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Campioni internazionali

La nuova sfida di Paes: in politica per aiutare l'India

Uno dei doppisti più forti di sempre, vincitore di 18 titoli dello Slam, è pronto per una seconda carriera. Dopo aver annunciato il ritiro, si concentrerà sulla politica e in particolare su Goa, il più piccolo stato federato della sua India. In molti sono già pronti a votare per lui

23 dicembre 2021

Quando uno sportivo decide di entrare in politica, c’è una notizia. Se la nazione in questione è l’India e lo sportivo è una leggenda vivente, uomo immagine del Paese e soprattutto 'uno del popolo', allora c’è una storia. Leander Paes, uno dei doppisti più forti di sempre, è pronto alla discesa a rete più importante della sua vita. Ma andiamo con ordine.

Goa è il più piccolo Stato federato dell’India in termini di superficie. Si trova sulla costa occidentale, nella regione del Konkan, dove si respira il profumo di storia dell’Oceano Indiano. All’inizio del XVI secolo arrivarono i portoghesi, conquistarono in pochi anni tutto quel che c’era da conquistare e resero la regione uno dei più antichi e duraturi domini coloniali della storia.

Nel 1961, quando Goa venne liberata divenendo completamente indiana, Vece Paes e Jennifer Dutton erano atleti in rampa di lancio. Lui giocatore di hockey e membro della nazionale medaglia di bronzo ai Giochi Olimpici di Monaco di Baviera del 1972. Lei giocatrice di basket e capitano della selezione indiana ai campionati asiatici del 1980. Il 17 giugno del 1973 mamma “Jenny” mette al mondo Leander e nessuno poteva immaginarsi in quel momento che, un’Olimpiade dopo l’altra, ne avrebbe collezionate ben sette consecutive quanto a partecipazioni: un totem.

La passione per il tennis nasce presto. Nel 1985 ecco l’ingresso alla Britannia Amritraj Tennis Academy di Madras, dove coach Dave O’Meara si accorge del suo talento. “Quando arrivò in accademia per la prima volta – ha raccontato anni fa l’allenatore americano – aveva 12 anni e molti avevano diversi punti interrogativi su di lui. L’ho aiutato a superare i suoi limiti ma soprattutto ho visto cose che non si possono insegnare, come la rapidità di mano e di piedi. Era molto sicuro di sé e non temeva il grande palcoscenico”. Nel 1990 vince il torneo juniores di Wimbledon, l’anno successivo gli US Open. La vetta del ranking Under 18 è sua.

La sua gloriosa carriera da pro è durata quasi 30 anni. Ha vinto 18 titoli dello Slam, otto in doppio maschile (tre dei quali accanto al connazionale Mahesh Bhupathi, con il quale ha conquistato la striscia record di 24 successi consecutivi in Coppa Davis prima di un turbolento addio) e dieci in doppio misto. All’inizio degli anni 2000 divertiva e si divertiva insieme a Martina Navratilova (Australian Open e Wimbledon), qualche anno più tardi arricchiva la sua bacheca in tandem con Martin Hingis. Martin Damm, Lukas Dlouhy, Radek Stepanek, i suoi compagni nei Major, lo hanno sempre considerato un leader.

In singolare è stato al massimo numero 73, nell’agosto del 1998, l’anno del suo unico acuto sull’amata erba di Newport. Due anni prima, nel 1996, rendeva orgogliosa una intera nazione con la medaglia di bronzo ai Giochi Olimpici di Atlanta. Oggi vuole provare a farlo di nuovo.

Discesa a rete, dicevamo. Questa volta, però, non improvvisata come un serve & volley. Leander Paes ha ponderato la sua scelta, esattamente come quando lavorava l’avversario ai fianchi con slice e variazioni. Tra pochi mesi sarà tempo di elezioni e lui, possibile candidato con il TMC (All India Trinamool Congress) vuole rappresentare la sua gente.

"Ho servito il paese per 30 anni giocando a tennis”, le parole di Paes all’Hindustan Times. “Ho viaggiato in tutto il mondo e ho cercato di portare allori alla nostra bandiera e al nostro popolo. Ora che mi sono ritirato, il mio unico obiettivo è quello di portare una migliore qualità di vita alla nostra gente, cercando di trasmettere pace e armonia. Noi come indiani e noi come ‘Goans’ siamo una sola cosa, indipendentemente dalla religione o dalla casta. Siamo una comunità".

Scetticismo? In questi casi è difficile che manchi, dall’opinione pubblica alla famiglia. "Penso che esistano tanti cittadini di Goa e tanti indiani in generale che hanno lasciato il Paese per portare avanti affari, professioni e guadagnarsi da vivere. Le radici, però, restano vive nel nostro cuore e nella nostra mente. Potevo essere qui dieci anni fa? Cinque? Appena sei mesi fa? Può darsi, ma ciò che conta è che io sia qui ora. Lo devo a me e ai miei affetti più cari”. 

In India è già successo, con alterne fortune, che sportivi delle più disparate discipline provassero a mettere tutto il loro impegno nel sociale. L’ex tennista sa di non avere esperienza e sta provando a farsi largo con umiltà. Recentemente ha girato per le strade di Goa raccogliendo il pensiero di tutti, dagli artigiani ai contadini, fino ai ristoratori.

Durante la sua carriera, il duro lavoro ed il fervore patriottico si sono distinti tanto quanto i successi. Paes vuole portare le stesse qualità in politica, senza scendere a compromessi con nessuno. "Penso che ci sia un tempo e un posto per ogni cosa. Sono stato molto fortunato nella mia vita a essere nel luogo giusto al momento giusto, a essere figlio di questa terra. Ogni giorno cresco e imparo qualcosa di nuovo. Dovessero scegliermi, mi farò trovare pronto”.

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