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Campioni internazionali

Sir Andy Murray, il signore del 700

All’esordio in California lo scozzese si aggiudica uno storico 700esimo match in carriera battendo il giapponese Taro Daniel (terzo faccia a faccia in meno di due mesi). Un successo che vale altri 30.000 dollari per l’Unicef a favore dei bambini ucraini

di | 11 marzo 2022

Andy Murray è nato a Dunblane (Scozia) il 15 maggio 1987

Andy Murray è nato a Dunblane (Scozia) il 15 maggio 1987. Attualmente è n.88 del mondo ma è stato n.1 nel 2016, prima di doversi sottoporre a due operazioni all'anca destra (Foto Getty Images)

Ancora tu? Mi sembra la 700esima volta… Forse il regolamento dell’ATP dovrebbe introdurre qualche limite alla possibilità che due giocatori si incontrino al primo turno di un torneo: Andy Murray, la wild card più gettonata del tour per via di nobiltà tennistica aveva esordito contro il giapponese Taro Daniel due tornei fa, a Doha in Qatar.

E due tornei prima, il secondo turno degli Australian Open ha previsto un bel Murray-Daniel. Andy ha giocato 14 partite nel 2022: 2 contro Taro Daniel. Daniel è professionista dal 2010, non da 10 minuti. Lui e Murray nei precedenti 12 anni si erano incontrati una volta sola: era la Coppa Davis 2016, primo turno del World Group tra Gran Bretagna e Giappone. Sir Andy, che avrebbe chiuso quella stagione da n.1 del mondo, lasciò solo 5 game in tre set al nipponico.

Così il match di apertura della terza giornata dell’ATP Masters 1000 di Indian Wells ha avuto inevitabilmente il sapore del “già visto”. E troppo di recente.

Al tempo stesso si è preso il centro della scena perché Sir Andy nel tennis di oggi domina il palcoscenico dall’alto di una storia e di un carisma che hanno ancora pochi rivali.

Rientrato con fatica e testardaggine tra i primi 100 del mondo (ora è n.88), è persino andato a suonare alla porta del suo vecchio grande allenatore Ivan Lendl, l’ex grande campione che lo ha assistito impassibile dall’angolo nei momenti della gloria assoluta. C’era il cecoslovacco naturalizzato statunitense al fianco di Andy quando conquistò il titolo Olimpico a Londra 2012, poi i primi Us Open. E l’anno successivo il primo, storico successo a Wimbledon. C’era ancora l’ex n.1 del mondo da 270 settimane al comando quando, nel 2016, Andy riuscì nell’impresa titanica di strappare lo scettro a Novak Djokovic.

E’ concentrato sul tennis, deciso a provare a ritornare più in alto possibile ma mantiene una prontezza e lucidità nello sguardo su quello che succede fuori dal campo che pochi atleti possiedono.

La decisione di supportare l’Unicef nella campagna di aiuti ai bambini ucraini devolvendo tutto il prize money che riuscirà a conquistare quest’anno dimostra una sensibilità e insieme una chiarezza di idee e valori che lo stanno facendo diventare un riferimento morale per tanti colleghi e colleghe.

I suoi problemi oggi sono, paradossalmente, tecnici. Integro il temperamento, apparentemente in ordine il fisico (viste le frequenti battaglie sulla lunga distanza che ingaggia ad ogni latitudine), mostra un’evidente difficoltà nel trovare peso e profondità con il diritto. Quel lato del suo corpo che si è logorato negli anni al punto di richiedere due operazioni all'anca.

Tutto il resto del gioco funziona, dal servizio al solidissimo rovescio bimane. Il diritto non fa male, offre all’avversario la possibilità di prendere il comando dello scambio, vanifica gli sforzi fatti con il resto del bagaglio.

E’ per questo che anche la missione che tentava di compiere di oggi si stava trasformando in una via crucis. iIn ballo c’era un traguardo storico per la sua carriera: vittoria n.700, importante cifra tonda che lo consolida al quarto posto tra i giocatori in attività dietro a Roger Federer (1251), Rafael Nadal (1043) e Novak Djokovic (991). La 700esima partita vinta dal giorno di giugno del 2005 quando superò lo spagnolo Santiago Ventura al primo turno del torneo ATP sull’erba del Queen’s Club. Andy aveva 18 anni.

Daniel ormai lo conosce a menadito: accetta rispettosamente la sfida da fondo sapendo che può reggere la diagonale di rovescio e approfittare immediatamente quando, cambiando sul diritto trova un avversario orgoglioso ma con l’arma spuntata. Il giapponese ha dilagato nella prima partita (6-1) per poi subire il ritorno dell’highlander con l’anca bionica (6-2 Murray nel secondo set). All’inizio del “decider”, il terzo set come lo chiamano a Indian Wells, è arrivato subito un break Giappone. Quel passaggio a vuoto con la battuta che il Murray di oggi non si può più permettere. Il prezzo è provare a combattere e soffrire punto a punto laddietro, da quella riga di fondo che è la sua casa ma ogni tanto diventa una trincea sotto il bombardamento.

Murray ancora una volta non si è arreso. Ha recuperato da 1-3 e sorpssato per il 4-3. E dopo aver tenuto a fatica i suoi turni di battuta ha spinto al tracollo il suo avversario che ha ceduto il servizio per il decisivo 6-4 Scozia, stravolto per l’ennesima battaglia con l’Immortale.

"Il mio obbiettivo è tornare a giocare un tennis migliore", aveva detto Murray alla vigilia del torneo ad ATP Media “Ho colto qualche buon risultato negli ultimi due anni, ma con scarsa consistenza e penso perché il livello del mio tennis non è stato sufficientemente alto. Mi fido molto di quello che dice Ivan. Abbiamo ottenuto ottimi risultati insieme in passato”.

Non abbiamo dubbi che continuerà a lavora per alzare questa sua personalissima asticella. Quota 700 per lui è il nuovo trampolino. E 30.000 dollari in più da devolvere all’Unicef per i bambini ucraini.

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