In potenza la Raducanu promette di non essere una meteora come Ivan Maioli ed Ostapenko, regine di un clamoroso Roland Garros e poi praticamente sparite. Ma la sua ascesa rimane un mistero
di Vincenzo Martucci | 12 gennaio 2022
Ha fatto troppo in fretta, Emma Raducanu, e spesso chi troppo in fretta sale poi cade sovente precipitevolissimevolmente. Proprio come recita il proverbio. Così, dal 6-4 6-3 della finale di New York dell’11 settembre contro Leylah Fernandez al 6-0 6-1 che subisce nel primo turno di Sydney contro Elena Rybakina ci passano materialmente quasi quattro mesi che però sembra una vita fa.
Da allora, da luglio, la vita della britannica nata a Toronto di papà rumeno e mamma cinese è stata stravolta totalmente da troppi eventi sconvolgenti, sempre a singhiozzo: dall’esordio sul massimo palcoscenico, da numero 366 della classifica, quando perdeva d’acchito a Nottingham il derby con Harriet Dart ai tre turni nell’ITF locale, dai tre miracolosi tre turni che superava a Wimbledon al ko nei quarti contro Parrizas Dias a Landisville, Pennsylvania, alla trionfale cavalcata degli US Open, dove partiva dalle qualificazioni, ed arrivava in paradiso ad appena 18 anni.
La ‘signorina nessuno’, il sorriso che conquista, è passata dalla bimbetta che sorrideva impacciata fra le compagne in divisa alla Newstead Wood School di Bromley alla massima ribalta del tennis mondiale, all’esplosione mediatica con apparizioni a Good Morning America, al Today Show, al Met Gala (gli Oscar della moda), a copertine su copertine delle riviste più disparate, a interviste su interviste, a inviti e sfilate e sport pubblicitari, fino a rimanere travolta, soffocata dalle attenzioni e dai milioni di sterline di sponsorizzazioni.
METEORA?
Emma è però bollata però dall’infamante marchio di “one Slam wonder”, la vincitrice di un solo Slam, la Cenerentola regina di una sera che torna in cucina a lavare i piatti. Perché, da quel magico momento, è tornata sulla scena tennistica a settembre nel torneo da 125 mila dollari di Columbus ed ha perso nel secondo turno contro Ann Li, ha insistito la settimana dopo a Chicago, ha superato le qualificazioni, ma ha ceduto nel secondo turno del tabellone contro Kudermetova, per ritrovare fiducia, è scesa di livello, partecipando all’ITF da 80
mila dollari di Tyler, in Texas, ed è arrivata in finale, dove però s’è arresa a Misaki Doi, e ha chiuso poi la stagione nel WTA di Midland, battura in tre set da Conny Perrin.
Al via dell’anno nuovo ha passato le qualificazioni al torneo minore di Melbourne, ha superato ancora due turni di qualificazioni, ma poi s’è arresa nel tabellone principale a Madison Keys in due set, e anche a Sydney s’è ritrovata subito la porta sbattuta violentemente in faccia. Chissà se ora che è ricca e famosa e può diventare la prima tennista a guadagnare un miliardo di sterline - testimonial ideale del mercato globale - non rimpiange quando pianse per aver perso le cuffie AirPod, temendo di non poterle ricomprare.
Chissà che ne pensa di chi la celebrava come la tennista del futuro quella completa, che sa far tutto, copre tutto il campo, serve forte, picchia duro, è precisa, va a rete, ha un rovescio al bacio, ma ha lavorato tantissimo anche sul diritto, conosce i cambi di ritmo, nasconde le smorzate col mellifluo e micidiale slice.
MATURITA’
Nella centrifuga delle emozioni e delle novità, Emma che si è sempre ispirata a Simona Halep e Li Na, sembra aver mantenuto i piedi per terra, anche se tutti dicono che in realtà si fa fortemente influenzare da papà Ian: “Dopo Wimbledon, ero classificata intorno al 200° posto e pensavo che Andrew (coach Richardson) sarebbe stato un grande allenatore con cui lavorare, e sono andata negli Stati Uniti. Non ho mai nemmeno sognato di vincere lo US Open e di fare il percorso che ho fatto, ma quando solo salita al n.22 del mondo la situazione è cambiata ed ho bisogno di una guida più esperta”.
E così è passata a Torben Beltz, ex guida di Angelique Kerber, per mettere un po’ d’ordine nel so ruolino di marcia folle: in carriera ha un bilancio vittorie-sconfitte 10-1 negli Slam (e per ritiro!), 2-6 nei tornei Wta (battendo due avversarie non top 100!). Sconcertanti quanto il fatto che ha vinto un Major ma non un altro torneo WTA, e comunque anche i due titoli ITF (Tiberias e Pune) li ha conquistati partendo sempre dalle qualificazioni, come New York.
Emma sa, Emma tiene botta ai giornalisti ‘brit’ oggi come ieri. State tranquilli: “Ho perso contro una grande avversaria, in buona forma, che ha già avuto un’ottima settimana. Per me era una sfida difficile. Lei mi ha mostrato dove sono in questo momento, ho avuto il Covid, ho passato settimane difficili, ma mi sento piuttosto positiva per il futuro”.
Non cerca scuse: “Ma quali nervi? Non ho giocato a tennis per 21 giorni e ripartire direttamente contro Rybakina è dura ma va bene: sono molto orgogliosa e felice di essermi messa in gioco. Avrei potuto dire facilmente che era troppo presto e giocare la prossima settimana, ma volevo davvero testare dove sono”. Fisicamente è a terra e si vede, psicologicamente non può essere carica: “Ho cercato di lottare, quest’anno uno dei miei obiettivi è non scendere troppo in basso o schizzare troppo in alto all’improvviso, ma trovare un equilibrio. Sono ancora giovane, devo ancora imparare tanto”. Così, appena finita la partita ha preso una scatola di palle ed è andata ad allenarsi col coach.
MISTERO
Certo Emma Raducanu affascina con la sua storia, e sconcerta perché è abbastanza inspiegabile. Così come il troppo netto ko che rimedia in 55 minuti e la risposta pepata che dà a un giornalista insistente: “La mia motivazione era di non perdere 6-0 6-0. Erano due mesi che anche in allenamento non giocavo punti veri”. Il mistero continua: la numero 18 del mondo promette di essere molto meglio e di potersi riprendere più in fretta altre meteore, le più clamorose sono state Iva Maioli (campionessa del Roland Garros 1997) e Jelena Ostapenko (sempre Parigi 2017).
La lista di chi ha conquistato uno Slam e poi è praticamente sparito di radar comprende altre giocatrici che però possedevano un potenziale dichiaratamente superiore e hanno comunque vinto altri tornei importanti, sempre rimanendo negli anni più recenti. Come Gabriela Sabatini, Anastasia Myskina, Marion Bartoli, Jana Novotna, Conchita Martinez, Caroline Wozniacki, Ana Ivanovic, Sam Stosur, Sloane Stephens, Bianca Andreescu, le nostre Francesca Schiavone e Flavia Pennetta. Sembrano immuni dal rischio di poter vincere solo e soltanto quell’unico Majors anche le ultime due regine del Roland Garros, Iga Swiatek e Barbora Krejcikova. Ma certo Parigi sembra più degli altri il torneo dello Slam che esalta le imprese di due sole settimane.