altri casi è stata evidente la volontà di mandare un messaggio. Se non di pace – che forse sarebbe chiedere troppo – almeno di lasciare fuori lo sport dalla tragedia della guerra e dai giochi di potere. L'esempio di Rublev e Molchanov è stato dunque seguito da altri. Per esempio, da Oleg Prihodko, 25 anni, numero 427 Atp.

“L'esclusione dei russi da alcuni tornei? Serve solo – ha sottolineato – per alimentare un conflitto che non dovrebbe riguardare le singole persone”. Così, sfidando anche il parere della sua federazione, Oleg ha deciso di giocare il doppio (specialità che lo vede al numero 121 Atp) accanto a un suo amico. Russo. Lui si chiama Yan Bondarevskiy, e insieme a Prihodko ha giocato a Vicenza, nel maggio del 2022, raggiungendo la semifinale. “Credo – ha ribadito l'ucraino di recente – che una persona debba essere giudicata per le proprie azioni, non per la propria nazionalità. Ho tanti amici russi e bielorussi che mi sostengono e che sono contro la guerra”.

Dal momento dell'invasione del 24 febbraio 2022 a oggi, l'ucraina Strakhova ha giocato in coppia con otto diverse compagne russe 

Fare coppia con i bielorussi, forse, è in qualche modo una scelta meno eclatante. Così, di ucraini che hanno optato per questa soluzione ne troviamo diversi. Per esempio, Vladyslav Manafov (29 anni, 116 Atp in doppio) e Volodymyr Uzhylovskyi (34 anni, 383): il primo ha vinto a inizio 2023 i Challenger di Vilnius e Cherbourg insieme a Ivan Liutarevich, mentre il secondo ha scelto lo stesso compagno riscuotendo decisamente meno successo (due primi turni su altrettanti tornei). Ci sono invece altri due ucraini che sono andati oltre. Oleksandr Bielinskyi (28 anni, 598 in doppio) ha giocato nell'estate dello scorso anno accanto ai russi Egor Novikov e Ivan Nedelko, mentre la 21enne Anastasiia Poplavska ha fatto coppia con le russe Anhzelika Isaeva e Anastasia Sukhotina.

In questo periodo sta finendo spesso sotto i riflettori la ventenne di Kiev Marta Kostyuk, sia per gli ottimi risultati (oggi è numero 38 Wta), sia per le dichiarazioni sempre molto dure in merito alle colleghe provenienti dal Paese invasore. Dopo il successo nel torneo di Austin, in aggiunta, Marta ha evitato di stringere la mano alla finalista, la russa Varvara Gracheva. Eppure, l'archivio della Wta racconta che proprio nei giorni dell'invasione, la Kostyuk stava giocando un doppio a Doha insieme ad Aliaksandra Sasnovich, bielorussa. Sarebbe stata l'ultima volta della tennista ucraina insieme a una compagna proveniente dai due Paesi ostili.

Che il tennis, e in particolare il doppio, sia spesso uno strumento usato dai giocatori per tentare l'impresa impossibile di attenuare tensioni infinitamente più grandi di loro, non è una novità assoluta. Anzi, ci sono personaggi come il pakistano Aisam ul-Haq Qureshi che su questo hanno quasi fondato una carriera: per il 43enne, ancora oggi fra i top 100 della specialità, alcuni dei momenti migliori della propria vita sportiva sono giunti accanto all'israeliano Amir Hadad e all'indiano Rohan Bopanna.

Scelte affatto banali, che a Qureshi hanno portato riconoscimenti su più fronti, dalla prima pagina del New York Times all'Arthur Ashe Humanitarian of the Year, premio assegnato dall'Atp agli atleti che si sono distinti per cause sociali degne di nota. Qui però la dimensione del conflitto appare diversa, e diversa è la percezione delle azioni dei giocatori, dell'una o dell'altra parte. In questo contesto che genera riflessioni e interrogativi, forse, la vera risposta la dovremmo cercare nelle parole di Elena Rybakina, kazaka nata a Mosca. La quale, dopo aver vinto Wimbledon, all'ennesima domanda sulla sua origine russa, rispose (in lacrime) in maniera semplice eppure geniale: “Non ho scelto io dove nascere”.

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