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A 37 anni l’allievo di Massimo Sartori sorprende ancora sulla distanza preferita, i 5 set, nel segno della lotta. Da quell’impresa del 2012 a Roma
di Vincenzo Martucci | 01 settembre 2021
Mentre guardo Andreas Seppi, anni 37, alla presenza consecutiva numero 18 agli US Open, la 65 negli Slam dove disputava la partita numero 127, che a dispetto dei problemi alle anche e del sempre più prossimo addio alle armi, lotta per 4 ore prima di domare Marton Fucsovics dopo aver salvato 5 match point fino ad imporsi per 15-13 al tie-break del quinto set, ripenso a un fortunato titolo della Gazzetta dello Sport del 2012: “Lo chiameremo Andrea”. In realtà lo dettò letteralmente il meraviglioso pubblico di Roma dopo che l’eterno ragazzo di Caldaro, Bolzano, Alto Adige, oggi residente in un ranch a Boulder, Colorado, Usa, si sciolse davanti a tutto quello sconvolgente affetto e diventò un eroe.
Forse fu il freddo di quell’umido giovedì sera romano che trasmise all’allievo di Massimo Sartori l’aria frizzantina di casa sua, forse fu davvero l’elettricità che gli trasmise la gente, forse la voglia matta di riproporre un protagonista italiano in patria, forse l’orgoglio che alberga da grande protagonista nell’animo di uno dei tennisti meglio costruiti del circuito ATP Tour, forse fu la spinta emotiva dell’impresa precedente, contro il numero 10 del mondo il gran battitore John Isner. Per certo quel terzo turno rimane nella memoria degli Internazionali d’Italia. Seppi, allora numero 30 della classifica - oggi è 89 -, salvò sei match point a Stan Wawrinka (allora 20) battendolo in tre tie-break dopo 3 ore e mezza, sospinto dai 4000 invasati che giocavano in campo con lui sul campo Pietrangeli, seduti, in piedi, accalcati uno contro l’altro nel ritrovato tifo italico dopo troppi anni di vacche magre. Memorabile il primo match point sul 6-5 del tiebreak del secondo set, indimenticabili quelli sul 5-3 40-15 del terzo set, storici gli ultimi tre sul 6-3 del tiebreak decisivo.
Fu il match del torneo, fu anche la svolta emotiva per un giocatore solido, serio, esempio di gran lavoratore capace di costruirsi pezzo a pezzo, partendo da un buon rovescio a due mani e tanta volontà che, nel tempo, ha aggiunto dritto e servizio e, migliorando enormemente la reattività fisica, è stato capace di imporsi anche sull’erba. Come dice il titolo ATP di Eastbourne 2011, uno dei tre (in 10 finali) che ha firmato in carriera che, sommato a Belgrado 2012 sulla terra e Mosca 2012 sul duro indoor, l’hanno portato a fine gennaio 2013 alla classifica-record di 18 del mondo. Primo italiano ad imporsi sull’erba, primo dopo cinque anni a interrompere il tabù azzurro nei tornei dell’ATP Tour, primo a vincere su tre superfici diverse, da giocatore completo.
Andreas non ha il dono del colpo del ko e non ha il dono del talento tennistico sopraffino. Non possiede la bacchetta magica che gli fa risolvere i problemi con colpo solo, ma è uno di quei giocatori che devi proprio battere perché lui la partita non la regala. Chiedere per informazioni all’ex numero 1 del mondo, Juan Carlos Ferrero, che Andreas superò, rimontando due set di svantaggio, nello spareggio 2005 di coppa Davis aTorre del Greco con un entusiasmante 5-7 3-6 6-0 6-3 6-2. Chiedere a Rafa Nadal, che sconfisse a Rotterdam nel 2008. Chiedere a sua maestà Roger Federer che nel terzo turno degli Australian Open 2015 ci perse 6-4 7-6 4-6 7-6 dopo una partita alla Seppi, lottatissima, piena di alti e bassi, con l’1.91di Caldaro che si esaltò nelle quasi tre ore diventando il quinto tennista italiano a battere il Magnifico, allora 2 del mondo. Subito dopo perse ma solo per 8-6 al quinto contro il beniamino di casa Nick Kyrgios.
Al di là dei successi importanti, restano le prestazioni, cioé la la concretezza di un atleta che dà sempre tutto se stesso, resta il simbolo di un grande guerriero. Come diceva già la campagna del Roland Garros 2012 quando superò Davydenko in tre set, e poi partì con la maratona, regolando in cinque set Kukushkin e Verdasco e perdendo sempre al quinto con Djokovic dopo aver vinto i primi due parziali. Il suo più grande rivale sulla’ATP Tour, curiosamente, era un duro come lui, il russo Igor Istomin, contro i quale negli Slam ha disputato cinque leggendarie battaglie di cinque set, addirittura tre consecutive nel 2013, per gli strani scherzi dei sorteggi.
Del resto i cinque set sono da sempre il suo biglietto da visita: contro Fucsovics ha giocato il suo 44mo, con un bilancio di 23-21. Ricordiamo benissimo quelli contro il bombardiere Ivo Karlovic, quattro ore in trincea a respingere i micidiali servizi del pivot croato nel terzo turno degli Australian Open 2018, prima di imporsi per 6-3 7-6 6-7 6-7 9-7. O quelli contro Shapovalov agli Us Open sempre di tre anni fa, quando perse sempre dopo una maratona di 4 ore.
Andreas che sembrava di ghiaccio, Andreas che non parlava mai, Andreas che quando ha scoperto l’Amore vero, quello con la a maiuscola, non ha avuto ripensamenti come in tutte le sue cose. Si guadagnò un’altra fetta di attenzione agli Australian Open 2019, quando nel pieno del terzo turno contro Frances Tiafoe, chiese a un raccattapalle di portare un asciugamani in tribuna alla moglie, Michela Bernardi, perché si proteggesse dalla pioggia. La tv esclamò: “Che gentiluomo!”. Il sito web del torneo caricò il video su YouTube: “Per Seppi, il romanticismo non è morto”.
Più che un soldato, un eroe.